Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15892 del 06/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 06/07/2010), n.15892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.S.W., rappresentato e difeso, giusta delega a margine del

ricorso, dall’Avv. FALCONE Giuseppe, elettivamente domiciliato in

Roma, Via Avezzana, 51 presso lo studio dell’Avv. Enrico Bracco;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

Per la revocazione della sentenza n. 4162/2009, depositata il

20.02.2009, della Corte di Cassazione, Sezione Quinta Civile.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12 maggio 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Sentito l’Avv. Giuseppe Falcone, per il ricorrente;

Presente il P.M., Dr. MARINELLI Vincenzo, che ha aderito alla

relazione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 11744/2009 R.G., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la revocazione della sentenza n. 4162/2009, pronunziata dalla Corte di Cassazione Sezione n. 05, il 12.01.2009 e DEPOSITATA il 20 febbraio 2009. Con tale decisione, la Corte ha rigettato l’impugnazione del ricorrente, che ha condannato al pagamento delle spese processuali.

2 – L’intimata Agenzia, non ha svolto difese in questa sede.

3 – La questione posta dal ricorso in esame va esaminata, anzitutto, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui con riferimento alle sentenze emesse dalla S.C., l’errore di fatto idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395 cod. proc. civ., n. 4, deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa;

3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto nè in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo; 6) riguardare gli atti interni, cioè quelli che la Corte esamina direttamente, con propria autonoma indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e avere quindi carattere autonomo, nel senso di incidere direttamente ed esclusivamente sulla sentenza della S.C., perchè, se invece l’errore è stato causa determinante della decisione di merito, in relazione ad atti o documenti che ai fini della stessa sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati, il vizio che inficia la sentenza dà adito agli specifici mezzi di impugnazione esperibili contro le sentenze di merito (Cass. 8295/2005, n. 17745/2005, n. 3652/2006).

3 bis – Nella specie, sembra sussistere l’errore revocatorio, avendo la CTR dichiarato inammissibile il secondo motivo del ricorso di legittimità, affermando che lo stesso non conterrebbe la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa, e delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza la renderebbe inidonea a giustificare la decisione, mentre con le ultime nove righe del mezzo, il contribuente aveva indicato, conclusivamente e distintamente, le prove ignorate dalla motivazione della sentenza impugnata, non avendo spiegato (Cass. n. 10945/05, n. 9109/02, n. 3421/01) alla stregua di quali elementi e considerazioni, la ricostruzione e la valutazione della sentenza penale – che aveva assolto il D.S. e quindi avrebbe potuto assumere rilievo agli effetti decisionali – era stata ignorata.

4 – Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., con il relativo accoglimento.

Il Relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.

Considerato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori;

Visti il ricorso e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio è dell’avviso che, nel caso, la decisione non sia frutto di una erronea percezione della realtà, bensì di una diversa valutazione degli elementi in atti;

Considerato, in vero, che la questione relativa alla rilevanza probatoria della sentenza penale di assoluzione del D.S., era stata dedotta nelle fasi di merito ed il Giudice di appello la aveva esaminata, pervenendo alla conclusione che la stessa non era in grado di inficiare il fondamento delle operate rettifiche, a motivo che “la sentenza penale non fa stato nel processo tributario”;

Considerato che in presenza di tale dato fattuale, la circostanza che il Giudice di legittimità non abbia espressamente argomentato e deciso sulla questione relativa all’assoluzione del contribuente dal reato di emissione di fatture inesistenti, ancorchè esplicitamente dedotta dalla parte, e che, implicitamente, la abbia ritenuto priva di rilevanza probatoria, giammai può configurare l’ipotizzato errore percettivo, ma, se del caso, un errore di giudizio, giacchè investe per sua natura l’attività valutativa ed interpretativa del giudice;

Considerato, infatti, che costituisce principio consolidato, che il Collegio condivide e dal quale non ravvisa, nel caso, ragioni per discostarsi, quello secondo cui l’errore di fatto che può dar luogo alla revocazione ordinaria, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, consiste non già in un inesatto apprezzamento o valutazione delle prove o delle allegazioni delle parti, ma piuttosto in una falsa percezione di ciò che emerge dagli atti e che non soltanto è incontroverso, ma neanche controvertibile, e non può quindi dar luogo ad apprezzamenti di alcun genere; in buona sostanza l’errore avente il carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive e tanto meno di particolari indagini ermeneutiche (Cass. 6198/2005; n. 7064/2002; n. 6708/2001);

Considerato che è stato, altresì, chiarito che, non solo deve trattarsi di errore meramente percettivo, che in nessun modo coinvolge l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (Cass. 10/02/2000 n. 1466; 23/06/99 n. 6397; 09/07/99 n. 7182), ma, pure, il fatto supposto vero o inesistente, cui l’errore si riferisce, non deve avere costituito un punto controverso nel corso del giudizio sul quale il giudice ebbe a pronunciarsi (Cass. 12/03/99 n. 2214;

30/08/99 n. 9120);

Considerato, quindi, che non sussistono i presupposti per dare ingresso all’istanza di revocazione;

Considerato, altresì, che difettano, pure, i presupposti per una pronuncia sulle spese;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2010

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