Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15865 del 19/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/07/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 19/07/2011), n.15865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA D. CUCCHIARI 57, presso lo studio dell’avvocato TOSCANO

CAMILLO, rappresentato e difeso dall’avvocato BIONDO ERNESTO, giusta

mandato speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RICCIO ALESSANDRO, MAURO RICCI, PULLI CLEMENTINA, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 651/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

dell’11.6.09, depositata il 18/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO CURZIO;

udito per il controricorrente l’Avvocato Mauro Ricci che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO

FEDELI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

OSSERVA

Rilevato che P.E. ha presentato un ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, pubblicata il giorno 18 giugno 2009. nei confronti dell’INPS, che si è difeso con controricorso.

Rilevato che il ricorso non tiene conto della normativa dettata dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, in quanto, il primo motivo, con il quale si denunzia una violazione di legge, è privo del quesito di diritto, mentre il secondo motivo censura il giudice d’appello perchè non avrebbe “motivato il rigetto del gravame con argomenti rispondenti ai motivi d’appello”. In tal modo, in realtà, con tale ultimo motivo si denunzia non un vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ma una ulteriore violazione di legge, anche questa volta senza formulare il quesito di diritto.

Rilevato peraltro che il ricorso basa le sue censure su alcuni documenti concernenti il reddito, che non vengono prodotti con il ricorso per cassazione, ma che si afferma essere stati prodotti nel giudizio di merito, senza specificazioni in ordine al punto degli atti processuali in cui si trovano.

Rilevato che le Sezioni unite, con la ordinanza n. 7161 del 2010, hanno affermato: “In tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto;

tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento;

c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso”.

Rilevato che con sentenza della sezione lavoro 7 febbraio 2011, n. 2966 si è specificato che il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere (imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) di indicare esattamente nel ricorso in quale fase processuale è stato prodotto e in quale fascicolo si trovi il documento in questione, oltre che di riportarne il contenuto in ricorso.

Rilevato che il ricorso è pertanto inammissibile e che, considerata l’epoca di deposito del ricorso introduttivo, le spese devono essere poste a carico della parte che perde il giudizio.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare all’INPS le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 30,00, oltre Euro 1.000,00 (mille) per onorari ed accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

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