Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15868 del 10/07/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 15868 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 3107-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – società con socio unico in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
FIORILLO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
PICCOLI MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO
21, presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che la
rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 10/07/2014

avverso la sentenza n. 9534/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 7.12.2011, depositata 11 23/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

Ric. 2013 n. 03107 sez. ML – ud. 13-05-2014
-2-

3107/2013

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 13
maggio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione
redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“La Corte di appello di Roma in sede di rinvio da Cass. n. 18488/2008,

primo grado, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di
lavoro intercorso tra Poste Italiane s.p.a. e Piccoli Maria per il periodo
dall’11.11.98 al 30.1.99 ed accertava la intercorrenza di un rapporto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dall’11.11.98,
confermando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva condannato
la società a riammettere in servizio la Piccoli ed al pagamento delle
retribuzioni maturate dalla data della messa in mora, oltre accessori come
per legge.
Il termine al contratto era stato apposto ” per esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi
processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e di attesa
dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle
risorse umane”.
La Corte territoriale rilevava che detto contratto era stato stipulato
dopo lo spirare del termine massimo di vigenza della contrattazione che
autorizzava le ipotesi “ulteriori” di legittima apposizione del termine ai
contratti di lavoro con la società Poste Italiane (e cioè dopo il 30/4/1998).
Precisava, altresì, in ordine alla richiesta risarcitoria, che tale capo della
decisione della sentenza cassata era passato in giudicato atteso che la Corte
di Cassazione aveva dichiarato inammissibile il motivo di ricorso
articolato, sul punto, da Poste Italiane s.p.a..

con sentenza del 23 gennaio 2012, in parziale riforma della decisione di

Per la cassazione della sentenza propone ricorso Poste Italiane s.p.a.
affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la Piccoli.
Con il primo motivo del ricorso si deduce violazione e falsa applicazione
della L. 26 febbraio 1987, n. 56, art. 23, dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994,

del 2.7.1998, del 24.5.1999 e del 18.1.2001, in connessione con l’art. 1362
c.c. e segg. – art. 360 c.p.c., n. 3. Si assume che, facendo corretta
applicazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e segg., e, in
particolare, ricercando la volontà comune delle parti nello stipulare
l’integrazione all’art. 8 CCNL 1994, doveva concludersi che gli accordi
collettivi non fissavano alcun limite temporale alla stipula dei contratti a
termine.
Con il secondo motivo si deduce omesso esame circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio assumendosi che la Corte territoriale
aveva esposto in modo inidoneo le ragioni circa il rapporto, asseritamente
sussistente, tra il contratto collettivo, l’Accordo sindacale del 25.9.1997 ed i
successivi ed. accordi attuativi, in relazione alla esistenza del supposto
limite temporale.
Entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente
connessi, sono infondati.
Ed infatti, la costante giurisprudenza di questa Corte ritiene che la L. 28
febbraio 87, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione collettiva la
possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla
L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 nonché dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17,
art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di
apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una
vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non

2

nonché degli accordi sindacali del 25.9.1997, del 18.1.1998, del 27.4.1998,

sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque
omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).
Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale
nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui all’accordo integrativo
del 25.9.97, la giurisprudenza considera corretta l’interpretazione dei

stesso 25.9.97 e il 16.1.98, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano
convenuto di riconoscere la sussistenza dapprima fino al 31.1.98 e poi (in
base al secondo accordo) fino al 30.4.98 della situazione di fatto integrante
delle esigente eccezionali menzionate dal detto accordo integrativo. Per far
fronte a tali esigenze l’impresa poteva dunque procedere ad assunzione di
personale con contratto tempo determinato solo fino al 30.4.98, di modo
che debbono ritenersi privi di presupposto normativo i contratti a termine
stipulati successivamente. Le parti collettive, dunque, avevano raggiunto
un’intesa senza limite temporale ed avevano poi stipulato accordi attuativi
che tale limite avevano posto, fissandolo prima al 31.1.98 e dopo al
30.4.98, per cui l’indicazione di quella causale nel contratto a termine
avrebbe legittimato l’assunzione solo se il contratto fosse scaduto dopo il
30.4.98 (v., exp/unrnis, Cass. 23.8.06 n. 18378).
La giurisprudenza ha, altresì, ritenuto irrilevante l’accordo 18.01.01
perché stipulato dopo oltre due anni dall’ultima proroga, e cioè quando si
era già perfezionato il diritto all’accertamento della nullità. Anche se con
quell’accordo le parti avessero voluto interpretare autenticamente gli
accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine
effettuate senza la copertura dell’accordo 25.09.97 (ormai scaduto),
comunque sarebbe stato violato il principio dell’indisponibilità del diritto
dei lavoratori, dovendosi escludere che le parti stipulanti potessero, con
detto strumento, autorizzare ex post i contratti a termine non più legittimi

3

giudici di merito che, con riferimento agli accordi attuativi sottoscritti lo

perché adottati in violazione della durata in precedenza stabilita (vedi, per
tutte, Cass. 12.03.04 n. 5141).
L’esistenza delle esigente eccezionali è dunque negozialmente
riconosciuta fino al 30.04.98, di modo che la legittimità dei contratti a
termine stipulati entro tale data è basata su una ricognizione di fatto

23. Essendo stato il contratto della Piccoli stipulato per il periodo 11.11.98
— 30.1.1999 i motivi sono , come detto, infondati.
Col terzo motivo viene denunciata violazione dell’art. 32 L. n. 183/2010
erroneamente non applicato dalla Corte di merito.
Il motivo è inammissibile in quanto non conferente con la motivazione
della impugnata sentenza che ha evidenziato come il capo della sentenza
cassata relativo alle conseguenze risarcitorie derivanti dalla declaratoria di
nullità del termine apposto al contratto di lavoro era passato in giudicato,
come già sopra esposto.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone, ex art. 375 cod.
proc. civ., n. 5, il rigetto del ricorso.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
La Piccoli ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
Il Collegio condivide il contenuto e le conclusioni della relazione e,
quindi, rigetta il ricorso.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono
poste a carico della ricorrente società e vengono liquidate in favore della
Piccoli nella misura di cui al dispositivo con attribuzione all’avv. Roberto
Rizzo per dichiarato anticipo fattone.

P.Q.M.

4

derivante direttamente dal sistema normativo nato dall’attuazione dell’art.

La Corte, rigetta il ricorso, condanna la ricorrente società alle spese del
presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 4.000,00
per compensi professionali oltre al rimborso del 15% delle spese forfetarie
ed accessori come per legge, con attribuzione all’avv. Roberto Rizzo.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2014

Il Presidente

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA