Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15891 del 26/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/06/2017, (ud. 19/05/2017, dep.26/06/2017),  n. 15891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15687/2016 proposto da:

B.P.U., B.M., B.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TEVERE 44, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO DI GIOVANNI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIOVANNI BONOTTO;

– ricorrenti –

contro

P.M., in proprio e quale erede, P.S., quale erede

di PE.RO., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALADIER

36, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO GOZZI, rappresentati e

difesi dall’avvocato BENEDETTA COLLERONE RUSSO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2781/2015 del TRIBUNALE di TREVISO, depositata

il 15/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI

LOMBARDO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– P.M. e Pe.Ro. convennero in giudizio B.P.U., B.A. e B.M., chiedendo la condanna dei convenuti alla rimozione delle piante da essi poste a distanza dal confine inferiore a quella prevista dall’art. 892 c.c.;

– il Giudice di pace di Conegliano respinse la domanda con sentenza che fu confermata, in sede di appello, dal Tribunale di Treviso;

– con ordinanza n. 1327 del 2014, questa Suprema Corte cassò con rinvio la sentenza di appello, per non avere i giudici di merito accertato la distanza delle singole piante che componevano la siepe e per essersi avvalsi di una misurazione a campione;

– il Tribunale di Treviso, pronunciando quale giudice di rinvio, dopo aver disposto nuova C.T.U., accolse l’appello proposto dagli attori e condannò i convenuti a rimuovere le piante poste a distanza inferiore a 50 centimetri dal confine, come individuate dal C.T.U.;

– avverso la sentenza del giudice di rinvio hanno proposto ricorso per cassazione B.P.U., B.A. e B.M. sulla base di due motivi;

– P.M., in proprio e quale erede di Pe.Ro., nonchè P.S., quale erede di Pe.Ro., hanno resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– il primo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, col quale si deduce l’errata applicazione del principio di diritto dettato dalla Suprema Corte con la statuizione di annullamento con rinvio della sentenza di appello) è manifestamente infondato, essendosi il giudice di rinvio conformato al principio di diritto dettato da questa Corte secondo cui la distanza legale deve essere misurata con riferimento ad “ognuna delle piante” che compongono la siepe, in quanto la distanza legale “deve essere rispettata nel complesso della piantagione e in ogni suo tratto”, ciò che – evidentemente implica che ogni pianta che compone la siepe deve osservare la distanza legale, come statuito dal giudice di rinvio;

– il secondo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla pretesa erronea interpretazione dell’art. 892 c.c., che considererebbe la siepe come corpo unico e inscindibile, prescindendo dalla singole piante che la compongono) è inammissibile, in quanto punta a sollecitare un non consentito sindacato sul principio di diritto enunciato da questa Corte con la pronuncia di annullamento, in forza del quale la distanza legale deve essere assicurata con riferimento a ciascuna delle piante che compongono la siepe;

– il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

– ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 19 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2017

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