Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15868 del 26/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 26/06/2017, (ud. 07/03/2017, dep.26/06/2017),  n. 15868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12779-2011 proposto da:

DEL VECCHIO COSTRUZIONI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio

dell’avvocato NICOLA PETRACCA, rappresentata e difesa dagli avvocati

ROBERTO MORANTE, MAURIZIO RUMOLO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS)

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

ANTONINO SGROI, ENRICO MITTONI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO,

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2860/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/05/2010 R.G.N. 1333/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2017 dal Consigliere Dott. DORONZO ADRIANA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ANDREA SOLFANELLI per delega Avvocato MAURIZIO

RUMOLO;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata in data 10/5/2010, ha rigettato l’appello proposto da Del Vecchio Costruzioni s.p.a., società in liquidazione, contro la sentenza resa dal tribunale che aveva dichiarato inammissibile in quanto tardiva l’opposizione proposta dalla società appellante, con ricorso depositato il 23/12/2005, contro la cartella di pagamento notificata nell’interesse dell’INPS in data 10/4/2003, e dunque oltre il termine fissato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24.

A fondamento della sua decisione la Corte ha ritenuto che il termine previsto dalla norma citata ha natura perentoria ed il suo decorso non è sospeso nè interrotto dalla proposizione del ricorso in sede amministrativa, volto ad ottenere la sospensione dell’esecutività della cartella medesima.

Contro la sentenza la Del Vecchio Costruzioni s.p.a. propone ricorso per cassazione fondato su tre motivi cui resiste l’INPS, anche per conto della SCCI s.p.a. con controricorso, mentre Equitalia Polis s.p.a. non svolge attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la società denuncia la violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24. In linea di fatto, rileva di aver proposto in data 13/5/2003 ricorso in via amministrativa contro la cartella notificata il 10/4/2003 e con provvedimento del 16/5/2003 l’Inps aveva sospeso la cartella; con successiva richiesta del 3/6/2004 essa società aveva richiesto lo sgravio, poichè con sentenza n. 4990 del 28/2/2004 il tribunale aveva dichiarato infondata la pretesa contributiva dell’ente; ciò nonostante, l’Istituto, senza pronunciarsi sulla richiesta di sgravio, aveva revocato la sospensione a far tempo dal 20/12/2005. Ora, se si sommavano i giorni successivi alla notificazione della cartella fino all’istanza di sospensione (33 giorni) con quelli successivi alla revoca della sospensione fino alla data del ricorso (3 giorni), per un totale di 36 giorni, non era spirato il termine di 40 giorni previsto dalla norma indicata.

1.1. Il motivo è infondato alla luce dei precedenti di questa Corte, ai quali questo Collegio intende prestare adesione e dare continuità, secondo cui la proposizione del ricorso amministrativo non sospende la decorrenza del termine previsto dalla norma citata, il quale ha natura perentoria e produce l’effetto di rendere incontestabile la pretesa ivi consacrata (da ultimo Cass. 6/6/2016, n. 11596; v. pure Cass. 12/3/2015, n. 4978; Cass. 1/7/2008, n. 17978; Cass. 25/6/2007, n. 14692; Cass., ord. 15/10/2010,n. 21365). La perentorietà del termine esclude che la proposizione del ricorso amministrativo volto ad ottenere la sospensione della cartella possa determinare la sospensione del termine siccome non prevista dalla legge.

2. Con il secondo motivo la parte denuncia l’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, e assume che la Corte d’appello non avrebbe pronunciato sull’eccezione di giudicato esterno, sollevata con riferimento alla sentenza n. 4490 (recte: 4990) del 4/2/2004, con cui il Tribunale aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso su ricorso dell’Inps e riguardante il pagamento dei contributi derivanti dal diverso (preteso) inquadramento della sua attività, successivamente divenuti oggetto della cartella esattoriale opposta.

3. Il terzo motivo ha invece ad oggetto la denuncia di violazione del D.Lgs. cit., art. 24, e con esso la parte ripropone la medesima questione del giudicato, lamentando che la Corte territoriale non avrebbe dato rilievo alla pendenza tra le stesse parti del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, avente ad oggetto il merito della pretesa creditoria avversa, trascurando di considerare che pendendo già un giudizio di merito contro la pretesa dell’Inps, essa società non aveva alcun onere di proporre opposizione alla cartella esattoriale.

4. Entrambi i motivi, che si affrontano congiuntamente, sono inammissibili.

4.1. Al fine di dedurre utilmente in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere – dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente – per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito – dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (Cass. 4/7/2014, n. 15367; Cass. Sez. Un., 22/5/2012, n. 8077).

4.2. Nel caso in esame la parte non specifica con la richiesta precisione in che termini, con quale atto e in quale fase processuale la questione del giudicato, che si sarebbe formato successivamente al momento in cui la cartella esattoriale è divenuta definitiva, è stata sottoposta alla Corte territoriale, e tale specificazione appare vieppiù necessaria dal momento che la Corte si è occupata della pendenza di altro giudizio, ma per escluderne la rilevanza, osservando “la mera pendenza di altro giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo ad altre pretese contributive, seppure correlate all’inquadramento disposto d’ufficio”. Con il che, evidentemente, si è escluso che vi fosse una sentenza passata in giudicato tra le parti avente ad oggetto la medesima pretesa contributiva portata dalla cartella tardivamente opposta.

A ciò deve aggiungersi che, in questa sede, la parte non si preoccupa di trascrivere la cartella esattoriale opposta nè di fornire precisi elementi per un suo facile rinvenimento nei fascicoli di parte o d’ufficio delle precedenti fasi del giudizio, sicchè non è dato a questa Corte di vagliare la identità del credito oggetto della cartella esattoriale con quello portato nel decreto ingiuntivo poi revocato.

5. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della parte al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, in applicazione del principio della soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 6.000,00, di cui 200 per esborsi, oltre al 15% di rimborso spese generali e agli altri accessori di legge. Nulla sulle spese nei confronti della parte rimasta intimata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2017

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