Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15871 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 29/07/2016, (ud. 11/07/2016, dep. 29/07/2016), n.15871

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1925-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

POLO GROUP SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DEL VIGNOLA 5, presso lo

studio dell’avvocato LIVIA RANUZZI, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUIGI QUERCIA giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 130/2010 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 25/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/07/2016 dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto e in subordine

accoglimento del ricorso per quanto di ragione sotto il profilo

motivazionale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso contro la sentenza 130/9/10 della CTR di Bari che aveva confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento (OMISSIS) nei confronti della Polo Group srl.

Con tale accertamento la Agenzia aveva determinato un minor credito Iva per recupero a tassazione di circa Euro 38.000 di Iva in riferimento a fatture illegittimamente emesse in regime di non imponibilità ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 41 nei confronti di imprese residenti in altri Stati dell’Unione Europea.

Si trattava di operazioni irregolari in quanto i codici identificativi delle aziende cessionarie aventi sede nella U.E. erano cessati, non attribuiti ad alcun soggetto ovvero attivati in epoca successiva alla cessione dei beni.

1.1 La controparte aveva affermato che in tali casi aveva utilizzato i codici comunicati dalle aziende cessionarie che in alcuni casi avevano mutato il codice identificativo rispetto a quello inizialmente comunicato. Asseriva che la regolarità e l’effettività delle operazioni risultava dai documenti di trasporto con relativa consegna della merce e dalle rimesse bancarie. La CTR, nel confermare la sentenza di primo grado, riteneva rilevante che la Agenzia delle Entrate non avesse offerto prova che gli acquirenti avevano cessato di essere soggetti passivi di imposta alla data di emissione delle fatture, rilevando che vi erano stati errori degli accertatori tali da rendere inattendibile l’intero accertamento. Peraltro la legge non obbliga il cedente alla verifica della correttezza del numero identificativo.

2. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento all’art. 2697 c.p.c.. Erroneamente si è posto a carico dell’amministrazione l’onere della prova laddove la norma che consente la non imponibilità ha carattere eccezionale, ponendo delle condizioni tra le quali la corretta indicazione del numero identificativo del cessionario. La carenza del requisito rende imponibili le operazioni.

2.1 Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in riferimento al D.L. n. 331 del 1993, art. 50 del laddove si è escluso che la norma citata imponga un obbligo di informazione a carico delle impresa che intenda ottenere la possibilità di fruire della trattamento fiscale più vantaggioso.

3. Polo Group srl ha presentato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è parzialmente fondato.

1. La indicazione erronea del codice identificativo del cessionario nel caso di cessioni intracomunitarie non può essere ritenuta ragione che faccia venir meno la possibilità di applicazione del regime di non imponibilità di cui alla normativa citata; non può, difatti, ritenersi un requisito sostanziale.

Nel contempo, però, diventa necessaria la dimostrazione che, pur a fronte della indicazione erronea che non consente l’ordinario funzionamento del sistema di gestione degli scambi intracomunitari sotto il profilo fiscale, le operazioni siano effettive. L’onere di dimostrarlo, quindi, non può che spettare al soggetto che invoca il regime speciale e che non ha rispettato gli obblighi formali per dimostrare la natura dell’operazione:

1.1 In tema di IVA, le cessioni intracomunitarie sono effettuate in regime di non imponibilità, ex D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 50, commi 1 e 2, convertito, con modificazioni, in L. 29 ottobre 1993, n. 427, così consentendo il pagamento dell’imposta nel solo Stato dell’Unione Europea in cui il bene è destinato al consumo, anche nel caso in cui negli elenchi riepilogativi che gli operatori intracomunitari sono tenuti a compilare sia riportato un codice identificativo cessato del corrispondente comunitario, incorrendosi altrimenti nel divieto di doppia tassazione, atteso che si tratta di un requisito formale la cui mancata o non corretta indicazione assume specifico rilievo, ai fini del diniego della non imponibilità della cessione, esclusivamente qualora impedisca la dimostrazione certa della sussistenza dei requisiti sostanziali dell’operazione intracomunitaria Sez. 5, Sentenza n. 26466 del 17/12/2014 (Rv. 633656).

In tema IVA, le cessioni intracomunitarie, a norma del D.L. n. 331 del 1993, art. 50, commi 1 e 2, sono effettuate senza applicazione d’imposta nei confronti dei cessionari e dei commitenti che abbiano comunicato il numero di identificazione attribuito dallo Stato di appartenenza. Per accedere al regime esente, però, non basta che gli esercenti imprese, arti e professioni indichino tale numero nella documentazione relativa allo scambio intracomunitario, ma occorre anche che il soggetto attivo dello scambio dia impulso ad una apposita procedura di verifica, richiedendo al Ministero la conferma della validità attuale del numero di identificazione attribuito al cessionario. In assenza di tali adempimenti, legittimamente l’Ufficio finanziario può ritenere che lo scambio abbia carattere nazionale e procedere al recupero dell’IVA, restando onere del contribuente provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo. (Sez. 5, Sentenza n. 3603 del 13/02/2009, Rv. 606843).

1.2 Quindi, pur se è infondata la pretesa della ricorrente di far cadere del tutto il regime di non imponibilità, è comunque del tutto erronea la decisione impugnata laddove ritiene che sia onere della Agenzia delle Entrate dimostrare che le operazioni non siano effettive.

A fronte della carenza formale del documento, spetta invece al contribuente dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto che consentono la applicazione del dato regime fiscale che, si ribadisce, deroga a quello ordinario.

2. La sentenza ha comunque ritenuto regolare, sia per non esservi gli errori In questione, che per risultare altri elementi indicativi della effettività delle operazioni, le cessioni in favore del cliente “Walmsley Furnishing” (per Euro 165.411). Con riferimento a tali fatture, quindi, il ricorso deve essere rigettato.

2.1 va invece disposto l’annullamento con rinvio per nuovo esame in riferimento alle altre fatture. La società contribuente, difatti, deduce di aver depositato documentazione per dimostrare la effettività della cessione e dei pagamenti, senza che vi sia stata verifica da parte della CTR che ha ritenuto che, comunque, l’onere della prova dovesse spettare alla Agenzia delle Entrate. Il giudice di rinvio, quindi, dovrà valutare se per tali diverse fatture vi sia o meno prova della effettività delle operazioni.

PQM

In accoglimento parziale del ricorso cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione e rinvia alla CTR della Puglia in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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