Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15867 del 06/07/2010

Cassazione civile sez. III, 06/07/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 06/07/2010), n.15867

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.A. (OMISSIS), IFIT IMMOBILIARE FIORENTINI

TERZA S.R.L. (OMISSIS), FI.AD. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 213, presso lo studio

dell’avvocato REBOA ROMOLO, che li rappresenta e difende giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO VIA (OMISSIS) (OMISSIS), in persona del suo

Amministratore pro tempore Sig. S.R., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA ADA 57, presso lo studio

dell’avvocato GAMBERALE PAOLO, che lo rappresenta e difende giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

FANTAPAN S.R.L., G.G. (OMISSIS), F.

A. (OMISSIS), M.A., C.

S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1498/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 01/06/2007, depositata il 08/04/2008

R.G.N. 397/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2010 dal Consigliere Dott. LANZILLO Raffaella;

udito l’Avvocato REBOA ROMOLO;

udito l’Avvocato GAMBERALE PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ad. e F.A., avendo concesso in locazione alla s.r.l. Fantapan un locale seminterrato adibito a magazzino nel condominio di via (OMISSIS), hanno proposto azione di danno temuto nei confronti del Condominio, a causa di gravi infiltrazioni d’acqua nel locale e, successivamente, azione di risarcimento dei danni contro lo stesso Condominio, quantificandoli in L. 15.400.000 – quale importo dei canoni non riscossi dalla Fantapan a causa dei vizi dell’immobile – ed in L. 76.000.000 per il diminuito valore del bene, promesso in vendita alla s.r.l. IFIT. Contemporaneamente ha intimato sfratto per morosita’ alla conduttrice, la quale ha resistito, proponendo domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inidoneita’ del bene locato e di risarcimento dei danni.

Riunite tutte le cause ed intervenuta la IFIT nel giudizio per chiedere la condanna del Condominio al pagamento dei canoni maturati successivamente al suo subentro nella proprieta’ dell’immobile, con sentenza n. 16962/2001 il Tribunale di Roma ha condannato in solido i F. ed il Condominio a pagare alla Fantapan la somma di L. 141.300.000 in risarcimento dei danni; ha condannato il Condominio a pagare ai F. L. 12.434.200, in rimborso dei canoni di locazione non corrisposti dalla Fantapan, e ha respinto le domande di IFIT. Proposto appello principale dal Condominio e incidentale dai F. e da IFIT, a cui ha resistito Fantapan, con sentenza n. 1498/2008, notificata dal Condominio il 16.10.2008, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato risolto per inadempimento della Fantapan il contratto di locazione, condannando la conduttrice al pagamento dei canoni di locazione, nell’importo di Euro 4.544,82, e ha respinto le domande di risarcimento dei danni proposte dalla Fantapan e dai F. contro il Condominio.

Ad. e F.A. e la s.r.l. IFIT propongono cinque motivi di ricorso per cassazione, con atto notificato il 15 dicembre 2008.

Resiste con controricorso il Condominio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- La sentenza impugnata ha rigettato le domande di risarcimento dei danni proposte contro il Condominio, con la motivazione alla data della stipulazione del contratto di locazione i F. e la Fantapan erano a conoscenza del fatto che il locale era affetto da gravi infiltrazioni di umidita’ ed era inidoneo a fungere da deposito di generi alimentari, a cui la conduttrice intendeva adibirlo. Tanto e’ vero che i locatori avevano immediatamente proposto contro il Condominio la domanda di eliminazione delle infiltrazioni, e che il quest’ultimo aveva effettivamente eseguito lavori di sistemazione e ripulitura dei locali.

Ne’ il minor prezzo di vendita dell’immobile a IFIT, convenuto nel contratto definitivo rispetto alla promessa di vendita, costituiva sufficiente prova dell’effettiva diminuzione di valore dell’immobile.

2.- Il primo e il secondo motivo di ricorso – con cui i ricorrenti lamentano l’omessa o contraddittoria motivazione quanto all’idoneita’ dei locali oggetto di locazione ad essere utilizzati quale deposito alimentari, tenuto anche conto delle norme regolamentari in materia – vanno dichiarati inammissibili ai sensi dell’art. 366bis c.p.c., in accoglimento dell’eccezione sollevata dal resistente.

I ricorrenti hanno omesso di formulare un momento di sintesi delle censure, analogo al quesito di diritto, da cui risulti la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, o le ragioni per cui essa appare inidonea a giustificare la decisione impugnata: requisito richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. a pena di inammissibilita’ dei motivi di ricorso fondati su vizi di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. civ. Sez. Un. 1 ottobre 2007 n. 20603; Cass. civ. Sez. 3^ 16 luglio 2007 n. 16002, n. 4309/2008 e n. 4311/2008, fra le tante).

3.- Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione della L. n. 283 del 1962, art. 2, D.P.R. n. 303 del 1956, art. 8, artt. 35 e 42 Cost., per non avere la Corte di appello indicato le norme regolamentari dalle quali si dovrebbe desumere l’inidoneita’ dei locali e per non avere essa esaminato se fosse o meno possibile alla conduttrice ottenere l’autorizzazione all’esercizio della sua attivita’.

3.1.- Il motivo e’ manifestamente infondato.

La Corte di appello ha accertato, sulla base delle indagini tecniche acquisite al giudizio, che l’immobile locato presentava forti infiltrazioni di umidita’, anche per la sua ubicazione in luogo seminterrato e per difetti costruttivi derivanti dal mancato isolamento rispetto all’esterno. Tanto e’ vero che non era stata concessa a Fantapan alcuna autorizzazione sanitaria all’esercizio della sua attivita’ in luogo, e che da una certificazione del Comune di (OMISSIS) risultava che i locali erano stati in precedenza adibiti a magazzino per la rivendita di articoli termoidraulici.

Trattasi di motivazione logica e sufficiente, anche con riferimento alle nozioni di comune esperienza, a giustificare il giudizio di inidoneita’ dei locali, anche a prescindere dal richiamo di specifiche disposizioni di legge in materia.

Del resto, le disposizioni di legge sono state presumibilmente tenute presenti dal CTU, alle cui indagini e conclusioni la Corte di appello si e’ attenuta, nel formulare il suo giudizio.

A.- Il quarto e il quinto motivo, con cui i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 1440 e 2729 c.c.., sono inammissibili per l’inidonea formulazione dei quesiti.

Affinche’ il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. abbia i requisiti idonei ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso per Cassazione, e’ necessario che risulti individuata la discrasia tra la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, che deve essere indicata, e il principio di diritto che si chiede venga posto a fondamento della decisione, non essendo sufficiente che il ricorrente si limiti a prospettare genericamente la soluzione che ritiene debba accogliersi (Cass. civ. S.U. 14 febbraio 2008 n. 3519; Cass. civ. Sez. 3, 9 maggio 2008 n. 11535 e 30 settembre 2008 n. 24339).

Nella specie i quesiti risultano inammissibilmente generici, poiche’ non richiamano la fattispecie da decidere, ne’ i principi di diritto enunciati dalla sentenza impugnata, limitandosi a chiedere l’accoglimento delle domande dei ricorrenti, sulla base di presupposti di fatto conformi alle proprie tesi, apoditticamente presentati come certi e indiscutibili.

5.- Il ricorso deve essere rigettato.

6.- Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2010

 

 

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