Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15868 del 20/07/2011

Cassazione civile sez. un., 20/07/2011, (ud. 26/10/2010, dep. 20/07/2011), n.15868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Presidente di sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18284-2009 per regolamento di giurisdizione proposto

d’ufficio da:

TRIBUNALE DI MILANO con ordinanza del 17/07/2009 (r.g. n. 8509/2008)

nella causa tra:

M.J.I.;

– ricorrente non costituitosi in questa fase –

contro

QUESTURA DI MILANO;

– resistente non costituitosi in questa, fase –

sul ricorso 18287-2009 per regolamento di giurisdizione proposto

d’ufficio da:

TRIBUNALE DI MILANO con ordinanza del 17/07/2009 (r.g. n. 6014/2009)

nella causa tra:

M.J.I.;

– ricorrente non costituitosi in questa fase –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente non costituitosi in questa, fase –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.

Pasquale CICCOLO, il quale chiede che le Sezioni unite della Corte di

cassazione dichiarino inammissibile la questione di giurisdizione

sollevata d’ufficio dal Tribunale di Milano.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza in data 29 gennaio 2009, il tribunale di Milano – pronunciando sul ricorso proposto da M.J.I. avverso il provvedimento della Questura di Milano del 9 luglio 2008, con il quale è stata rigettata l’istanza di conversione di un permesso di soggiorno per motivi familiari, concesso a seguito di matrimonio con cittadina italiana, in permesso di lavoro, ritenendo inoltre che, trattandosi di persona socialmente pericolosa ed essendo cessata la convivenza con il coniuge, non poteva essere rilasciato neanche un permesso di soggiorno per motivi familiari – qualificata come di interesse legittimo la pretesa ad ottenere il titolo di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, in favore del giudice amministrativo;

che, con sentenza del 26 marzo 2009 il tar Lombardia, contestualmente adito dallo straniero, ha respinto il ricorso nella parte relativa al rigetto dell’istanza di conversione del permesso di soggiorno per motivi familiari in permesso di soggiorno per motivi di lavoro e lo ha dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nella parte in cui censurava il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari;

che, successivamente, M.J.I. ha proposto nuovamente in data 29 giugno 2009 ricorso al tribunale di Milano, esclusivamente per censurare il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari;

che il tribunale, con provvedimento del 17 luglio 2009, ritenendo che il ricorso era già stato esaminato e dichiarato inammissibile con la sentenza del 29 gennaio 2009 e rilevato che sulla questione si era già pronunciato il tar Lombardia ha sollevato d’ufficio conflitto davanti a questa corte;

che in relazione allo stesso provvedimento del tribunale di Milano sono state effettuate due diverse iscrizioni nel registro generale:

una al n. 18284 e l’altra al n. 18287 dell’anno 2009;

che il p.g. ha chiesto che sia dichiarata inammissibile la questione di giurisdizione sollevata d’ufficio dal tribunale di Milano;

RITENUTO IN DIRITTO Che i due procedimenti, aventi ad oggetto lo stesso conflitto di giurisdizione sollevato dal tribunale di Milano, debbono essere riuniti;

che la L. n. 69 del 2009, art. 59, comma 3, prevede che, se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate le sezioni unite della corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio tale questione davanti alle medesime sezioni unite della corte di cassazione, fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito;

che la norma è applicabile nella specie in virtù del principio secondo cui, in difetto di esplicite previsioni contrarie, le regole di natura processuale sono di immediata applicazione, perchè, pur essendo il giudizio instaurato prima dell’entrata in vigore della L. n. 89 del 2009, è rilevante la circostanza che al momento della decisione (17 luglio 2009) tale legge era già vigente;

che non può applicarsi la disciplina transitoria dettata dal precedente art. 58, comma 1, della citata legge che ha ad oggetto esclusivamente le norme, dettate negli articoli precedenti, che espressamente modificano le norme del codice di procedura civile e quelle per l’attuazione dello stesso codice, mentre l’art. 59 pur introducendo nuove regole processuali, non incide direttamente sulle disposizioni del codice e delle norme di attuazione;

che l’interpretazione dell’art. 58 cit, nel consentire una più ampia utilizzabilità del nuovo istituto del conflitto di giurisdizione d’ufficio, allarga la possibilità di prevenzione del conflitto negativo di giurisdizione con ciò contribuendo ad assicurare che possa più celermente pervenirsi alla decisione di merito;

che, tuttavia, il conflitto non è ammissibile perchè, come è espressamente previsto dall’art. 59, comma 3, il regolamento di giurisdizione d’ufficio può essere sollevato solo dal giudice successivamente investito mediante translatio iudicii (cass. 5022/2010) mentre nella specie il tribunale di Milano è stato adito con un nuovo e autonomo ricorso dello straniero, diverso da quello anteriormente proposto sia al tar Lombardia che allo stesso tribunale ordinario e in assenza di un provvedimento del giudice amministrativo di rimessione delle parti davanti al giudice ordinario;

che, secondo un’interpretazione estensiva dell’art. 363 c.p.c., comma 3, il potere officioso della Corte di pronunciare il principio di diritto può essere esercitato non solo quando l’inammissibilità riguardi il ricorso proposto dalle parti, ma anche quando attenga a questione sollevata d’ufficio dal giudice del merito, sussistendo in entrambe le ipotesi il superiore interesse ad affermare, nell’adempimento della funzione nomofilattica, la corretta e uniforme interpretazione della legge;

che, pertanto, deve affermarsi che, come è anche espressamente previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, comma 6 ed è già stato affermato da questa Corte (Cass. n. 383 del 2005) i ricorsi contro il diniego di permesso di soggiorno per motivi familiari debbono essere proposti davanti al tribunale ordinario.

P.Q.M.

La corte, riuniti i procedimenti, dichiara inammissibile il regolamento di giurisdizione. Afferma, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, che i ricorsi contro il diniego di permesso di soggiorno per motivi familiari debbono essere proposti davanti al tribunale ordinario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 26 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011

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