Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15889 del 20/07/2011

Cassazione civile sez. III, 20/07/2011, (ud. 31/01/2011, dep. 20/07/2011), n.15889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA S. SEBASTIANELLO 9, presso lo studio dell’avvocato

SICILIANO DOMENICO, rappresentato e difeso dall’avvocato COSLOVICH

GABRIELLA giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA

TRIESTE (OMISSIS) in persona del legale rappresentante Presidente

Dr. P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato VACIRCA SERGIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERO LUGNANI giusta

delega a margine del controricorso;

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI,

PREFETTO TRIESTE, COMMISSIONE CENTRALE ESERCENTI PROFESSIONI

SANITARIE, PROCURA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIESTE

elettivamente domiciliati presso in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per

legge;

– controricorrenti –

e contro

ORDINE MEDICI CHIRURGICI E ODONTOIATRI PROVINCIA TRIESTE COMMISSIONE

ODONTOIATRI (OMISSIS);

– intimato –

avverso la decisione n. 71/2007 della COMM. CENTR. ESERC. PROFESSIONI

SANITARIE di ROMA, emessa il 12/11/2008, depositata il 17/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito l’Avvocato GABRIELLA COSLOVICH;

udito l’Avvocato SERGIO VACIRCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per la inammissibilità

e in subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decisione del 17 ottobre 2008 la Commissione Centrale per gli esercenti le professioni Sanitarie riduceva a 18 mesi l’interdizione dall’esercizio della professione irrogata dall’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri a C.G. per violazione della L. n. 175 del 1992, art. 8, comma 1, e dell’art. 13, comma 2, e segg.

del codice di deontologia medica per aver consentito direttamente e reiteratamente – considerata la condanna penale del 1999 ed il patteggiamento del 2005 per i medesimi fatti – l’esercizio abusivo della professione odontoiatrica a due odontotecnici, mentre non sussisteva la violazione del diritto alla difesa poichè nell’audizione del professionista dell’8 marzo 2006 è stato verbalizzato in più punti l’intervento dell’avvocato, e tale atto fa fede fino a querela di falso, la mancata sottoscrizione del verbale da parte dell’incolpato non ne determina alcuna invalidità, non essendo normativamente prescritta; sono stati complessivamente valutati il suo operato e le sue dichiarazioni, ammissive della sua colpa.

Ricorre per cassazione C.G..

Resistono l’Ordine dei Medici ed il Ministero della Salute.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va pregiudizialmente respinto il rilievo del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali di inammissibilità del ricorso per omessa vocatio in ius del Medico Provinciale subentrato al Prefetto a norma della L. n. 296 del 1958, art. 6, penultimo comma dovendosi ribadire che “Venute meno, L. n. 296 del 1958, ex art. 6 le competenze del Prefetto (in materia di Sanità pubblica), trasferiti alle regioni gli uffici dei medici e dei veterinari provinciali ed affermata la competenza dello Stato relativamente agli ordini e collegi professionali, il Ministro della Sanità (e non più il Prefetto o il medico provinciale) è legittimo contraddittore – insieme con il Procuratore della Repubblica e l’ordine professionale – sia nel giudizio avente ad oggetto un ricorso contro decisione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, in materia di iscrizione all’albo o di sanzioni disciplinari, sia nella precedente fase giurisdizionale davanti a tale Commissione, a seguito d’impugnazione del provvedimento amministrativo adottato dall’ordine locale (S.U. 131/1993, 5237/1998).

1.- Con il primo motivo il ricorrente deduce: “Violazione del diritto di difesa ed omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul punto. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5” e conclude con il seguente quesito di diritto: “Pertanto, sul pacifico presupposto, confermato anche dalla Commissione Centrale, secondo il quale nel procedimento di cui trattasi va garantito il diritto alla difesa, il provvedimento con il quale quest’ultima ha ritenuto infondato il motivo di gravame e con cui si lamentava la relativa violazione è illegittimo, perchè contraddittorio e comunque privo di motivazione e la decisione va pertanto cassata”. Il motivo è inammissibile.

Ed infatti la decisione impugnata ha escluso la violazione del diritto alla difesa poichè nell’audizione del professionista è stato verbalizzato in più punti l’intervento dell’avvocato, e pertanto la censura, non correlata con tale ratio decidendi, bensì imperniata sull’esigenza della garanzia di tale diritto, è inammissibile.

2.- Con il secondo motivo deduce: “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in merito alla valenza della sentenza di patteggiamento artt. 444 e 446 c.p.c. Omessa ed insufficiente motivazione sul punto. Art. 360 c.p.c., n. 5”, e conclude affermando che la Commissione non ha valutato complessivamente l’operato del sanitario poichè si è limitata a giustificare la decisione amministrativa sulla base delle dichiarazioni del professionista in cui è stata ravvisata un’ ammissione di colpa, ma tale affermazione generica e soggettiva non costituisce idonea motivazione del provvedimento impugnato, che va censurato per omessa e/o insufficiente motivazione.

Il motivo è inammissibile perchè sotto l’apparenza di vizio di motivazione mira ad ottenere una nuova e più appagante valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte.

3.- Con il terzo motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in merito alle dichiarazioni confessorie. Carenza assoluta di istruttoria procedimentale. Omessa e/o contraddittoria motivazione in punto di accertamento dell’illecito disciplinare.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 228, 229 e 230 c.p.c. Art. 360 c.p.c., n. 5” e conclude sostenendo che l’affermazione della Commissione secondo cui sarebbe stata fatta una valutazione complessiva, come emergerebbe dalla lettura degli atti, è semplicistica poichè questi non sono nè richiamati nè illustrati, e quindi non sono obbiettivamente verificabili e riscontrabili, ed è erronea poichè non può ravvisarsi una confessione nelle dichiarazioni del sanitario mancando i requisiti di forma e di sostanza e quindi il provvedimento è illegittimo e comunque privo di motivazione sufficiente.

Il motivo, generico e apodittico, nella parte relativa alla affermata lettura degli atti è inammissibile, mentre è infondato nella seconda parte essendo il decisum della commissione conforme al principio secondo cui la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. (cosiddetto “patteggiamento”) costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione.

4.- Con il quarto motivo deduce: “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in punto di sussistenza dell’illecito disciplinare e suo accertamento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 445 c.p.p. e dell’art. 111 Cost., comma 1”, e conclude affermando che evidente è l’errore in cui è incorsa la Commissione laddove si è limitata a dichiarare come accertato il fatto penalmente rilevante senza nemmeno considerare o cercare di verificare se quel medesimo fatto costituisse illecito disciplinare.

La censura, che prospetta una generica diversa lettura degli atti senza nessuna critica logico – giuridica pertinente alla statuizione sul punto, è inammissibile.

5.- Con il quinto motivo lamenta: “Violazione falsa applicazione dell’art. 8 del codice deontologico in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” e conclude affermando che del dolo specifico, richiesto dalla norma, non vi è traccia nè negli atti della motivazione del provvedimento emesso dalla Commissione nè tanto meno in quello della Commissione Centrale.

Il motivo, non correlato alla ratio decidendi riassunta in narrativa – “per aver consentito direttamente e reiterataraente – considerata la condanna penale del 1999 ed il patteggiamento del 2005 per i medesimi fatti – l’esercizio abusivo della professione odontoiatrica a due odontotecnici”, è inammissibile.

6.- Con il sesto motivo deduce:” Violazione e falsa applicazione di norme di legge in punto di accertamento dei fatti. Carenza assoluta di istruttoria procedimentale. Violazione dell’art. 111 Cost., comma 1″, e conclude nel senso che la Commissione Centrale si è limitata a recepire l’operato del Consiglio dell’Ordine, senza verifica degli atti del procedimento.

Il motivo, privo dell’indispensabile requisito di indicazione del contenuto degli atti acriticamente recepiti ovvero non verificati, e della loro decisività, è inammissibile.

7. – Con il settimo motivo deduce: “Violazione di norme di diritto in punto di entità della sanzione irrogata. Contraddittorietà della motivazione sul punto. Violazione del D.P.R. n. 221 del 1950, art. 40 e art. 360 c.p.c., n. 5”. Il motivo è manifestamente infondato poichè l’adeguatezza della sanzione inflitta all’incolpato dal consiglio professionale non è sindacabile dalla Corte di Cassazione, atteso che è riservato agli organi disciplinari il potere di determinare la sanzione più rispondente alla gravità ed alla natura dell’offesa arrecata al prestigio del medesimo.

8.- Con l’ottavo motivo deduce: “Omessa motivazione sul tardivo deposito delle controdeduzioni. Violazione del D.P.R. n. 221 del 1950, artt. 56 e 58 in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3” e conclude affermando che la Commissione poteva utilizzare soltanto gli atti e documenti del Consiglio dell’Ordine esistenti nel fascicolo fino all’8 giugno 2006, ma non quelli depositati fuori termine il 26 giugno 2006 e le relative controdeduzioni e tale eccezione è stata ignorata dalla Commissione Centrale che invece ha utilizzato la documentazione già esaminata dall’Ordine.

La censura, priva del necessario requisito della causalità del vizio poichè non è neppure indicata la decisività di tali atti e documenti, è inammissibile.

9.- Con il nono motivo deduce: “Sulla di illegittimità costituzionale della L. n. 175 del 1992, art. 8 per violazione degli artt. 4 e 35 Cost.”. L’eccezione è manifestamente infondata poichè le sanzioni disciplinari che limitano l’attività lavorativa per esigenze di tutela della dignità ed integrità morale della categoria professionale non violano la libertà di lavoro.

10.- Concludendo il ricorso va dichiarato inammissibile. Il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge a favore dell’Ordine dei Medici ed Euro 3000,00 per onorari a favore del Ministero della Salute oltre spese prenotate a debito e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011

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