Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15893 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 29/07/2016, (ud. 27/01/2016, dep. 29/07/2016), n.15893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16707-2011 proposto da:

P.M. (OMISSIS), V.M. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, V. GARIGLIANO 74, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA NICOLANGELO ROMANO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNA LOMBARDI;

– ricorrenti –

contro

A.M., A.G., AN.MA.,

AN.GE., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE TUPINI UMBERTO 113,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RAMELLI, che li rappresenta e

difende;

– controricorrenti –

nonchè contro

AC.ID.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 472/2010 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 12/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2016 dal Consigliere Dott. D’ASCOLA PASQUALE;

udito l’Avvocato RAMELLI Claudio, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per il rigetto del ricorso e

condanna alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 2000 A.S., al quale sono succeduti durante il giudizio di primo grado gli eredi odierni resistenti, ha agito contro gli eredi di P.G., signori P.M. e V.M., per il rilascio di un piccolo terreno sito in (OMISSIS), frazione (OMISSIS) fg. 15, partt. 41 e 285, acquistato nel 1976 da tal F.G..

Il tribunale adito ha accolto la domanda e la Corte di appello di Salerno con sentenza 12 maggio 2010 ha rigettato l’appello.

I giudici di merito hanno disatteso la domanda riconvenzionale dei convenuti, che vantavano l’usucapione del fondo.

P. e V. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 23 giugno 2011, resistito da controricorso.

La causa, previo avviso di udienza ritualmente notificato in cancelleria a parte ricorrente, a causa del trasferimento del domiciliatario attestato dall’ufficiale giudiziario (Cass. 19735/14) e constatato comunque l’uso della comunicazione fax e sperimentalmente via Pec (Cass. SU 10143/12), è stata posta in decisione all’odierna udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2) I tre motivi di ricorso sono tesi a inficiare il rigetto della domanda di usucapione: il primo mira a far dichiarare inammissibile, per intervenuta decadenza, la prova testimoniale dedotta da parte A., ammessa ed espletata dalla Corte di appello.

2.1) Il secondo, che denuncia violazione degli artt. 1140, 1141, 1146 e 1165 c.c., contesta che sia stata ritenuta semplice detenzione la condotta dei P., già conduttori del fondo agricolo, costituito dal mancato pagamento del canone e dalla gestione del lotto in contrasto con il nuovo proprietario al quale avevano impedito di ricevere il terreno, atti da ritenere costitutivi di interversione del possesso, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte di appello.

2.2) Il terzo motivo di ricorso riguarda l’art. 2730 c.c., che sarebbe stato violato attribuendo valore confessorio a un atto giudiziale non sottoscritto dalla parte, dal quale la Corte di appello aveva tratto il convincimento che gli appellanti, che avevano riassunto un giudizio per il riscatto agrario del fondo, avessero in tal modo interrotto o comunque contraddetto la situazione possessoria vantata.

3) Il ricorso non merita accoglimento.

Come rilevato da parte resistente, la sentenza impugnata ha escluso che si sia formato il possesso ultraventennale utile all’usucapione, sulla base di un’analisi prudente degli elementi decisivi valorizzati a pag. 7 e seguenti.

Ivi la Corte di appello ha rilevato che nel 1974 era stata redatta scrittura con cui P.G. dava disdetta del contratto di fitto stipulato con l’avv. F.P.; che nel novembre 1977 P.G. aveva notificato alla proprietà atto di citazione, sottoscritto personalmente, il quale inevitabilmente muoveva dal presupposto che l’attore fosse affittuario del fondo (OMISSIS) e dunque detentore; che nello stesso senso poteva essere interpretata la notifica in data 23-7-1984, ancorchè non sottoscritta personalmente, della riassunzione del giudizio ad opera degli eredi, atto in cui venivano richiamate tutte le precedenti difese.

La Corte di appello ha ineccepibilmente osservato che trattavasi di atti incompatibili con titolarità del possesso in capo a parte P.. La valutazione è corretta dal punto di vista logico, giacchè è insito nell’azione di riscatto agrario il riconoscere che si è titolari di una situazione soggettiva nascente dal contratto agrario, lesa dalla vendita del fondo a terzi.

E’ altresì corretta dal punto di vista giuridico, atteso che la sentenza non ha attribuito valore di piena confessione all’atto giudiziario firmato solo dal procuratore, ma di elemento indiziario valutabile.

Nè è stato affermato che trattavasi di atto interruttivo del possesso già esercitato da parte P. (ricorso pag. 40, che cita quindi giurisprudenza inappropriata), ma che quest’ultima non aveva dimostrato l’insorgere di una situazione possessoria, circostanza dimostrata anche dalla condotta negoziale e processuale tenuta tra il 1974 e il 1984.

La forza di queste argomentazioni è valsa dunque ineccepibilmente a respingere la pretesa fatta valere dagli odierni ricorrenti quali eredi di P.G..

4) Con riferimento all’interversione del possesso vantata asseritamente dagli eredi P. in forza di diretti comportamenti, non dipendenti dalla successione nella detenzione al dante causa, va osservato che le doglianze relative al merito della situazione possessoria sono superate, come rileva il controricorso, dalla circostanza che la Corte di appello (sentenza pag. 10) ha ritenuto nuovo e quindi “sanzionabile processualmente” il motivo che allegava l’interversione del possesso.

4.1) E’ vero che la Corte ha comunque valutato gli elementi disponibili e ha rilevato “l’estrema genericità e la evidente infondatezza del motivo” svolgendo ampie considerazioni di merito, ma le due autonome rationes decidendi dovevano essere comunque separatamente impugnate.

Manca invece una censura alla ritenuta inammissibilità del motivo. Il ricorso è infatti calibrato soltanto sulla valutazione dei comportamenti, sulla rilevanza delle prove addotte, sulla loro decisività.

4.2) In proposito, ancorchè sia a questo punto superfluo, mette conto ricordare: a) che esatto è stato il riferimento giurisprudenziale alla necessità che l’interversione non corrisponda a mera volizione interna (Cass. 2392/09; 6237/10); b) che incensurabile è in sede di legittimità la valutazione che sia resa motivatamente dal giudice di merito.

Giova altresì rilevare che senz’altro non decisivo nel tessuto argomentativo, come è fatto palese dalle espressioni e valutazioni formulate verso la fine di pag. 12, è stato il portato della prova testimoniale contraria articolata da parte A., argomento addotto in sentenza per corroborare le conclusioni già raggiunte circa l’insufficiente prova di un autonomo possesso acquisito autonomamente, per interversione, dagli eredi P..

Ne discende che resta assorbito il primo motivo, relativo alla decadenza degli odierni resistenti dalla controprova dedotta in appello.

In ogni caso il motivo era assorbito anche per la non rilevanza decisiva della questione di merito relativa all’interversione, in relazione a quanto osservato sub 4.1).

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 3.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ sezione civile, il 27 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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