Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15889 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 08/06/2021), n.15889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Francesco Antonio – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33012-2019 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

PINETA SACCHETTI, 201, rappresentato e difeso da sè stesso;

– ricorrente –

contro

REGIONE LAZIO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 10993/8/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

PROVINCIALE di ROMA, depositata il 29/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

riferisce l’avvocato F.G. che la Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 25270/33/16 passata in giudicato accoglieva, con il suo patrocinio, il ricorso di S.M. avverso una cartella di pagamento e condannava la Regione Lazio al pagamento delle spese;

la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 10993/8/19, sul giudizio di ottemperanza instaurato dall’avvocato F.G. relativamente alla sentenza n. 25270/33/16 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma per il pagamento di suddette spese, nominava un Commissario ad acta, imponendogli di prendere, entro 120 giorni, i dovuti provvedimenti attuativi, senza nulla statuire in merito alle spese di questo giudizio di ottemperanza.

Avverso la suddetta sentenza n. 10993/8/19 della Commissione Tributaria Provinciale proponeva ricorso l’avvocato F.G., affidato ad un unico motivo, mentre la Regione Lazio non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e art. 112 c.p.c. con riferimento all’omessa regolamentazione delle spese della fase di ottemperanza.

Il motivo di impugnazione è fondato.

Occorre preliminarmente evidenziare, quanto all’ammissibilità del ricorso, che, secondo il D.Lgs. n. 546 del 1992 (Disposizioni sul processo tributario), art. 70 (Giudizio di ottemperanza):

1. La parte che vi ha interesse può richiedere l’ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza della commissione tributaria passata in giudicato mediante ricorso da depositare in doppio originale alla segreteria della commissione tributaria provinciale, qualora la sentenza passata in giudicato sia stata da essa pronunciata, e in ogni altro caso alla segreteria della commissione tributaria regionale.

2. Il ricorso è proponibile solo dopo la scadenza del termine entro il quale è prescritto dalla legge l’adempimento a carico dell’ente impositore, dell’agente della riscossione o del soggetto iscritto nell’albo di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53, degli obblighi derivanti dalla sentenza o, in mancanza di tale termine, dopo trenta giorni dalla loro messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario e fino a quando l’obbligo non sia estinto.

3. Il ricorso indirizzato al presidente della commissione deve contenere la sommaria esposizione dei fatti che ne giustificano la proposizione con la precisa indicazione, a pena di inammissibilità, della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l’ottemperanza, che deve essere prodotta in copia unitamente all’originale o copia autentica dell’atto di messa in mora notificato a norma del comma precedente, se necessario.

4. Uno dei due originali del ricorso è comunicato a cura della segreteria della commissione ai soggetti di cui al comma 2 obbligati a provvedere.

5. Entro venti giorni dalla comunicazione l’ufficio può trasmettere le proprie osservazioni alla commissione tributaria, allegando la documentazione dell’eventuale adempimento.

6. Il presidente della commissione tributaria, scaduto il termine di cui al comma precedente, assegna il ricorso alla sezione che ha pronunciato la sentenza. Il presidente della sezione fissa il giorno per la trattazione del ricorso in camera di consiglio non oltre novanta giorni dal deposito del ricorso e ne viene data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima a cura della segreteria.

7. Il collegio, sentite le parti in contraddittorio ed acquisita la documentazione necessaria, adotta con sentenza i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’ufficio che li ha omessi e nelle forme amministrative per essi prescritti dalla legge, attenendosi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza e tenuto conto della relativa motivazione. Il collegio, se lo ritiene opportuno, può delegare un proprio componente o nominare un commissario al quale fissa un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi e determina il compenso a lui spettante secondo le disposizioni del Titolo VII del Capo IV del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia approvato con D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

8. Il collegio, eseguiti i provvedimenti di cui al comma precedente e preso atto di quelli emanati ed eseguiti dal componente delegato o dal commissario nominato, dichiara chiuso il procedimento con ordinanza.

9. Tutti i provvedimenti di cui al presente articolo sono immediatamente esecutivi.

10. Contro la sentenza di cui al comma 7 è ammesso soltanto ricorso in cassazione per inosservanza delle norme sul procedimento.

10-bis. Per il pagamento di somme dell’importo fino a ventimila Euro e comunque per il pagamento delle spese di giudizio, il ricorso è deciso dalla Commissione in composizione monocratica.

Secondo questa Corte:

la competenza per i giudizi di ottemperanza agli obblighi derivanti dalle sentenze delle commissioni tributarie è attribuita dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, alla commissione provinciale esclusivamente nel caso in cui sia passata in giudicato una sentenza da essa pronunciata, il che può verificarsi o per la mancata impugnazione della decisione di primo grado (Cass. n. 18266 del 2004; Cass. n. 18526 del 2005);

il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 – a mente del quale il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per “violazione delle norme del procedimento” – deve essere interpretato nel senso che è possibile denunciare alla Suprema Corte non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro “error in procedendo” nel quale sia incorso il giudice dell’ottemperanza ed, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere-dovere di interpretare ed eventualmente integrare il “dictum” costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede (Cass. n. 23487 del 2018);

in tema di giudizio di ottemperanza alle decisioni delle commissioni tributarie, il potere del giudice sul comando definitivo inevaso va esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita col giudicato (cd. “carattere chiuso” del giudizio di ottemperanza), sicchè può essere enucleato e precisato il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendosene il reale significato e rendendolo quindi effettivo, ma non può attribuirsi un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire, nè può essere negato il diritto consacrato dal “dictum” azionato (nella specie, la Cassazione ha annullato la decisione del giudice dell’ottemperanza che aveva negato il diritto al rimborso integralmente riconosciuto dalla sentenza ineseguita, supponendo la cessazione della materia del contendere pur a fronte della domanda e di reiterate richieste di ottemperanza del giudicato avanzate dal contribuente: Cass. n. 14642 del 2019).

Pertanto, alla luce della norma sopra trascritta e dei suddetti principi deve ritenersi che l’omesso esame della questione relativa al diritto dell’avvocato F.G. ad una condanna a suo favore alle spese del giudizio di ottemperanza costituisca una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede. Correttamente dunque è stato proposto in Cassazione, denunciando un vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 la violazione di una norma sul procedimento.

Considerato altresì che secondo questa Corte:

in materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa, e ciò vale sia nel caso in cui la controversia venga decisa in ognuno dei suoi aspetti, processuali e di merito, sia nel caso in cui il giudice accerti e dichiari la cessazione della materia del contendere e sia, perciò, chiamato a decidere sul governo delle spese alla stregua del principio della cosiddetta soccombenza virtuale (Cass. n. 18128 del 2020);

ai fini della condanna alle spese parte soccombente è quella che abbia azionato una pretesa accertata come infondata o abbia resistito ad una pretesa fondata, dando perciò causa al processo o alla sua protrazione (Cass. n. 16431 del 2019);

in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse (Cass. n. 19613 del 2017);

ai fini della condanna alle spese di giudizio la valutazione di soccombenza va sempre rapportata all’esito finale della lite, anche nell’ipotesi di giudizio seguito ad opposizione ex art. 645 c.p.c., sicchè non può considerarsi soccombente il creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, anche in parte minima, il proprio credito rispetto alla domanda monitoria, legittimamente subendo la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione di quanto, eccedente rispetto al dovuto, percepito in dipendenza della provvisoria esecutività (Cass. n. 17854 del 2020);

in tema di giudizio di ottemperanza nel processo tributario, l’ordinanza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 8, è un provvedimento dal contenuto meramente ordinatorio, che si limita a dichiarare chiuso il procedimento, una volta preso atto dell’avvenuta esecuzione dei provvedimenti emessi con la sentenza che si è pronunciata sulla richiesta di ottemperanza e di quelli eventualmente assunti dal commissario “ad acta”, sicchè, ove tale ordinanza contenga statuizioni riguardanti le spese del giudizio di ottemperanza, su cui abbia già provveduto la sentenza adottata a norma del detto D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 7, le stesse devono ritenersi abnormi (Cass. n. 29300 del 2018).

Pertanto, alla luce dei suddetti principi, avendo la Commissione Tributaria Provinciale nominato un Commissario ad acta come da domanda conforme dell’avvocato F.G. (domanda alla quale quest’ultimo è stato costretto in virtù di una inadempienza della controparte), deve ritenersi che quest’ultimo, anche alla luce dell’esito pienamente favorevole della sentenza n. 25270/33/16 della Commissione Tributaria Provinciale passata in giudicato, debba considerarsi parte integralmente vittoriosa anche del giudizio di ottemperanza e come tale avrebbe avuto diritto alla liquidazione delle spese a suo favore relative a quel giudizio.

Considerato che secondo questa Corte:

ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014 e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c. (Cass. 2 ottobre 2020, n. 21178; Cass. 18 febbraio 2019, n. 4696; Cass. 7 novembre 2019, n. 28658);

in tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente il mero riferimento alla “natura processuale della pronuncia”, che, in quanto tale, può trovare applicazione in qualunque lite che venga risolta sul piano delle regole del procedimento (Cass. 2 ottobre 2020, n. 21178; Cass. 11 luglio 2014, n. 16037; 14 marzo 2019 n. 7352);

nel processo tributario le “gravi ed eccezionali ragioni” indicate esplicitamente dal giudice nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale delle spese del giudizio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi un vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (in applicazione di tale principio, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata che aveva fondato la compensazione delle spese sulla asserita situazione di difficoltà della contribuente nella conoscenza effettiva dell’atto impositivo, in quanto notificato nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c.: Cass. n. 2362 del 2021; Cass. n. 21178 del 2020; Cass. n. 2206 del 2019; Cass. n. 28658 del 2019).

Quindi, e conclusivamente, la sentenza n. 10993/8/19, emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale in sede di ottemperanza, non si è attenuta ai suddetti principi laddove non ha fornito alcuna motivazione in merito al perchè non siano state liquidate le spese di lite a favore dell’avvocato F.G., pur in presenza di una sua piena vittoria anche in quella sede.

Pertanto, ritenuto fondato il motivo di impugnazione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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