Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15870 del 26/06/2017
Cassazione civile, sez. lav., 26/06/2017, (ud. 09/03/2017, dep.26/06/2017), n. 15870
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10561-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA,
che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
C.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che
lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3160/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 02/05/2011 r.g.n. 8518/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/03/2017 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CERONI FRANCESCA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato CAMILLA NANNETTI per delega verbale Avvocato ARTURO
MARESCA.
Fatto
FATTI DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Roma del 26.4.2007 C.A., già dipendente a termine di Poste Italiane spa, reintegrato in servizio in via giudiziaria a seguito dell’accertamento della nullità del termine, agiva nei confronti del datore di lavoro per sentire dichiarare la illegittimità del provvedimento di trasferimento del 12 ottobre 2005, con il quale veniva assegnato alla sede di (OMISSIS) e per la condanna del datore di lavoro a disporre la sua assegnazione presso l’ufficio postale di provenienza o, comunque, presso uno degli uffici postali non eccedentari situati nello stesso Comune o, in via gradata, nella medesima provincia o regione.
Il Giudice del lavoro, con sentenza del 19-25.9.2007 accoglieva la domanda.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 8.4- 2.5.2011 (nr. 3160/2011), rigettava l’appello di Poste Italiane.
La Corte territoriale osservava che la gestione delle riammissioni in servizio per effetto di un provvedimento giudiziale dei dipendenti di Poste Italiane già assunti con contratto a tempo determinato era stata disciplinata con accordo sindacale del 29.7.2004. L’accordo prevedeva la assegnazione amministrativa del dipendente presso la struttura originaria; se tuttavia la stessa fosse compresa nell’elenco delle strutture di recapito cd. eccedentarie – e cioè ubicate nei Comuni con percentuale di personale stabile operante sul territorio superiore al 109% – che veniva trasmesso mensilmente alle organizzazioni sindacali- la società Poste Italiane avrebbe disposto il trasferimento del dipendente reintegrato in altro Comune non incluso nell’elenco, ubicato, in sequenza, nella stessa provincia ovvero nella stessa regione o in regioni limitrofe e, da ultimo, in altre regioni.
Tali condizioni costituivano, per accordo delle parti, le ragioni di carattere tecnico ed organizzativo legittimanti il trasferimento, richiamate dall’art. 37 del CCNL.
Nella fattispecie di causa la assegnazione del C. era avvenuta in violazione degli accordi. La procedura web applicata da Poste Italiane prevedeva il trasferimento del dipendente a termine riammesso in servizio soltanto su uffici con copertura inferiore al 106% escludendo, così, rispetto all’accordo collettivo, i Comuni con percentuale di personale stabile compresa tra il 106% ed il 109%.
Da ciò la irrilevanza della schermata web prodotta dalla società -che neppure aveva valenza probatoria perchè priva di attestazione e di firma – nonchè della prova testimoniale richiesta circa il funzionamento della procedura, generica ed irrilevante.
Negli accordi del 29 luglio 2004 le esigenze di copertura del servizio erano considerate ad altri effetti e si stabiliva che esse non potevano essere oggetto di un riequilibrio territoriale ma sarebbero state garantite con la immissione in servizio di personale non flessibile.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società POSTE ITALIANE spa, articolando due motivi, illustrati con memoria.
Ha resistito con controricorso C.A..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la società POSTE ITALIANE ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Con il motivo si censura la statuizione in sentenza della irrilevanza probatoria della schermata web prodotta dalla società in quanto carente di qualsiasi attestazione e firma.
La parte ricorrente ha dedotto che il documento – prodotto come allegato 7 alla memoria difensiva di primo grado- era vidimato e sottoscritto dal responsabile dell’Ufficio Risorse Umane Regionale centro (Dott. I.F.), che ne aveva anche attestato la conformità al documento digitale.
2. Con il secondo motivo la società POSTE ITALIANE ha censurato la sentenza – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, – per omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Il motivo investe la statuizione di mancanza di prova della indisponibilità di posti più prossimi alla sede di assegnazione originaria del C. e di irrilevanza del documento prodotto e della prova testimoniale articolata.
La società ha riportato in ricorso i capitoli della prova ed ha assunto la conformità della procedura seguita agli impegni assunti con l’accordo del 29.7.2004, nel quale era stata programmata- attraverso azioni di riequilibrio territoriale ovvero, in via secondaria, con l’utilizzo di personale non flessibile – una copertura del servizio di recapito compresa tra il 106% ed il 109%.
Ha riprodotto nel presente ricorso la parte dell’accordo relativa al personale a tempo determinato riassunto in servizio con ordine giudiziale.
Ha esposto che la procedura web utilizzata- che elaborava le informazioni relative all’elenco dei Comuni eccedentari (con copertura superiore al 109%) e dei Comuni non eccedentari (con copertura delle zone di recapito inferiore o uguale al 109%) – aveva individuato il Comune di Carpi come struttura disponibile più vicina alla sede originaria al momento della riammissione in servizio del dipendente. Ha precisato di avere depositato (come documento nr. 9) l’elenco -estratto dal programma web – dei Comuni eccedentari intermedi tra la sede di provenienza (Roma) e la sede di destinazione ((OMISSIS)), riprodotto in questa sede; inoltre era stata richiesta prova testimoniale sulla veridicità dei dati documentali, riproposta nel grado di appello.
La società ha denunziato l’errore commesso dal giudice dell’appello, essendo mutate le esigenze aziendali nel periodo compreso tra la cessazione del contratto a termine, nel settembre 2002 e la emissione dell’ordine giudiziale di reintegra, intervenuto a distanza di tre anni.
Il lavoratore, del resto, non aveva contestato nè la eccedentarietà degli uffici ubicati nel Comune di Roma nè la disponibilità del posto presso l’ufficio di destinazione.
I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.
Il secondo motivo non è conferente alla ratio decidendi della sentenza.
La Corte di merito ha ritenuto la irrilevanza dei documenti prodotti e dei capitoli di prova articolati dalla società Poste Italiane osservando in via preliminare che il programma web della società sulla base del quale era stato giustificato il trasferimento non rispettava le prescrizioni dell’accordo del 29.7.2004 sulla riammissione in servizio dei dipendenti a termine reintegrati con ordine giudiziale.
In particolare il giudice dell’appello ha interpretato l’accordo nel senso che esso prevedeva la eccedentarietà soltanto dei Comuni con indice di copertura del servizio di recapito superiore al 109% mentre – per quanto rappresentato dalla stessa società Poste Italiane nell’atto d’appello- la procedura informatica individuava i Comuni disponibili sulla base di un elenco diverso, che includeva soltanto i Comuni con copertura del servizio inferiore al 106% ed escludeva così, contrariamente a quanto previsto nell’accordo, i Comuni con indice di copertura del servizio compreso tra il 106% ed il 109%.
Per contestare tale statuizione la società ricorrente avrebbe dovuto dedurre o l’errore commesso dal giudice del merito nell’ interpretare l’atto di appello- in punto di funzionamento del programma informatico di assegnazione delle sedi – ovvero, a monte, nell’interpretare l’accordo del luglio 2004, con il quale la società Poste Italiane regolamentava in sede collettiva il proprio potere di trasferimento.
La società si è limitata, invece, a riprodurre il contenuto dei documenti e dei mezzi di prova ed a dedurre la eccedentarietà del Comune di Roma; ciò senza neppure considerare che la sentenza di primo grado, confermata in appello, individuava la disponibilità di posti, sulla base di una corretta applicazione dell’accordo sindacale, non nel Comune di Roma ma in “numerosi altri Comuni (sempre) nella Provincia di Roma” (si veda a pagina 2 della sentenza impugnata).
Da quanto osservato consegue il difetto di interesse del ricorrente all’esame del primo motivo di ricorso giacchè dal suo eventuale accoglimento non potrebbe derivare la cassazione della sentenza, stante la definitività della statuizione di irrilevanza del documento rispetto ai fatti da provare.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2017