Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15864 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/06/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 08/06/2021), n.15864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9324-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore prò tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PETROLTECNICA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 138/2013 della COMM. TRIB. REG. SICILIA SEZ.

DIST. di SIRACUSA, depositata il 30/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate chiede la cassazione della sentenza n. 138/16/2013, depositata il 30.04.2013 dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sez. staccata di Siracusa, con la quale, confermando la decisione del giudice tributario di primo grado, era stato accolto il ricorso della Petroltecnica s.r.l. avverso la cartella di pagamento, con la quale l’Amministrazione finanziaria aveva richiesto la restituzione di Euro 224.075,43 a titolo di recupero dei crediti d’imposta, concessi per le zone svantaggiate, relativamente agli anni 2003/2007.

Nel contenzioso promosso dalla società a seguito della notificazione della cartella la Commissione tributaria provinciale di Siracusa, con sentenza n. 320/02/2010, aveva accolto le ragioni della contribuente. La Commissione tributaria regionale, con la pronuncia ora al vaglio della Corte, ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate. Il giudice regionale ha ritenuto erroneo il recupero del credito ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 14, ritenendo così assorbita ogni altra doglianza.

L’Agenzia delle entrate censura la sentenza con quattro motivi e chiede la sua cassazione. Nonostante risulti rituale e tempestiva la notifica del ricorso, la resistente non ha inteso depositare controricorso.

Nell’adunanza camerale dei 23 marzo 2021 la causa è stata trattata e decisa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza “per violazione delle norme procedimentali”, con riferimento all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver omesso di pronunciarsi sulla eccepita inammissibilità dei ricorso introduttivo della contribuente, nonostante con questo fossero state denunciate questioni relative al recupero del credito e non vizi propri della medesima cartella;

con il secondo censura la pronuncia per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver considerato che la cartella possa essere impugnata solo per vizi propri e non afferenti alla pretesa impositiva;

con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 de 1992, art. 68, nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver considerato che, trattandosi di recupero di credito d’Imposta, ad esso non doveva procedersi con riscossione frazionata, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, ma per l’intero, ai sensi dell’art. 14 cit.;

con il quarto per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè con la decisione il giudice d’appello non ha indicato quale norma dovesse essere applicata.

Da quanto si comprende dalla lettura del ricorso e della sentenza impugnata la controversia si inquadra in un contenzioso originato da un atto di recupero di un credito d’imposta, concesso alla contribuente per investimenti in aree svantaggiate, L. 23 dicembre 2000, n. 388, ex art. 8, ritenuto dalla Agenzia delle entrate indebitamente utilizzato. L’atto di recupero era stato impugnato dalla società ma, nelle more del giudizio di primo grado, l’Amministrazione finanziaria aveva emesso la cartella esattoriale con cui aveva preteso per l’intero la restituzione.

Ciò chiarito, il primo motivo è infondato. Costituisce principio consolidato che il vizio di omessa pronuncia è configurabiie solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito, e non già nel caso di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito (Cass., 23/01/2009, n. 1701; Cass. 26/09/2013, n. 22083; Cass. 25/01/2018, n. 1876; Cass. 11/10/2018, n. 25154; Cass. 15/04/2019, n. 10422). Essa al più può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, a soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. 12/01/2016, n. 321; Cass. 14/03/2018, n. 6174).

Con il secondo motivo l’Amministrazione finanziaria si duole perchè, secondo la sua prospettazione, il giudice regionale avrebbe errato nel confermare l’ammissibilità dell’impugnazione della cartella di pagamento che, quale atto di mera riscossione, poteva essere censurato esclusivamente per vizi propri, mentre nel caso di specie le critiche afferivano a vizi non suoi.

La censura non coglie nel segno. Il contribuente aveva lamentato la disapplicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, e contestato errori materiali nella determinazione degli importi (pag. 2 del ricorso). La motivazione del giudice regionale, sebbene eccessivamente sintetica e poco perspicua, ha fondato l’accoglimento del ricorso della contribuente sulla erroneità della cartella con la quale, nelle more di un giudizio già proposto dalla contribuente avverso l’avviso di recupero, aveva richiesto la ripetizione dell’intero importo, previa iscrizione a ruolo ai sensi del D.P.R. n. 602 dei 1973, art. 14. La decisione ha dunque valutato proprio l’illegittimità di tale cartella.

E’ infondato anche il terzo morivo. L’Agenzia delle entrate critica la decisione sostenendo che la cartella è stata emessa previa iscrizione a ruolo dell’intero importo, ai sensi dell’art. 14 cit.. Sostiene che, trattandosi di credito d’imposta, non doveva procedere in maniera frazionata, ma per l’intero.

Questa Corte ha affermato che in tema di riscossione delle imposte sui redditi, il D.P.R. n. 602 dei 1973, art. 15, che prevede la gradualità dell’iscrizione a ruolo, deve essere interpretato estensivamente, includendo nel relativo ambito di applicazione anche la riscossione degli avvisi di recupero di credito d’imposta; infatti la “ratio” della disposizione, ossia il contemperamento delle contrapposte esigenze del Fisco – di celere riscossione dei tributi – e del contribuente – di non anticipare il pagamento di somme che potrebbero non essere dovute – non può che operare sia con riferimento agli atti di accertamento di imponibile, che con riferimento alla riscossione degli avvisi di recupero dei crediti d’imposta, in quanto questi contribuiscono a definire l’entità della somma concretamente dovuta dai contribuente (Cass., 15/02/2013, n. 3838; Cass. 13/11/2019, n. 29378). Trattasi di un principio che questo Collegio condivide ed a cui intende dare continuità, atteso che la contribuente aveva impugnato l’avviso di recupero, così che l’obbligo di restituzione di quegli importi risultava ancora sub judice. La decisione della Commissione regionale si è attenuta ai principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità.

Il rigetto del terzo motivo assorbe il quarto.

Il ricorso va dunque integralmente rigettato. La mancanza di difese della resistente dispensa dalla liquidazione delle spese processuali. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alia prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

 

 

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