Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15876 del 24/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/07/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 24/07/2020), n.15876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28804/2016 proposto da:

Compagnia Italiana Grandi Alberghi S.r.l., (C.F.: (OMISSIS)), con

sede in (OMISSIS), in persona de procuratore speciale Dott.

D.A., nato a Roma il (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e

difesa dall’Avv. Stefano Fedele (C.F.: FDLSFN70T29B936C), giusta

procura speciale a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliata

presso lo studio del difensore, Studio Tributario e Societario, sito

in Roma alla Via XX Settembre n. 1;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato (C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2704/2/2016 emessa dalla CTR Lazio in data

05/05/2016 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica

dell’8/1/2020 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;

udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero Dott. Giovanni

Giacalone nel senso della inammissibilità e, in subordine del

rigetto del ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dal difensore dell’Agenzia delle

Entrate, Avv. Emanuele Valenzano.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate di Roma, a seguito di controllo dell’atto di compravendita stipulato in data (OMISSIS) ed avente ad oggetto un appartamento con destinazione ufficio, sito in (OMISSIS), rettificava il valore dichiarato di Euro 420.000,00 in Euro 1.145.000,00, in quanto significativamente inferiore alle risultanze dell’OMI e del FIAIP.

Avverso l’atto proponeva ricorso la parte contribuente, società venditrice, lamentandone l’illegittimità per carenza di motivazione.

La C.T.P. adita, in primo luogo, respingeva la doglianza di nullità dell’atto per difetto di motivazione, ravvisando invece la sussistenza dei requisiti necessari per consentire l’adeguata difesa; in secondo luogo, riteneva che i valori Omi, lungi dal costituire un riferimento al valore normale, avessero un valore meramente indiziario, utile per la ricostruzione del valore venale in comune commercio dell’immobile trasferito, fermi rimanendo i criteri di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52. Ciò posto, tuttavia, nel merito i primi giudici accoglievano in parte il ricorso, rideterminando in Euro, 848.700,00 il valore dell’immobile, sul presupposto che la via (OMISSIS), non dovesse essere esattamente ricompresa nella macrozona (OMISSIS), ossia (OMISSIS)-(OMISSIS)-(OMISSIS), utilizzata come parametri dall’Ufficio.

Avverso la sentenza proponeva appello la parte contribuente, lamentandone l’illegittimità per vizio logico-giuridico della motivazione e per erronea applicazione dei criteri di valutazione con riferimento all’immobile trasferito. Osservava, infatti, che i primi giudici avevano espresso una motivazione illogica perchè, dal momento che l’Omi fissa una forbice di valutazione tra un minimo e massimo, la via (OMISSIS) sarebbe dovuta rientrare nella valutazione massima della macrozona del (OMISSIS), ove la stessa si trova, ma non avrebbe potuto avere un valore superiore a tale massima valutazione. Insisteva altresì sull’inadeguatezza della prova costituita dai valori Omi e sull’erroneo riferimento alla macrozona (OMISSIS)-(OMISSIS)-(OMISSIS), invece utilizzato dall’Ufficio, per ricadere l’immobile nella più modesta macrozona del (OMISSIS)-Stazione Termini. Ribadiva, infine, che l’immobile era occupato da un inquilino il quale, avendo diritto di prelazione, era stato informato del congruo prezzo di vendita convenuto e non aveva ritenuto di esercitare il suo diritto. Chiedeva, pertanto, la riforma dell’impugnata sentenza, con declaratoria di nullità dell’accertamento impugnato.

Con proprie controdeduzioni l’Ufficio contestava le avverse doglianze e chiedeva il rigetto del proposto appello, con conferma dell’impugnata sentenza.

Con sentenza del 5.5.2016 la CTR Lazio rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) avuto riguardo al vizio di illogicità relativo alla motivazione espressa dai primi giudici, gli stessi avevano opportunamente comparato i dati f(OMISSIS)ti dalle parti, concludendo condivisibilmente per il riconoscimento di una parziale riduzione del valore accertato, pur ritenendo del tutto legittimo l’operato accertativo dell’Ufficio;

2) i valori (OMISSIS) non costituivano un riferimento assoluto di valutazione, ma un riferimento meramente indiziario che, pure utile per la ricostruzione del valore venale in comune commercio, ai fini dell’accertamento del valore dell’immobile trasferito, era tuttavia suscettibile di reinterpretazione alla luce di fatti concreti;

3) l’avviso di accertamento doveva essere considerato legittimo, in quanto motivato in conformità al disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, e fondato su elementi probatori adeguati;

4) per contro, le perizie estimative prodotte dalla parte a sostegno dei propri argomenti difensivi si ponevano in contrasto, tanto da far dubitare della loro effettiva attendibilità, con i dati valutativi espressi dall’Ufficio, i quali andavano al di là della reale manutenzione dell’appartamento, per soffermarsi invece su dati oggettivi “di valore” quali, segnatamente, la posizione dell’immobile in zona centralissima, ottimamente servita da mezzi pubblici e caratterizzata da una elevata propensione all’attività terziaria, oltre che più vicina ed omogenea per caratteristiche, con le zone (OMISSIS)-(OMISSIS)-(OMISSIS); senza tralasciare il pregio architettonico del palazzo in cui l’appartamento era sito.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Compagnia Italiana Grandi Alberghi s.r.l., sulla base di due motivi.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il il primo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 307 e dell’art. 1, commi 3 e 5, Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 27.7.2007, per aver la CTR rideterminato il valore dell’immobile oggetto di compravendita non applicando i criteri previsti sul piano normativo ed inquadrando il cespite in una zona differente da quella nella quale l’OMI stesso lo aveva collocato.

1.1. Il motivo è infondato.

In tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore del bene risultante delle quotazioni OMI pubblicate sul sito web dell’Agenzia delle entrate, atteso che queste non costituiscono fonte di prova del valore venale in comune commercio, il quale può variare in funzione di molteplici parametri (quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico), limitandosi a f(OMISSIS)re indicazioni di massima e dovendo, invece, l’accertamento essere fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti (Sez. 5, Sentenza n. 21813 del 07/09/2018). In particolare, le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell’Agenzia delle Entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova, ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicchè, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell’art. 115 c.p.c., comma 2, sono idonee solamente a “condurre ad indicazioni di valori di larga massima” (Sez. 6 5, Ordinanza n. 25707 del 21/12/2015).

Nell’ipotesi di contestazione di maggiori ricavi derivanti dalla cessione di beni immobili, la reintroduzione, con effetto retroattivo, della presunzione semplice, ai sensi della L. n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), art. 24, comma 5, che ha modificato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 ed il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, sopprimendo la presunzione legale (relativa) di corrispondenza del prezzo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, conv. in L. n. 248 del 2006, non impedisce al giudice tributario di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purchè dotato dei requisiti di precisione e di gravità, elemento che non può, tuttavia, essere costituito dai soli valori OMI, che devono essere corroborati da ulteriori indizi, onde non incorrere nel divieto di presumptio de presumpto (Sez. 5, Sentenza n. 9474 del 12/04/2017; conf. Sez. 5, Ordinanza n. 2155 del 25/01/2019). Orbene, proprio la valenza meramente indiziaria dei valori (OMISSIS) depone nel senso che ben poteva l’Agenzia del Territorio, come poi ha fatto, inquadrare, ovviamente argomentando il proprio operato, l’appartamento in oggetto in una zona ((OMISSIS); (OMISSIS) – (OMISSIS)) diversa da quella (B29; (OMISSIS) – (OMISSIS) – (OMISSIS)) nella quale formalmente lo stesso Osservatorio collocava l’immobile.

Nel caso di specie, la CTR ha condiviso i dati valutativi espressi dall’Ufficio ai fini del diverso inquadramento, rappresentati dall’essere la posizione del cespite “più vicina ed omogenea per caratteristiche con le zone (OMISSIS)-(OMISSIS)-(OMISSIS)”. D’altra parte, la CTP, a sua volta, aveva rideterminato in riduzione (da Euro 1.145.000,00 ad Euro 848.700,00) il valore del cespite sulla base della considerazione che lo stesso non dovesse essere esattamente ricompreso nella macrozona (OMISSIS), ossia (OMISSIS)-(OMISSIS)-(OMISSIS), utilizzata come parametro dall’Ufficio.

Non è contestato, poi, che, una volta inquadrato il bene all’interno della predetta zona, i valori fossero quelli indicati nelle sentenze emesse dai giudici di merito.

Invero, la ricorrente, dopo aver operato una ricostruzione sul piano normativo della vicenda (cfr. pagg. 9-11 del ricorso), evidenziando che, nella sostanza, i criteri dettati dal Provvedimento dell’AE del 2007 costituiscono mera rappresentazione dei principi già dettati dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, ha ritenuto si che i valori medi risultanti dall’applicazione dei criteri normativi vigenti fossero in linea con il prezzo indicato nell’atto di compravendita, ma previo inquadramento nella zona di minor pregio (OMISSIS)-(OMISSIS) (cfr. pagg. 12 e 14 del ricorso). Argomentando a contrariis, non è contestato che il valore rettificato al ribasso da parte dei giudici di merito, una volta inquadrato l’immobile nella zona più prestigiosa (OMISSIS)-(OMISSIS)-(OMISSIS), sia congruo.

D’altra parte, la CTP, sulla base del rilievo per cui via (OMISSIS) (angolo (OMISSIS)), in cui è ubicato l’immobile, è si confinante con via (OMISSIS) (che rientrerebbe nella zona (OMISSIS)), ma non ha il prestigio e/o il pregio di via (OMISSIS), ha ritenuto (cfr. pag. 17 del ricorso) applicabile la media dei valori delle due distinte zone (OMISSIS) considerate dall’Agenzia delle Entrate e dalla contribuente.

Per mera completezza, la circostanza che l’allora occupante del cespite (l’avv. Barbara) avesse rifiutato una proposta di vendita (da non confondere, peraltro, con un’offerta di acquisto proveniente da un potenziale acquirente), proveniente dalla società all’epoca proprietaria, per il corrispettivo di Euro 420.000,00 non potrebbe essere valorizzata (come, invece, fa la ricorrente a pagg. 13-14 del ricorso) per sostenere che quel prezzo fosse congruo, perchè il rifiuto può essere stato determinato dalle più diverse ragioni di carattere oggettivo o soggettivo (ad es., la necessità dell’occupante di trasferire la propria attività altrove, la necessità di trovare un appartamento di dimensioni maggiori o minori, la prevista chiusura a breve termine della stessa attività, la volontà di non impegnare una somma comunque rilevante, preferendo pagare periodicamente un canone, ecc.).

Nella determinazione finale del valore, la CTP, prima, e la CTR, poi, hanno valorizzato i dati oggettivi rappresentati dalla “posizione dell’immobile in zona centralissima, ottimamente servita da mezzi pubblici e caratterizzata da una elevata propensione all’attività terziaria”, nonchè il “pregio architettonico del palazzo in cui l’appartamento è sito”.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame, da parte della CTR, delle due perizie agli atti del giudizio attestanti, a suo dire, la congruità del prezzo dell’immobile rispetto ai valori di mercato.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Premesso che le prove a discarico offerte dalla contribuente presuppongono tutte l’inquadramento dell’immobile oggetto di compravendita nella zona (OMISSIS) di minor pregio (OMISSIS), la quaestio iuris, già analizzata con il primo motivo, non è rappresentata dalla inadeguatezza degli elementi istruttori dati dall’Ufficio ai fini della valutazione del cespite, bensì dall’esatto inquadramento dello stesso, non essendo revocabile in dubbio che, una volta inserito nella zona (OMISSIS), i valori dapprima indicati dall’Agenzia e poi ridotti dalla CTP rientrino nel range tra il minimo ed il massimo che contraddistingue quella zona.

Orbene, il motivo in esame sottopone alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito abbiano esposto in modo coerente le ragioni che giustificano la loro decisione, sicchè deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure queste – manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c. operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nuovo testo del n. 5 – non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

D’altra parte, fermo restando che la ricorrente ha omesso, in violazione del principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6), di trascrivere, almeno nei loro passaggi maggiormente significativi, le perizie di parte (essendosi limitata ad indicare – cfr. pag. 21 del ricorso – genericamente le caratteristiche che il tecnico di parte avrebbe preso in considerazione), la stessa non ha preso posizione espressamente sui dati oggettivi valorizzati dalla CTR (e riportati nell’analisi del primo motivo), avendo solo affermato (peraltro, con riferimento al primo motivo) in modo apodittico e generico (cfr. pag. 16 del ricorso) che l’elevata propensione per l’attività terziaria sarebbe “non discriminante per circa la metà della Zona (OMISSIS)” e che le caratteristiche architettoniche di pregio ovvero di interesse storico si adatterebbero “a circa la metà degli immobili della Zona (OMISSIS)”, laddove l’affermazione che l’immobile fosse “centrale rispetto ai parametri di riferimento delle quotazioni immobiliari individuate” non è proprio presente nella sentenza qui impugnata.

In definitiva, la CTR ha fatto menzione di elementi specifici che trascendono i valori (OMISSIS), quali il pregio architettonico e la posizione del cespite.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida, ciascun resistente-,) in complessivi Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2020

 

 

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