Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15906 del 06/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 06/07/2010), n.15906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.A. e P.G., elett.te dom.ti in Roma,

alla Via Crescenzio 91, presso lo studio dell’avv. LUCISANO Claudio,

dal quale sono rapp.ti e difesi, giusta procura in atti;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 26/5/2010 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M., in persona de Sostituto Procuratore

Generale, Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso aderendo alla

relazione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.A. e P.G. propongono ricorso per la cassazione della sentenza della CTR di Roma n. 220/10/06 del 5/2/2007, con la quale è stato rigettato il ricorso da essi proposto avverso l’avviso di accertamento IVA 1996, con la motivazione che “la procedura di accertamento secondo i parametri è stata regolarmente e correttamente applicata e che la parte contribuente, ritualmente invitata al contraddittorio, non ha inteso fornire, nella sede propria, le informative utili a vincere la presunzione di esistenza di ricavi non dichiarati, informative che invece fornisce in questa sede, ma in modo informale, non adeguatamente documentato e tale da non poter essere condiviso”. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. L’adunanza della Corte in Camera di consiglio, è stata fissata dapprima per il 5/5/2009 e quindi al 26/5/2010 in attesa della decisione delle SS.UU.. I ricorrenti hanno depositato memoria;

il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo di ricorso i ricorrenti assumono la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, La rettifica apportata dall’ufficio alla dichiarazione dei redditi sarebbe fondata unicamente sui parametri previsti dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, e non avrebbe considerato l’attività di Dirigente medico di chirurgia di 1^ livello svolta per l’anno 1996 dal D. a tempo pieno.

Con secondo motivo i ricorrenti assumono la omessa e insufficiente motivazione della sentenza su un punto decisivo della controversia.

La CTR non avrebbe considerato l’esercizio da parte del Dott. D. di un’attività di lavoro dipendente per otto ore lavorative giornaliere, documentata con certificato rilasciato dalla ASL Roma (OMISSIS); nè avrebbe specificato in alcun modo le ragioni in base alle quali non sarebbero condivisibili le prove documentali offerte.

Le censure da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione sono fondate.

Questa Corte, con decisione a SS.UU. n. 26635 del 18/12/2009, ha affermato che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.

L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impostore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante i rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito.

A tali principi non risulta essersi attenuta la CTR laddove, con una obiettiva deficienza del criterio logico che la ha condotta alla formazione del proprio convincimento, ha disatteso le contestazioni svolte dal contribuente con riferimento all’attività di dirigente medico, svolta dal D. nel 1996.

Consegue da quanto sopra la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio, anche per le spese di questo grado, ad altra sezione della CTR del Lazio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo grado, ad altra sezione della CTR del Lazio.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2010

 

 

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