Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1590 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. I, 20/01/2017, (ud. 22/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SAMBITO M. Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI MONTORO INFERIORE elettivamente domiciliato in Roma, via

Alessandro III, n. 6, nello studio dell’avv. Felice Laudadio, che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

SANGRIN S.R.L. elettivamente domiciliata in Roma, viale Baldo degli

Ubaldi, n. 66, nello studio dell’avv. Simona Rinaldi Gallicani, che

la rappresenta e difende, unitamente all’avv. Gianfranco Mobilio,

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, n. 374,

depositata in data 8 febbraio 2012;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 22 novembre 2016

dal consigliere Dott. Campanile Pietro;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto

Dott. Pepe Alessandro, che ha concluso per la declaratoria della

cessazione della materia del contendere.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La Corte di appello di Napoli con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale accoglimento dell’opposizione alla stima proposta dalla S.r.l. Sangrin nei confronti del Comune di Montoro Inferiore, in relazione all’indennità di espropriazione di alcuni terreni sottoposti a procedimento ablativo nell’ambito della realizzazione del P.I.P. approvato da tale ente, ha determinato detta indennità – sulla base delle risultanze della disposta CTU – in Euro 1.997.161,01 e quella di occupazione in Euro 192.735,82, ordinandone il deposito.

Avverso tale decisione il Comune propone ricorso, affidato a tre motivi, cui la società resiste con controricorso.

Deve preliminarmente darsi atto della produzione, di due atti di transazione intervenuti fra le parti in data 6 luglio 2012 e 3 giugno 2013, e sottoscritti anche dai rispettivi difensori, con i quali la società proprietaria ha accettato il pagamento, nella misura e con le modalità di corresponsione ivi specificate, di determinate somme di danaro a saldo di ogni pretesa. Va in primo luogo rilevata l’ammissibilità della suddetta produzione documentale, in base al costante orientamento secondo cui quando nel corso del giudizio di legittimità intervenga una transazione o altro fatto che determini la cessazione della materia del contendere, in tale fattispecie è ravvisabile una causa di inammissibilità del ricorso sia pure sopravvenuta – in ogni caso, idonea a consentire, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., la produzione del documento che ne comprovi la sussistenza – per essere venuto meno l’interesse della parte ricorrente ad una pronuncia sul merito dell’impugnazione. Deve pertanto – rilevato per altro che l’accordo fra le parti di “abbandonare” il giudizio è comunque significativo di una sostanziale perdita di interesse alla definizione dello stesso (cfr. le recenti Cass., 15 gennaio 2014, n. 693; Cass., 11 ottobre 2013, n. 23161) – applicarsi il principio secondo cui, quando nel corso del giudizio la pretesa in esso dedotta venga spontaneamente soddisfatta dall’obbligato e su tale circostanza non vi sia controversia fra le parti, per il giudice investito della domanda, sia esso ordinario o speciale, viene meno il dovere di pronunziare sul merito della stessa, essendo cessato per le parti l’interesse a tale pronunzia, e sorge quello di chiudere il giudizio con una pronunzia di rito che accerti la cessazione della materia del contendere, dichiarando pertanto il ricorso inammissibile per tale ragione (Cass., 28 maggio 2012, n. 8848). Avuto riguardo all’accordo già intervenuto fra le parti, vanno compensate interamente le spese processuali.

PQM

La Corte dichiara cessata la materia del contendere ed interamente compensate le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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