Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1586 del 26/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 26/01/2021), n.1586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

S.M., elettivamente in Roma, via Berengario n. 44 presso lo

studio dell’Avv. Antonio Apicella che lo rappresenta e difende per

procura a margine del ricorso.

– ricorrente –

contro

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD S.p.A.

– intimata –

per la cassazione della sentenza n. 189/03/12 della Commissione

tributaria regionale della Calabria, depositata in data 8 novembre

2011.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19 novembre 2020 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

 

Fatto

RILEVATO

che:

nella controversia originata dall’impugnazione, da parte di S.M., di cartella, emessa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi per l’anno 2005, per il pagamento di IRAP e IRPEF, la Commissione tributaria regionale della Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso introduttivo.

Per la cassazione della sentenza S.M. ha proposto ricorso, affidandolo a cinque motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. Equitalia Sud s.p.a. non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza ex artt. 132 e 156 c.p.c., per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione circa l’affermata inammissibilità del ricorso avverso la cartella di pagamento, in conseguenza della mancata impugnazione, da parte del contribuente della comunicazione…la quale integrava secondo la Commissione, un atto impositivo autonomo e, perciò, suscettibile di acquistare, ove non impugnato, il carattere della definitività.

In particolare, si evidenzia, nell’illustrazione del mezzo di impugnazione, come la C.T.R. abbia motivato, impiegando delle argomentazioni, relative alla configurabilità o meno in capo all’Amministrazione dell’obbligo di trasmettere in ogni caso la comunicazione di irregolarità, non conferenti con il tema in discussione costituito, invece, dalla questione concernente il fatto se l’impugnazione di detta comunicazione, regolarmente inviata e ricevuta, fosse un onere o una mera facoltà in capo al contribuente.

2 In via subordinata, il ricorrente, con il secondo motivo, deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21. Secondo la prospettazione difensiva, infatti, l’impugnabilità della comunicazione di irregolarità costituisce mera facoltà accordata a tutela del contribuente e non un onere, suscettibile di determinare, in caso di mancato assolvimento, la decadenza del contribuente dal diritto di impugnare la successiva cartella.

3. In via ulteriormente subordinata, con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, laddove la C.T.R. aveva ignorato, malgrado il contribuente lo avesse eccepito, che la comunicazione in parola era priva delle indicazioni richieste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 2, e art. 21, e, anzi, recava espresse indicazioni circa la sua non impugnabilità.

4 I motivi, attinenti sotto diversi profili la medesima questione, possono trattarsi congiuntamente.

Costituisce ormai ius receptum, sul solco tracciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053 del 7.4.2014, che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. In conformità, di recente, si è ribadito (v., tra le altre, Cass.n. 3819 del 14/02/2020) che “In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’art. 111 Cost., sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito”.

4.1 Alla luce di tali principi il primo motivo è infondato. Nel caso in esame, infatti la sentenza impugnata, seppur eccentrica in alcune argomentazioni, contiene una motivazione rispondente ai canoni che si deducono come violati, laddove esplicita che, nella specie, si verteva di iscrizione a ruolo derivante non da errori nella dichiarazione bensì dall’omesso o dall’insufficiente versamento di quanto dichiarato e ribadisce che nella fattispecie non ricorre un caso di incongruenza o di errore di calcolo ma piuttosto l’omissione (parziale) dei versamenti dovuto sulla base dei dati dichiarati. Per aggiungere, poi, che “Non può poi, conclusivamente, non rilevarsi che il contribuente ha omesso di formare e produrre la dichiarazione integrativa secondo le modalità temporali previste dalla vigente normativa”.

4.2. Tali argomentazioni, costituenti autonoma ratio decidendi idonea a reggere da sola la decisione, non risultano in alcun modo attinti dagli ulteriori motivi di ricorso, i quali si appalesano, pertanto, inammissibili.

5. In conclusione, quindi, il ricorso va rigettato.

6. Non vi è pronuncia sulle spese nei confronti di Equitalia Sud s.p.a. per carenza di attività difensiva, mentre il ricorrente, soccombente, va condannato alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese di questo giudizio, nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021

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