Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1587 del 26/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 26/01/2021), n.1587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende.

– ricorrente –

contro

S.E., elettivamente domiciliata in Roma, via G.

Pisanelli n. 2 presso lo studio dell’Avv. Stefano Di Meo che la

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’Avv.

Alessandro Giovannini, per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 51/30/11 della Commissione

tributaria regionale della Toscana, depositata il 28 giugno 2011.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19 novembre 2020 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

 

Fatto

RILEVATO

che:

S.E. impugnò l’avviso di accertamento relativo a Irpef dell’anno di imposta 2004, emesso a seguito di maggior reddito accertato, ai fini IVA e IRAP della stessa annualità, nei confronti della Planet Movie Cafè di R.F. & C. s.n.c., di cui era socia.

L’adita Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara, dato atto del deposito di sentenza emessa dalla C.T.P. di La Spezia che aveva parzialmente ridotto il reddito accertato a carico della Società, riduceva conseguenzialmente il reddito da partecipazione della socia.

La decisione, appellata dall’Agenzia delle entrate, veniva confermata, con la sentenza in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale della Toscana (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.).

Il Giudice di appello, rilevato che la Commissione tributaria regionale ligure, aveva confermato la decisione di primo grado emessa nei confronti della Società, riteneva che tale pronuncia vanificasse l’appello proposto dall’Ufficio, dal momento che il reddito del socio (oggetto del presente giudizio) rimane cristallizzato in funzione della rideterminazione del reddito della società.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso, su due motivi, l’Agenzia delle Entrate.

S.E. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione dell’art. 2909 c.c., per avere la C.T.R. riconosciuto la pregiudizialità e dipendenza della controversia, promossa dal socio, da quella sul reddito della Società di persone e ridotto il reddito, accertato in capo al socio, a seguito della riduzione del reddito accertato in capo alla Società ad opera della sentenza n. 50/03/08 (confermata in appello), senza considerare che tale sentenza non era definitiva per essere stata impugnata con ricorso per cassazione.

2. Con il secondo motivo si deduce, in subordine, l’omessa applicazione dell’art. 295 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

3. In continuità ai principi fissati da questa Corte (v. Cass. n. 8614 del 15/04/2011: “nel caso in cui il giudicato esterno fra le stesse parti si sia formato a seguito di una sentenza della Corte di cassazione, i poteri cognitivi del giudice di legittimità possono pervenire alla cognizione della precedente pronuncia anche mediante quell’attività d’istituto (relazioni preliminari ai ricorsi e massime ufficiali) che costituisce corredo della ricerca del Collegio giudicante e tale esercizio del potere ufficioso non comporta violazione del diritto di difesa delle parti perchè esse sono a conoscenza della formazione del precedente giudicato”) va rilevata, d’ufficio, l’esistenza di un giudicato esterno costituito dalla sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 240/07/2010, depositata il 29.11.2010, avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento emesso, per la medesima annualità (2004), nei confronti della Società. Questa Corte, infatti, con ordinanza n. 2662 del 30 gennaio 2019 ha rigettato il ricorso proposto avverso tale sentenza dall’Agenzia delle Entrate.

3.1. Costituisce, invero, principio fermo di questa Corte quello per cui “l’esistenza del giudicato esterno è, a prescindere dalla posizione assunta in giudizio dalle parti, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, trattandosi di un elemento che può essere assimilato agli elementi normativi astratti, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto; sicchè, il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione (Cass. n. 16847 del 26/06/2018 e, in termini Cass. n. 25432 del 26/10/2017). Si è, altresì, condivisibilmente, statuito che “in materia di cosa giudicata costituisce “ius receptum” che i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata impongono al giudice di rilevare d’ufficio, anche in sede di legittimità, il giudicato esterno, sia che questo risulti dagli atti del giudizio di merito, sia nel caso in cui si formi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, ed anche prescindendo da eventuali allegazioni in tal senso delle parti, purchè risulti, dall’esame dei rispettivi scritti difensivi, che esse abbiano avuto piena conoscenza della pendenza di altro giudizio (Cass. n. 6102 del 17/03/2014).

4. Ciò posto, non appare revocabile in dubbio che, nella specie, sussistano i presupposti per rilevare d’ufficio il giudicato esterno, atteso che, come emergente dagli atti e dagli scritti difensivi delle parti, le stesse erano a perfetta conoscenza della pendenza del giudizio a carico della Società, cui, peraltro, aveva partecipato, personalmente, l’attuale controricorrente socia; circostanza, questa, che rende integro il contraddittorio alla luce dei principi fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza del 4 giugno 2008, n. 14815.

5. Non appare, altrettanto, revocabile in dubbio -attesi, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascuno di costoro, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi- l’efficacia vincolante del giudicato formatosi sul reddito accertato nei confronti della Società sul giudizio avente ad oggetto il reddito della socia di società di persone.

6. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

7. Atteso il rilievo ufficioso, le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti.

8. Il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del medesimo art. 13, comma 1-bis, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021

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