Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15876 del 25/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 15876 Anno 2013
Presidente: TRIFONE FRANCESCO
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 24688-2007 proposto da:
ALBATRO S.R.L. 01046650063 in persona del legale
rappresentante Ing. TAVERNA RICCARDO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo
studio dell’avvocato PAOLETTI NICOL0′, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato SASSI
a

2013

GIAN FRANCO giusta delega in atti;
– ricorrente –

1011

contro

MIRONE E DE MARCO S.A.S. 00372520064 (già MIRONE E DE
MARCO S.N.C. DI MIRONE PIETRO CARLO E DE MARCO

1

Data pubblicazione: 25/06/2013

PASQUALE) in persona del socio accomandatario Sig.
PASQUALE DE MARCO, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA PACUVIO

34,

presso lo studio dell’avvocato

ROMANELLI GUIDO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PANERI FRANCO giusta delega

– controricorrente
avverso la sentenza n.

1048/2006

della CORTE

D’APPELLO di TORINO, depositata il 18/07/2006,

R.G.N.

925/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/05/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito l’Avvocato NATALIA PAOLETTI per delega;
udito l’Avvocato GUIDO ROMANELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

in atti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 27/08/1998 la Albatro
srl evocava in giudizio avanti al Tribunale di Alessandria la
Mirone e De Marco snc, chiedendo la risoluzione, per fatto e
colpa della società convenuta, del contratto di locazione

1/12/1986 di un immobile ad uso officina ed autorimessa, di
proprietà della società attrice, sito in Alessandria in via
Verdi n. 36/38. Segnatamente parte attrice allegava, quali
addebiti riconducibili alla convenuta, il riscontro di una
situazione di illegittimità per la violazione della normativa
antincendio e la realizzazione di modifiche allo stato dei
locali non consentite dal locatore, instando in via di
subordine per la declaratoria della fine della locazione al
30/11/1998 e in ogni caso per la condanna della conduttrice al
risarcimento dei danni. Parte convenuta, costituitasi in
giudizio, chiedeva in via riconvenzionale la condanna della
locatrice alla corresponsione dell’indennità di avviamento e
alla restituzione del deposito cauzionale, oltre che al
risarcimento dei danni per la ridotta utilizzazione
dell’immobile ed il trasferimento in diverso locale
dell’attività relativa all’officina, con contestuale richiesta
di condanna della controparte al rimborso delle spese
sostenute dalla conduttrice per l’adeguamento dell’impianto
elettrico. A tale procedimento veniva poi riunita altra causa
instaurata dalla Albatro srl mediante deposito di ricorso ex
art. 447 bis cpc con il quale il locatore instava per la

3

4/

risoluzione del rapporto di locazione a seguito del mancato
pagamento di canoni, spese condominiali e spese di
riscaldamento per la complessiva somma di

L.

11.006.925. In

esito al giudizio, nel corso del quale la Albatro aveva
chiamato in causa la propria dante causa, Immobiliare Domus

dalla convenuta, il Tribunale condannava l’Immobiliare Domus a
corrispondere alla convenuta la somma di C.3.098,774 a titolo
di restituzione di deposito cauzionale; la Albatro a
corrispondere alla conduttrice la somma di C 3.191,70 per il
rifacimento dell’impianto elettrico; e la convenuta a
corrispondere alla Albatro la somma di C 400,02 a titolo di
spese condominiali. Avverso tale decisione proponevano appello
principale la Albatro, appello incidentale la Mirone e De
Marco. In esito al giudizio, in cui si costituiva altresì
l’Immobiliare Domus manifestando la propria disponibilità al
versamento del deposito cauzionale nei confronti dell’avente
diritto, la Corte di Appello di Torino con sentenza
depositata in data 10-18.7.2006 dichiarava compensate tra
Albatro e Mirone&De Marco le spese del primo grado nella
misura del 25%; condannava parte appellante a rifondere a
parte appellata predetta le spese di lite, liquidate, già
operata la compensazione, in C 5.250,00 oltre le successive
occorrende CPA ed IVA e rimborso forfetario; rigettava gli
appelli vicendevolmente proposti da Albatro contro Mirone&De
Marco e Immobiliare Domus, confermando nel resto l’impugnata

4

4

Srl per essere manlevata dalle domande riconvenzionali svolte

sentenza; provvedeva infine al governo delle spese di secondo
grado. Avverso la detta sentenza la Albatro S.r.l. ha quindi
proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi.
Resiste con controricorso la Mirone&De Marco.

moTrvI

DELLA DECISIONE

applicazione degli artt.1587 co.1 cc, 117 cost. in relazione
al DPR n.3/1998, artt.2,3,4, parte ricorrente, premesso che la
conduttrice ha svolto per tutta la durata della locazione la
sua attività illegittimamente, in quanto priva del certificato
prevenzione incendi, ha censurato la sentenza impugnata nella
parte in cui la Corte di Appello ha escluso la gravità
dell’inadempimento della conduttrice ex art.1455 cc,
osservando che le Autorità competenti, non avendo ritenuto di
chiudere l’esercizio, avrebbero tacitamente consentito alla
prosecuzione dell’attività mentre le autorità comunali non
possono in alcun modo autorizzare l’esercizio di un’attività
in mancanza dei requisiti di legge in materia di sicurezza e
prevenzioni incendi
Ha quindi concluso il motivo con il seguente quesito di
diritto : ” Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, in materia
della sicurezza e della prevenzione incendi, qualora
l’esercizio di una determinata attività sia sottoposto a
specifica normativa di legge e necessiti del rilascio di
apposito certificato di prevenzione incendi da parte dei
VV.FF. il Comune, in base ad un provvedimento emesso ai sensi

5

A

Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa

dell’art.38 secondo comma della legge 142/90 (“al fine di
prevenire ed eliminare gravi pericoli”), possa autorizzare,
anche solo tacitamente o con un mero comportamento omissivo
costituito dalla mancata chiusura dell’attività, la deroga a
dette disposizioni ed il regolare esercizio di una attività

Stato richiede tassativamente in materia di sicurezza e di
prevenzione incendi”
Il motivo è inammissibile perché il quesito di diritto
formulato non soddisfa le prescrizioni richieste dall’art.366
bis cpc. sotto il profilo della necessaria congruenza alla
violazione dedotta. Ed invero costituisce orientamento
consolidato di questa Corte quello secondo cui il quesito non può
essere astratto ed avulso dalla fattispecie concreta, come nella specie, ma
deve,

imprescindibilmente, attenere

specificamente

alla

ratio decidendi

al

decisum

e riferirsi

della decisione impugnata

contrapponendosi direttamente alla regola di diritto – che si
ritiene erroneamente applicata ed indicando sia pure
sinteticamente il principio di diritto che dovrebbe essere
applicato nella fattispecie.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha posto a base della
decisione la considerazione che la mancata chiusura
dell’esercizio, consentendo la prosecuzione dell’attività, di
per sé sola, escludeva, anche per il periodo antecedente al
rilascio dell’autorizzazione provvisoria, l’esistenza di un
effettivo pericolo di incendio, profilo, quest’ultimo,

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commerciale anche in assenza dei requisiti che la legge dello

effettivamente ricollegabile all’interesse del proprietario
locatore. Con la conseguenza che tutt’al più avrebbero potuto
essere ravvisati profili di inadempienza del conduttore non
suscettibili di valutazione ai sensi dell’art.1455 cc, alla
stregua delle risoluzioni stesse assunte dalle autorità

Ciò posto, appare evidente che la Corte di merito si è ben
guardata dall’affermare, come invece è adombrato nel quesito
di diritto, che il Comune di Alessandra avrebbe autorizzato
l’attività svolta dalla ricorrente con provvedimento idoneo a
derogare le previsioni in materia di sicurezza e prevenzioni
incendi. Da ciò l’assoluta mancanza di riferibilità del
quesito alla

ratio decidendi

della decisione impugnata, con

l’ulteriore conseguente inammissibilità della censura in
esame.
Passando all’esame dei due successivi motivi, va rilevato che
con la seconda doglianza, svolta per violazione e falsa
applicazione degli artt.1220, 1590, 1591 cc, la ricorrente
censura la sentenza impugnata per aver la Corte di appello
trascurato che, a fronte della mancata offerta di riconsegna
dell’immobile da parte del conduttore, ed in presenza di
richiesta, anche se non formale, di riconsegna di esso da
parte del locatore, non è in alcun modo configurabile un
diritto di ritenzione a favore del conduttore che possa
consentirgli, senza il pagamento di alcun corrispettivo, di
trattenere il bene in attesa della corresponsione per intero

7

competenti (cfr pagg 12 e 13 della sentenza impugnata).

dell’indennità, da lui richiesta in misura maggiore del
dovuto, mentre con la terza doglianza svolta per omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, la ricorrente
censura la decisione impugnata perché essa omette di motivare
sulla mancata offerta dell’immobile libero da persone e cose,

richieste a titolo di indennità di avviamento per effettuare
la consegna, evitando di approfondire le circostanze emergenti
da due raccomandate inviate alla conduttrice.
I due motivi, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia
pure sotto diversi ed articolato profili, prospettano ragioni
di censura connesse tra loro, meritano entrambi attenzione.
In

primo

luogo,

deve

disattendersi

l’eccezione

di

inammissibilità del primo dei due motivi – inammissibilità
dedotta dalla controricorrente sulla base di una pretesa
novità della questione sollevata – perché le difese, le
argomentazioni e le prospettazioni in diritto, volte a
censurare la qualificazione giuridica, posta dal giudice di
merito a base della decisione impugnata, le quali si limitino
a rafforzare le ragioni addotte in relazione a tale
qualificazione giuridica, senza però mutare nella sostanza
delle cose l’oggetto del contraddittorio ed il tema di
indagini, come è avvenuto nel caso di specie, non possono
ritenersi nuove ed inammissibili. Ed invero, sotto tale
aspetto, non vi è dubbio che la

causa petendi,

fondata sulla

protrazione della detenzione del bene da parte del conduttore,

8

da parte del conduttore, nonché sulla eccessività delle somme

ed il petitum sostanziale, costituito dal diritto del locatore
a percepire una qualche forma di corrispettivo in relazione a
tale persistente detenzione, non comportino affatto temi di
indagini e di decisione diversi rispetto a quelli affrontati
nel giudizio di appello.
entrambi i motivi

sono

fondati e meritano

accoglimento. Ed invero, secondo la più recente ed ormai
consolidata giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non
v’e’ ragione di discostarsi, nelle locazioni di immobili
urbani adibiti ad attivita’ commerciali disciplinate dalla L.
27 luglio 1978, n. 392, artt. 27 e 34 (e, in regime
transitorio, dagli artt. 68, 71 e 73 della stessa legge), il
conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la
restituzione dell’immobile, in attesa che il locatore gli
corrisponda la dovuta indennità di avviamento, e’ pur sempre
obbligato al pagamento del corrispettivo convenuto per la
locazione, benchè non anche al risarcimento del maggior
danno, di talchè, se la richiesta del locatore di riavere
indietro l’immobile, non accompagnata dall’offerta
dell’indennità, non vale a porre in mora la controparte,
specularmente, l’offerta di restituzione del bene locato, a
condizione che venga corrisposta l’indennità di avviamento,
non esonera il conduttore dal pagamento del canone. In
sostanza, in casi siffatti, inapplicabile l’art. 1591 c.c., i
rapporti tra le parti continuano a essere regolati puramente e

9

Inoltre,

semplicemente dal contratto (Cass.n.7179/2010 in motivazione,
Cass. n. 5661/2010).
Infatti, come avevano già statuito le Sezioni Unite n.1177 del
2000, ricorre una precisa interdipendenza tra le obbligazioni
del locatore e del conduttore, con la conseguenza che il

adempiere la propria obbligazione ed ottenere dal conduttore
l’adempimento della sua, deve offrire al conduttore il
pagamento dell’indennità che ritiene gli sia dovuta;
correlativamente, il conduttore che intende ottenere il
pagamento dell’indennità, nel domandarla deve offrire al
locatore la riconsegna del bene ovvero può offrire la
riconsegna a condizione che gli sia pagata l’indennità che
domanda. Le norme sulla mora del creditore consentono a
ciascuno dei due obbligati di liberarsi della propria
obbligazione e di costituire in mora il creditore (artt. 1206,
1207 e 1208 cod. civ.), perché se il debitore di una
prestazione la deve a condizione che l’altra esegua in suo
favore una prestazione cui ha diritto, il debitore della prima
può condizionare la propria offerta all’esecuzione di quella
del proprio debitore. (Sez. Un. n. 1177/2000 in motivazione).
Pertanto, nella ricostruzione della persistenza della duplice
inadempienza, quella del locatore nella corresponsione
dell’indennità e quella del conduttore nella restituzione
dell’immobile, la giurisprudenza di questa Corte ha inteso
escludere solo la spettanza del danno maggiore rispetto a

10

./

locatore il quale, alla cessazione del rapporto, intende

quello

corrispondente

all’entità

del

canone.

Con

la

conseguenza che “soggiace il conduttore, che voglia liberarsi
del’obbligazione di un tale pagamento, a specifici oneri, tra
cui quello di offerta, anche non formale, di restituzione del
bene (per tutte, con principio affermato ai sensi dell’art.

1337): ed appare conforme a diritto che, in virtù della
volontaria protrazione del godimento del bene (volontaria in
quanto dipendente anche dalla deliberata mancanza della
attivazione delle dette procedure di offerta in restituzione),
chi ne fruisca continui a versare alla controparte quanto meno
una somma pari a quello che sarebbe stato il corrispettivo in
caso di fisiologica persistenza del contratto (Cass.
n.22924/2012 in motivazione)
Tutto ciò premesso, appare di ovvia evidenza come la decisione
impugnata non sia in linea con l’orientamento ormai
consolidato di questa Corte nella parte in cui afferma che ”
va riconosciuto il diritto di ritenzione del conduttore fin
tanto che non gli viene corrisposta l’indennità di avviamento
senza che a siffatta situazione corrisponda l’obbligo di
pagamento del corrispettivo della locazione, fatto salvo
l’esercizio del diritto del conduttore di proseguire
l’attività previa corresponsione del canone di locazione, in
quest’ultima ipotesi riconosciuto come dovuto” (v.

pag.21

della sentenza impugnata), in quanto la giurisprudenza di
questa Corte, come è stato già evidenziato in precedenza, ha

11

360-bis c. p. c. n. l, v. Cass. ord. 20 gennaio 2011, n.

escluso la sussistenza di un diritto di ritenzione in capo al
conduttore ed ha statuito che egli, pur non essendo in mora,
resti comunque obbligato a versare al locatore una somma pari
al corrispettivo che avrebbe dovuto pagare in costanza del
contratto.

locazione sino a quello del pagamento dell’indennità si viene
ad instaurare tra le parti un rapporto

ex lege geneticamente

collegato al precedente, fondato per una parte sulla
protrazione della detenzione del bene e per l’oaltra sul
pagamento di un corrispettivo coincidente con quello del
rapporto contrattuale.
Deve ritenersi quindi esclusa la facoltà, per il conduttore,
di rendere gratuita la detenzione in virtù del mancato
utilizzo del bene, in base ad una sua unilaterale decisione.
Resta invece salva la sua facoltà di evitare il pagamento del
corrispettivo previa offerta di restituzione del bene a norma
dell’art.1216 cc in modo da costituire in mora il locatore in
rapporto al suo obbligo di corrispondere l’indennità di
avviamento.
In tale prospettiva non ha quindi alcun rilievo la previsione
di cui all’art.1460 cc, cui accenna la società
controricorrente, in quanto l’eccezione in parola giustifica
soltanto il proprio inadempimento ma non costituisce un
rimedio contro l’inadempimento altrui.

12

Ciò, in quanto dal momento della cessazione del rapporto di

Ne consegue che le censure in esame meritano di essere
accolte, ritenendosi in esse assorbito il quarto ed il quinto
motivo di impugnazione, rispettivamente articolati sotto il
profilo della violazione e/o falsa applicazione degli
artt.1197, 1220, 1206 e 1587 cc e sotto il profilo della
motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria.
La sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione ai
motivi accolti. Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un
rinnovato esame della controversia da condursi nell’osservanza
dei principi

richiamati,

previo approfondimento delle

circostanze dedotte nelle doglianze accolte, la causa va
rinviata alla Corte di Appello di Torino, in diversa
composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento
delle spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di
impugnazione, accoglie il secondo ed il terzo motivo del
ricorso, assorbiti gli ultimi due, cassa la sentenza impugnata
in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla
Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, che
provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della
presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 8.5.2013

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