Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15905 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 08/06/2021), n.15905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25079-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

DOLCI TENTAZIONI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, nonchè per la Sig.ra G.M., elettivamente

domiciliate in ROMA, V. VITO GIUSEPPE GELATI 100-C, presso lo studio

dell’avvocato GIARDIELLO ENZO, rappresentate e difese dall’avvocato

CILLO GIOVANNI ANTONIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1377/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata

il 14/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso la cartella di pagamento emessa dall’Ufficio per il recupero di maggiori crediti d’imposta relativi all’anno 2011, rilevando la mancanza di un precedente avviso di accertamento;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate ritenendo che per esigere il recupero di un credito d’imposta vantato dal contribuente ma disconosciuto dall’Ufficio è necessaria la predisposizione di un apposito avviso di recupero del credito o almeno la notifica di un avviso bonario: infatti gli avvisi di recupero dei crediti manifestano una volontà impositiva dell’Ufficio e assumono pertanto una natura sostanzialmente accertativa;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e della L. n. 212 del 2000, art. 6, in quanto la cartella di pagamento derivante dall’indebita compensazione di un credito d’imposta derivava da controllo automatico dell’omesso versamento e dunque non doveva emettere nè avviso di accertamento nè avviso bonario, in quanto quest’ultimo è necessario non, come nel caso di specie, in caso di omesso versamento dell’imposta dichiarata ma solo in caso di errori materiali o di calcolo da parte del contribuente; in ogni caso l’Ufficio, in luogo della comunicazione cartacea al contribuente, avrebbe correttamente inviato telematicamente all’intermediario l’avviso bonario D.L. n. 203 del 2005, ex art. 2-bis del convertito in L. n. 248 del 2005.

Il motivo è infondato. Secondo questa Corte, infatti:

in tema di controllo cd. cartolare della dichiarazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, la procedura automatizzata non consente verifiche e valutazioni giuridiche, trattandosi di modalità che muove dai dati forniti dallo stesso contribuente, sui quali l’Amministrazione finanziaria può solo procedere a correzione di errori materiali o di calcolo, ovvero a riduzione, entro i limiti di legge, di detrazioni o deduzioni esposte in misura superiore: pertanto il recupero del credito d’imposta per agevolazioni, portato in compensazione dalla società contribuente, non può essere effettuato mediante l’iscrizione a ruolo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, ma richiede un previo avviso di recupero del detto credito, in difetto del quale sarebbe stato necessario l’avviso bonario (Cass. n. 7960 del 2019);

la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. “avviso bonario” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, comma 3, , nel caso in cui non vengano riscontrate irregolarità nella dichiarazione; nè il contraddittorio endoprocedimentale è invariabilmente imposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, il quale lo prevede soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti al citato art. 36-bis, che implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo (Cass. n. 33344 del 2019).

La Commissione Tributaria Regionale si è attenuta ai suddetti principi laddove ha ritenuto che per esigere il recupero di un credito d’imposta vantato dal contribuente ma disconosciuto dall’Ufficio è necessaria la predisposizione di un apposito avviso di recupero del credito o almeno la notifica di un avviso bonario perchè gli avvisi di recupero dei crediti manifestano una volontà impositiva dell’Ufficio e assumono pertanto una natura sostanzialmente accertativa. In tale ipotesi infatti non può certo dirsi che non sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione (contestati minuziosamente nel ricorso e nel controricorso), essendo controversa la sussistenza o meno del credito d’imposta in capo alla parte contribuente. Nè può attribuirsi rilevanza alle affermazioni del ricorrente secondo le quali l’Ufficio, in luogo della comunicazione cartacea al contribuente, avrebbe correttamente inviato telematicamente all’intermediario l’avviso bonario D.L. n. 203 del 2005, ex art. 2-bis, convertito in L. n. 248 del 2005, in quanto non trovano il minimo riscontro nella sentenza impugnata e sul punto il ricorso è carente quanto al requisito dell’autosufficienza (perchè tale avviso bonario non è allegato al ricorso ed è genericamente affermato “vedasi allegato all’appello”, e secondo questa Corte: in tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poichè indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicchè la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico”. In applicazione del predetto principio, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale era stata dedotta l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. su di una domanda asseritamente contenuta nella comparsa d’intervento, senza che, tuttavia nè tale domanda, nè la sentenza di primo grado fossero “localizzate” all’interno degli atti del procedimento: Cass. n. 28184 del 2020).

Ritenuto pertanto infondato l’unico motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va conseguentemente rigettato; le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 5.600, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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