Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15883 del 06/07/2010

Cassazione civile sez. III, 06/07/2010, (ud. 27/05/2010, dep. 06/07/2010), n.15883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.N., elettivamente domiciliato in Roma, Via Friggeri

n. 106, presso lo studio dell’avv. prof. Tamponi Michele, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avv. Paolo Manetti giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

M.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Celimontana n. 38, presso lo studio dell’avv. Pananti Benito,

rappresentato e difeso dall’avv. prof. Chidichimo Giuseppe giusta

delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 64/06 decisa

in data 12 luglio 2005 e depositata in data 19 gennaio 2006;

Udita la relazione del Consigliere dott. Urban Giancarlo;

udito l’avv. Manetti Paolo;

udito l’avv. Giuseppe Chidichimo;

udito il P.M. in persona del Cons. Apice Umberto che ha concluso per

il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza pubblicata il 17 settembre 2001, il Tribunale di Firenze, in accoglimento della domanda proposta da P. C. nei confronti di M.L., condannava quest’ultimo al pagamento della somma di L. 50 milioni a titolo di risarcimento dei danni in relazione ad un esposto diffamatorio presentato dal M. alla Procura della Repubblica ed al Consiglio dell’Ordine dei dottori commercialisti, nel quale si prospettavano gravi irregolarita’ commesse dal P. quale commissario e quindi quale liquidatore giudiziale nella procedura di concordato preventivo delle societa’ Costruzioni edilizie Remo Manetti s.r.l., Edilizia Monteoliveto e Ditta individuale M.R. delle quali il M. era creditore.

Nella sentenza il Tribunale rilevava che le circostanze dedotte nell’esposto si erano rivelate infondate; che pur non integrando esse l’ipotesi di calunnia, erano tuttavia lesive dell’onore e della reputazione del P. e che quindi davano luogo all’ipotesi del reato di diffamazione. Rigettava invece la domanda riconvenzionale proposta dal M. in relazione alla cessione di un immobile acquisito alla procedura, ma con negligenza del liquidatore.

Con sentenza del 19 gennaio 2006 la Corte d’Appello di Firenze in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda proposta dal P., dichiarando compensate le spese dell’intero giudizio.

Propone ricorso per cassazione P.C. con tre motivi.

Resiste con controricorso M.L., che ha anche proposto ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c. poiche’ non risulta l’appello del capo della sentenza di primo grado che stabili’ la sussistenza del reato di diffamazione nel comportamento del M..

La Corte d’Appello ha dato atto che l’appello proposto dal M. riguardava la pronunzia resa dal Tribunale in ordine al comportamento tenuto dal dott. P. nella sua qualita’ di commissario della procedura concorsuale di concordato preventivo tanto per quanto riguarda il reato di calunnia, quanto quello di diffamazione, sostenendo che di fatto si era esercitato semplicemente il diritto di critica, garantito dall’art. 21 Cost.. Nessuna ipotesi di reato sarebbe stata quindi configurabile negli esposti trasmessi al Procuratore della Repubblica e al Consiglio dell’Ordine dei Dottori Commercialisti. La sentenza di primo grado risulta quindi impugnata anche in ordine alla pronunzia che aveva ritenuto la sussistenza del reato di diffamazione. Il motivo risulta pertanto infondato.

Con il terzo motivo (che per ragioni logiche e’ opportuno trattare prima del secondo motivo) si denuncia la omessa e illogica motivazione su un punto decisivo della controversia e la dell’art. 595 c.p. e dell’art. 204 c.c., comma 3 avendo la Corte d’Appello ritenuto che nella specie non fossero state usate espressioni diffamatorie nei riguardi del P. quale commissario e quindi liquidatore giudiziale della procedura. La censura si risolve in una diversa valutandone degli elementi probatori raccolti nel corso del giudizio di merito, senza che siano poste in luce carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicita’ nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilita’ razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi. Si deve rilevare che il ricorso per cassazione non puo’ essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si puo’ proporre un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Tali aspetti del giudizio, infatti, interni all’ambito della discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento. Diversamente il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e quindi di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura e alle finalita’ del giudizio di legittimita’ (Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087).

In concreto, la parte ricorrente, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si limita – in buona sostanza – a sollecitare una diversa lettura, delle risultanze di causa preclusa in questa sede di legittimita’. Il motivo risulta quindi inammissibile. Risulta quindi assorbito il secondo motivo con il quale si denuncia l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e la violazione degli artt. 368 e 595 c.p. e dell’art. 2043 c.c. avendo la Corte d’Appello ignorato che l’esposto era stato indirizzato oltre al Procuratore della Repubblica, anche al Consiglio dell’Ordine e quindi aveva gravemente compromesso la reputazione del dott. P., che era stato presentato come professionista indagato per la sua attivita’ di gestione di procedure fallimentari.

Propone ricorso incidentale M.L. con il quale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c. e della L. Fall., artt. 38 e 165; l’omesso esame di un punto decisivo della controversia in tema di ammissione delle prove.

Occorre richiamare in questa sede quanto rilevato nella sentenza impugnata, che cioe’ il M. non era titolare dell’interesse leso in relazione alla eventuale condotta negligente del commissario dott. P.. ne’ sono state dedotte circostanze idonee a superare il suddetto rilievo.

Anche il ricorso incidentale merita quindi il rigetto. In considerazione dell’esito complessivo della controversia, possono essere dichiara compensate le spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, riunisce i ricorsi e li rigetta; dichiara compensate le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 27 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2010

 

 

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