Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15869 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 08/06/2021), n.15869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25124-2019 proposto da:

EMMEBI MULTIUTILITY SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 6,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CHIARI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANGELO PETRACCA;

– ricorrente –

contro

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

213, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA ESPOSITO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FLAVIO TOMMASINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 147/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 21/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Brescia ha accolto l’appello di F.F. e, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto l’opposizione al precetto proposta dalla società Emmebi Multiutility srl in liquidazione;

2. la Corte territoriale ha premesso che con sentenza n. 789/2014 il Tribunale di Brescia ha condannato la Emmebi Multiutility srl a pagare al F. la somma netta di Euro 67.500,00 a titolo di indennità sostitutiva della reintegra; che tale somma è soggetta agli oneri fiscali (e non a quelli contributivi); che la società datoriale avrebbe potuto limitarsi a versare all’ex dipendente la somma netta di cui sopra solo qualora avesse dimostrato l’avvenuto pagamento delle imposte; che tale prova non era stata fornita dalla società, benchè sollecitata dalla Corte d’appello; che pertanto legittimamente il F. aveva intimato il pagamento della differenza tra l’importo lordizzato della indennità sostitutiva della reintegra e la somma ricavata dalla procedura di espropriazione mobiliare presso terzi intrapresa in danno della Emmebi Multiutility srl, calcolata anch’essa al lordo;

3. avverso tale sentenza la Emmebi Multiutility srl ha proposto ricorso per cassazione; F.F. ha resistito con controricorso;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

5. con successiva memoria la Emmebi Multiutility srl in liquidazione ha chiesto che fosse disposta l’interruzione del processo a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese in data 17.12.2020, documentata mediante allegazione della visura camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. preliminarmente, deve respingersi l’istanza di interruzione del processo;

7. nel giudizio di cassazione, che è dominato dall’impulso di ufficio, non sono applicabili le comuni cause interruttive previste dalla legge in generale, sicchè la cancellazione dal registro delle imprese in data successiva alla proposizione del ricorso, debitamente comunicata dal difensore, non determina l’interruzione del processo (v. Cass. n. 2625 del 2018; n. 3323 del 2014);

8. col ricorso in esame si chiede la riforma della sentenza d’appello sulla base dei seguenti rilievi: il Tribunale di Brescia con sentenza n. 789/14 ha condannato la società a pagare la somma netta di Euro 67.500,00 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso; a seguito della procedura esecutiva RG n. 2071/13 promossa nei confronti del terzo pignorato Sparkasse Cassa di Risparmio, il F. ha recuperato la somma di Euro 71.668,48, comprensiva di capitale e spese; il medesimo in data (OMISSIS) ha notificato alla società atto di precetto intimando il pagamento dell’ulteriore somma di Euro 23.711,09; la società ha proposto opposizione al precetto per inesistenza del titolo e, comunque, per essere stato il F. interamente soddisfatto a seguito della citata procedura esecutiva; dal verbale di detta procedura risulta come lo stesso F. avesse chiesto l’assegnazione di somme nella misura riconosciuta dal Tribunale di Brescia, cioè Euro 67.500,00; nei conteggi prodotti il predetto ha riconosciuto di avere predisposto l’atto di precetto dopo aver lordizzato la somma netta e che l’importo di Euro 91.166,94 “tiene notoriamente conto dell’incidenza del calcolo della retribuzione globale di fatto della tredicesima mensilità”, così dimostrando di non rivendicare anche in tale sede la differenza tra quanto liquidato dal giudice e quanto la società avrebbe dovuto versare a titolo di oneri fiscali; nel computo allegato risultano inseriti gli oneri contributivi e le ritenute Irpef, senza che il lavoratore onerato avesse fornito prova del mancato versamento degli oneri fiscali da parte della società oppure di aver ricevuto richiesta di pagamento dall’Agenzia delle Entrate; il terzo pignorato ha dato atto di aver operato una ritenuta di Euro 13.669,12 sulla somma corrisposta al creditore e che non vi è stata alcuna contestazione in merito da parte dell’Agenzia delle Entrate; non sussiste responsabilità solidale del sostituito in caso di mancato versamento da parte del sostituto che abbia, comunque, operato le ritenute;

9. il ricorso si palesa inammissibile per più ragioni;

10. anzitutto perchè non articolato attraverso la denuncia di uno dei vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1; il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione; nel caso in esame mancano del tutto argomentazioni chiare ed esaurienti, idonee ad illustrare la inosservanza di norme o principi di diritto, oppure l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio;

11. inoltre, il ricorso reca plurimi riferimenti ad atti processuali, verbali di causa, conteggi e documenti che non risultano minimamente trascritti nè depositati e di cui non si specifica neanche la sede processuale di collocazione, in evidente contrasto con le prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (v. Cass., S.U, n. 22726 del 2011; Cass. n. 19069 del 2011; n. 20535 del 2009; n. 15628 del 2009; n. 29279 del 2008);

12. il ricorso va quindi dichiarato inammissibile;

13. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

14. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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