Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15871 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 08/06/2021), n.15871

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35233-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

B.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIA LAZZERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1238/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL VENETO, depositata il 07/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 1238/01/2018, depositata il 7 novembre 2018, con la quale la Commissione tributaria regionale del Veneto (quale giudice del rinvio disposto da questa Corte con l’ordinanza del 16/05/2017, n. 20365), ha rigettato il suo appello contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Venezia, che aveva accolto, dopo averli riuniti, i ricorsi proposti dal contribuente B.P. contro gli avvisi in materia di Irpef, Irap ed Iva, con i quali l’Ufficio, relativamente agli anni d’imposta 2008 e 2009, all’esito di indagini finanziarie, aveva accertato maggiori ricavi non dichiarati, con la conseguente determinazione delle maggiori imposte dovute, oltre agli interessi ed alle sanzioni.

Il contribuente si è costituito con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Il contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo l’Amministrazione deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, e dell’art. 2697 c.c..

Premette la ricorrente che la sentenza impugnata è stata emessa dalla CTR quale giudizio del rinvio dopo che questa Corte, con l’ordinanza del 16/05/2017, n. 20365, aveva accolto il ricorso erariale, cassando la sentenza impugnata per la motivazione apparente rassegnata dal giudice d’appello.

Tuttavia, secondo la ricorrente, anche la sentenza emessa dal giudice del rinvio sarebbe errata, in diritto, laddove ha ritenuto che i versamenti effettuati sul conto corrente acceso presso la Banca Mediolanum s.p.a., cointestato al contribuente ed alla moglie, sono stati giustificati dallo stesso B., in quanto “trovano negli anni di contestazione 2008-2009 perfetta corrispondenza con movimentazioni di segno opposto e di identico importo effettuate sul conto corrente di Poste Italiane Spa. Tale circostanza porta a ritenere che tali operazioni debbano essere qualificate come investimenti/disinvestimenti operati nel corso dell’anno e comunque non viene sostanzialmente modificato il capitale iniziale nel corso degli anni presi in esame”.

Assume l’Agenzia che la presunzione legale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, derivante dai versamenti in questione, può essere vinta esclusivamente qualora il contribuente dia la prova, specifica ed analitica, della non imponibilità di ciascuno dei relativi movimenti finanziari, ovvero che essi non hanno rilevanza al fine della determinazione del reddito.

Il giudice a quo, secondo la ricorrente, non avrebbe effettuato tale rigorosa verifica dell’assolvimento dell’onere probatorio, gravante ex lege sul contribuente, avendo erroneamente ritenuto sufficiente l’asserita correlazione delle somme in questione da “investimenti/disinvestimenti operati nel corso dell’anno”, senza che tale generica circostanza possa ritenersi tuttavia equivalente alla non imponibilità che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, configura quale oggetto necessario della prova liberatoria.

Il motivo – che, come dedotto dal controricorrente anche nella memoria, è circoscritto esclusivamente al rilievo concernente le indagini finanziarie ed è estraneo all’ulteriore rilievo pure oggetto della medesima sentenza, ma non impugnato- è, innanzitutto, ammissibile.

Infatti, al contrario di quanto eccepito dal controricorrente anche nella memoria, l’Ufficio non sollecita un mero riesame del giudizio di fatto espresso dalla CTR in merito alla valutazione delle prove offerte dalle parti, ed in particolare riguardo alla prova liberatoria fornita dal contribuente. Pertanto, non essendo il motivo qualificabile come proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non sussiste l’inammissibilità per la c.d. doppia conformità, di cui all’art. 348 ter c.p.c., eccepita dal controricorrente.

Viceversa, l’Amministrazione censura la sentenza impugnata con riferimento all’interpretazione ed all’applicazione del ridetto D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, in materia di attribuzione dell’onere probatorio al contribuente e del contenuto della prova liberatoria gravante su quest’ultimo.

Premesso che è pacifico che nel caso di specie si controverta esclusivamente di versamenti su conti nella disponibilità del contribuente, la norma più volte citata dispone che “I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del n. 7) e dell’art. 33, commi 2 e 3, o acquisiti ai sensi del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 18, comma 3, lett. b), sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; (…)”.

La disposizione configura pertanto una presunzione che, avendo fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729, c.c., per le presunzioni semplici.

In ordine alla prova liberatoria che il contribuente ha l’onere di fornire, questa Corte ha chiarito che “In tema di accertamenti bancari, poichè il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione.” (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10480 del 03/05/2018).

Successivamente, è stato ribadito, anche recentemente, che “In tema di accertamenti bancari, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c., per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze.” (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 13112 del 30/06/2020).

Nel dettaglio, poi, la prova, non generica ma analitica (sul punto, cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26111 del 30/12/2015 e la copiosa giurisprudenza ivi richiamata), deve essere “idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 2010, n. 22179 del 2008 e n. 26018 del 2014)” (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 13112 del 30/06/2020, cit., in motivazione).

A tale dimensionamento dell’onere della prova gravante sul contribuente corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica.

Nella fattispecie sub iudice, il giudice d’appello non ha fatto corretta applicazione di tali canoni giuridici, laddove ha argomentato in ordine alle giustificazioni delle movimentazioni nel loro complesso, con riferimento alla massa “bancaria” comparata a quella “postale”, non dando conto di aver effettuato quella necessaria verifica analitica dell’assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente e conformato come si è appena chiarito.

Inoltre, per come esposto nella sentenza impugnata, lo stesso esito della verifica (comunque non analitica) non risulta valutato alla stregua dei predetti principi normativi e giurisprudenziali in tema di prova contraria alla presunzione legale applicabile.

Infatti, la mera corrispondenza tra movimentazioni di segno opposto tra due conti correnti (uno postale e l’altro bancario), entrambi nella disponibilità del medesimo contribuente, e la generica globale classificazione degli stessi movimenti come “investimenti/disinvestimenti operati nel corso dell’anno”, non costituisce, di per sè sola, necessariamente dimostrazione che si tratti di movimentazioni bancarie non riferibili ad operazioni imponibili, in quanto nulla chiarisce in ordine alla non imponibilità delle somme che, nel medesimo contesto temporale preso in considerazione dalle indagini bancarie, siano state “investite”, “disinvestite” e versate sul conto corrente bancario (cfr., in tema di disinvestimento, altresì Cass., Sez. 5 -, Ordinanza n. 29572 del 16/11/2018).

Pertanto, il motivo va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo per ogni accertamento in fatto, nel contesto del quale troveranno eventualmente spazio, secondo i principi che regolano l’ambito del giudizio di rinvio, le considerazioni e le deduzioni fattuali di cui alla memoria del contribuente, che non possono essere apprezzate in questa sede di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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