Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15864 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 29/07/2016, (ud. 20/06/2016, dep. 29/07/2016), n.15864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16757-2010 proposto da:

IGLOM ITALIA SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA POMPEO MAGNO 1, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA ZINCONE, che lo rappresenta e difende

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/2009 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata l’08/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito per il ricorrente l’Avvocato FERRARA per delega dell’Avvocato

ZINCONE che ha chiesto l’accoglimento; udito per il controricorrente

l’Avvocato CASELLI che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona dei Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO RICCARDO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Iglom Italia s.p.a. ricorre, sulla base di tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con tempestivo controricorso), per la cassazione della sentenza n. 55/9/09 della CFR di Firenze in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento per Irpeg, Irap ed Iva, relativi all’anno 2002.

La decisione impugnata, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso della società contribuente, pronunziando sull’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha determinato l’ammontare tassabile per maggiori ricavi in Euro 104.532,97 con conseguente riduzione della sanzione pecuniaria Per quel che qui rileva, la statuizione di parziale accoglimento è stata fondata sulla considerazione che la società resistente, “in qualche modo” aveva ammesso la esistenza di maggiori ricavi assoggettabili a tassazione, anche se non nella misura, pari a Euro 218.882,00 accertata nell’avviso impugnato. Dalla somma indicata nell’avviso, secondo la CTR, doveva, infatti, scorporarsi l’importo di Euro 114.348,73, imputabile non a ricavi ma a costi sostenuti dalla società ed in quanto tali insuscettibili di fatturazione; l’importo pertanto effettivamente assoggettabile a tassazione era dato dalla differenza tra i due valori e quindi pari a Euro 104.533,27.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo parte ricorrente deduce nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e del principio di non contestazione.

Premette di avere riproposto nelle controdeduzioni in appello, tutte le eccezioni e questioni sollevate in prime cure in punto di integrale illegittimità ed infondatezza delle pretese impositive e sanzionatorie avversarie; precisa, inoltre, di avere, in tale sede, specificato che l’ammontare dei presunti maggiori ricavi tassabili determinato dall’Ufficio in Euro 218.882,00 era errato giacchè l’importo di Euro 114.348, 73 andava imputato non a ricavi ma a costi sostenuti dalla società per l’acquisto dei prodotti in eccedenza esistenti nel magazzino; solo nell’ipotesi in cui non fosse stato ritenuto fondato il motivo principale del ricorso, i maggior ricavi assoggettabili a tassazione avrebbero dovuto essere stimati in Euro 104.532,97, pari alla differenza tra l’ammontare dei ricavi determinato dall’Ufficio e l’importo imputabile a costi sostenuti da essa società, come sopra determinato. Censura, quindi, la decisione per avere omesso di pronunziare sulla domanda principale riproposta nell’atto di controdeduzioni in appello e per violazione del principio di non contestazione. Sotto quest’ultimo profilo sostiene, infatti, l’errore della decisione per avere ritenuto ammessa e, quindi, pacifica, l’esistenza di un ammontare di ricavi non assoggettati a tassazione, per l’importo di Euro 104.532,97.

Con il secondo motivo deduce erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del principio di ripartizione dell’onere della prova nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54. Censura, in sintesi, la decisione per avere affermato la parziale fondatezza delle pretese impositive e sanzionatorie controverse sulla base della sola ritenuta parziale ammissione della contribuente e nonostante la CTR, avesse mostrato di escludere l’attendibilità della ricostruzione dell’imponibile operata dall’Ufficio.

Con il terzo motivo deduce erroneità della sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, costituito dall’esistenza di discrasie tra le giacenze contabilizzate dalla contribuente e le rimanenze fisiche rinvenute dagli organi accertatoti nell’ambito della verifica relativa ai prodotti (materie prime e beni finiti) lavorati e realizzati dalla medesima contribuente.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati, con effetto di assorbimento del terzo motivo. Invero la CTR ha deciso la controversia sulla base del principio di non contestazione., ritenendo “in qualche modo” ammesso dalla contribuente la esistenza di ricavi non assoggettati a tassazione.

Dall’esame delle deduzioni formulate nella memoria di costituzione in appello della società, riportate in ricorso con modalità coerenti con il principio di autosufficienza, si evince, tuttavia, che alcuna ammissione era stata a riguardo formulata atteso che la Iglom si era limitata, e solo ed in via subordinata, a sostenere che, comunque, l’importo di Euro 114.348, 73, fondato sulla qualificazione come ricavi, delle eccedenze fisiche di prodotto, rispetto a quelle contabilizzate, rinvenute nel corso dell’ispezione doveva essere caso mai imputato a costi sostenuti dall’impresa, ma giammai a ricavi; quanto meno tale somma, pertanto, doveva essere esclusa dal maggior imponibile recuperato. a tassazione.

In base a tali considerazioni non appare possibile ritenere, che effettivamente, in seconde cure, via sia stata da parte della società l’ammissione in ordine alla sussistenza del maggior imponibile nella misura accertata dalla sentenza impugnata, dovendosi altresì evidenziare che la stessa CTR, sembra implicitamente escludere un rigoroso accertamento a riguardo laddove pone a base della decisione l’assunto che “in qualche modo” vi era stata da parte della contribuente ammissione in merito agli ulteriori ricavi non dichiarati.

A tanto consegue l’accoglimento dei primi due motivi assorbito il terzo e la cassazione della decisione con rinvio, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, ad altro giudice di secondo grado che si designa nella CTR di Firenze, in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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