Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15902 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 29/07/2016, (ud. 06/04/2016, dep. 29/07/2016), n.15902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16134-2012 proposto da:

B.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GIUSEPPE SIRTORI 56, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO AMEDEO

MARINELLI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PREFETTO pro tempore di BELLUNO c.f. (OMISSIS), domiciliate in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

nonchè contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 673/2011 del TRIBUNALE di BELLUNO, depositata

il 20/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2016 dal Consigliere Dott. COSENTINO ANTONELLO;

udito l’Avvocato VITTORIO AMEDEO MARINELLI, difensore del ricorrente,

che si riporta agli atti depositati; udito l’Avvocato MARIO ANTONIO

SCINO, difensore del controricorrente, che si riporta agli atti

depositati e chiede il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Sig. B.E. ricorre contro la Prefettura di Belluno per la cassazione della sentenza con cui il tribunale di Belluno, confermando la sentenza del giudice di pace della stessa città, ha confermato l’ordinanza ingiunzione n. 6/2010 con la quale il Prefetto di Belluno lo aveva sanzionato ai sensi dell’art. 148 C.d.S., commi 12 e 16, per sorpasso non consentito in corrispondenza di intersezione non regolata da semafori o agenti, come accertato in data (OMISSIS) dal Comando Compagnia dei carabinieri di Belluno.

Il ricorso si articola su tre motivi.

Con il primo mezzo si lamenta la violazione falsa applicazione degli artt. 203 e 204 C.d.S., in cui il giudice territoriale sarebbe incorso omettendo di verificare correttamente il rispetto dei termini previsti da detti articoli. In particolare, secondo il ricorrente, il tribunale avrebbe dovuto annullare l’impugnata ordinanza perche la stessa non indicava la data in cui il Prefetto aveva trasmesso il ricorso al Comando dei carabinieri, rendendo pertanto impossibile la verifica del rispetto del termine di 30 giorni per la trasmissione del ricorso dal Prefetto all’ufficio o comando a cui appartiene l’organo accertatore, stabilito nell’ultima parte dell’art. 203 C.d.S., comma 1 bis.

Con il secondo motivo si denuncia il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza gravata in ordine alla questione della inadeguatezza motivazionale dell’impugnata ordinanza – ingiunzione.

Con il terzo motivo si denuncia il vizio di omessa motivazione in ordine alla questione della carenza di fede privilegiata del verbale dei carabinieri; argomenta al riguardo il ricorrente che al verbale dei carabinieri non poteva attribuirsi fede privilegiata in ordine all’accertamento del sorpasso, trattandosi di circostanza che, per le sue modalità di accadimento repentino, non poteva essere verificata e controllata con un mezzo sufficientemente obiettivo e, pertanto, poteva dar luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento.

La Prefettura di Belluno si è costituita, a ministero dell’Avvocatura dello stato, notificando controricorso.

Non sono state depositate memorie illustrative ex art. 378 c.p.c..

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 6.4.16 nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso è infondato perchè il termine di cui all’art. 203 C.d.S., comma 1 bis, ultima parte, (disposizioni che prevede, per il caso di ricorso presentato direttamente al Prefetto, che quest’ultimo trasmetta il ricorso stesso, per la necessaria istruttoria, all’ufficio o comando a cui appartiene l’organo accertatore entro trenta giorni dalla relativa ricezione) non ha natura perentoria individualmente, con la conseguenza che, essendo il relativo rispetto irrilevante ai fini della legittimità della procedura sanzionatoria, non è necessario consentirne la verifica indicando nell’ordinanza ingiunzione la data in cui il Prefetto ha trasmesso il ricorso agli accertatori. Questa Corte ha infatti già chiarito che i termini di cui agli artt. 203 e 204 C.d.S., sono perentori non individualmente ma nel loro cumulo complessivo (il cui superamento non viene dedotto con il mezzo di ricorso in esame). Al riguardo si è infatti precisato, con la sentenza n. 13303/09, che la disposizione prevista dall’art. 204 C.d.S., comma 1 – bis, – secondo cui i termini di cui all’art. 203, commi 1 – bis e 2, e allo stesso art. 204, comma 1, sono perentori e si cumulano fra loro ai fini della valutazione di tempestività dell’adozione dell’ordinanza ingiunzione – deve intendersi nel senso che la cumulabilità dei termini consente al Prefetto di usufruire – per il complessivo svolgimento della sua attività di accertamento e decisione – del tempo massimo previsto dalla somma delle diverse scansioni operative, ovvero di 60 giorni per la raccolta dei dati e le deduzioni degli accertatori e di 120 giorni per l’emissione del provvedimento irrogativo della sanzione amministrativa (cui si aggiunge, per il caso di ricorso presentato direttamente al Prefetto, la scansione di 30 giorni per la trasmissione del ricorso agli accertatori), senza che, a tal fine, abbia alcuna incidenza sul computo del termine totale l’eventuale superamento di tempi dell’uno o dell’altra attività che compongono questo speciale procedimento in un unico termine cumulato e perentorio.

Il secondo motivo va pur esso giudicato infondato, perchè l’eccezione di inadeguatezza della motivazione dell’ordinanza ingiunzione, che la sentenza qui gravata ha rigettato con una motivazione viziata, secondo il ricorrente, di insufficienza e contraddittorietà, era infondata in diritto e, pertanto, la statuizione di rigetto adottata dal giudice di merito va confermata a prescindere dall’adeguatezza della relativa motivazione (cfr. Cass. 16640/05: “E’ inammissibile ogni censura di vizio di motivazione proposta con ricorso per cassazione allorquando il giudice di merito abbia deciso correttamente le questioni di diritto sottoposte al suo esame, potendo l’eventuale inadeguatezza della decisione impugnata comunque dar luogo, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, alla correzione della stessa motivazione da parte della Corte di cassazione”). Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 1786/10, hanno infatti chiarito che, in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative – emessa in esito al ricorso facoltativo al Prefetto ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204, ovvero a conclusione del procedimento amministrativo la L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 18, – i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall’interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto.

Anche il terzo motivo, infine, va disatteso, perchè risulta non pertinente alla ratio decidendi della sentenza gravata, la quale non ha attribuito fede privilegiata all’accertamento operato dai carabinieri in ordine all’infrazione al codice della strada ascritta al ricorrente; il giudice territoriale, infatti, non ha sostenuto che tale accertamento potesse essere contestato solo mediante querela di falso ma ha ritenuto che le deduzioni svolte dalla parte per contestarlo fossero “assolutamente non provate”.

Il ricorso va quindi in definitiva rigettato in relazione a tutti i motivi in cui esso si articola.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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