Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15859 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/06/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 08/06/2021), n.15859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CATALLOZZI Paolo – Presidente –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27893-2014 proposto da:

IBI INIZIATIVE BERGAMASCHE IMMOBILIARI SRL, P.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.G. BELLI, 27, presso lo

studio dell’avvocato PAOLO MEREU, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ENRICO ALLEGRO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1804/2014 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA

SEZ.DIST. di BRESCIA, depositata il 08/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/02/2021 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. la I.B.I. Iniziative Bergamasche Immobiliari s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1804/66/14, depositata l’8 aprile 2014, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato legittimo l’avviso di accertamento impugnato, relativo a IRES e IVA per l’anno 2005;

2. il ricorso è affidato a due motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resiste mediante controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la errata applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 32 e 39, affermando che la CTR avrebbe indebitamente esteso la presunzione di riferibilità ai ricavi delle movimentazioni bancarie a un soggetto diverso dall’intestatario del conto corrente;

2. il motivo è infondato;

3. la CTR ha condiviso e ritenuto provato l’accertamento dell’Ufficio, secondo cui parte dei versamenti eseguiti sul proprio conto corrente dal sig. P.L., socio della I.B.I., sono da intendersi come frutto dei ricavi della I.B.I. medesima;

4. tale conclusione è stata motivata dalla CTR sulla base di due elementi: a) le movimentazioni bancarie ricondotte alla I.B.I. sono state, per esclusione, quelle che non è stato possibile ricondurre specificamente a spese di gestione del nucleo familiare, ad altre società partecipate dai soci della I.B.I. s.r.l., nonchè all’impresa individuale esercitata dal sig. P.L.; b) le dichiarazioni rese da altri soci della I.B.I., tra cui il legale rappresentante sig. P.F., secondo cui i conti correnti personali dei soci venivano utilizzati per versarvi scorte di denaro contante, utilizzate all’occorrenza per far fronte a esigenze relative all’attività d’impresa;

5. alla luce di quanto appena esposto, nessuna violazione delle norme indicate è addebitabile alla sentenza impugnata;

6. tali norme, infatti, espressamente consentono all’Amministrazione di procedere alle indagini bancarie e di avvalersi delle risultanze di esse per desumerne l’esistenza di elementi di reddito, attraverso un meccanismo di presunzione legale relativa che pone a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria;

7. tale meccanismo inferenziale può riguardare non soltanto i redditi del titolare del conto corrente, ma anche – quando l’Ufficio abbia motivo di ritenere, in base agli elementi indiziari raccolti, che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali, ovvero per imbastire una vera e propria gestione extra-contabile, a scopo di evasione fiscale – quello di altri soggetti cui il titolare sia legato o comunque riferibile (oltre alla sentenza citata in ricorso Cass. 12/09/2003, n. 13391, la precedente Cass. 17/06/2002, n. 8683, nonchè le molte altre successive, quali Cass. 21/12/2007, n. 27032, Cass. 12/01/2009, n. 374, Cass. 13/04/2012, n. 5849, Cass. 22/04/2016, n. 8112);

8. lungi dal violare queste regole, la CTR ha sinteticamente, ma adeguatamente illustrato le ragioni per cui dalla presenza di versamenti sul conto corrente di P.L. è stato possibile risalire alla I.B.I. e le ragioni per cui la prova contraria da quest’ultima fornita fosse insufficiente;

9. si tratta di un accertamento di fatto, di cui non sono stati fatti valere vizi di motivazione e che è pertanto insindacabile in sede di legittimità;

10. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 179-189;

11. il motivo sembra articolarsi in due distinti profili;

12. sotto un primo profilo, parte ricorrente denuncia l’illegittimità della sentenza impugnata, nella parte in cui ha confermato per intero gli avvisi di accertamento, senza fare applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 179-189;

13. nel farlo, tuttavia, la ricorrente si limita a riprodurre il testo dell’art. 3, commi 179 e ss., senza spiegare in che senso la sentenza impugnata avrebbe violato o falsamente applicato tali disposizioni;

14. in ogni caso, come da tempo chiarito da questa S.C., la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore – e dunque, per quel che qui interessa, la procedura delineata nelle norme invocate dal ricorrente – costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello “standard”, nè costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata (Cass., Sez. un., 18/12/2009, n. 26635, Cass. 14/12/2012, n. 23096, Cass. 17/12/2019, n. 33340);

15. l’autonomia delle due procedure di accertamento determina: a) da un lato, che l’accertamento analitico-induttivo cd. misto, anche basato sulle movimentazioni bancarie come accaduto nel caso di specie, ben può continuare a essere utilizzato per la determinazione del reddito, senza necessariamente ricorrere agli standard che si sono via via susseguiti; b) dall’altro lato, che a tale accertamento analitico-induttivo non possono essere in alcun modo applicati le aliquote o le riduzioni previste per l’ipotesi in cui alla quantificazione del reddito si giunga mediante l’accertamento standardizzato;

16. nella specie, i maggiori ricavi della I.B.I. (dunque singoli elementi del reddito) sono stati accertati mediante le risultanze delle movimentazioni bancarie e non mediante il ricorso ai parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 184, con la inevitabile conseguenza che non possono a tali maggiori ricavi applicarsi nè l’aliquota media IVA di cui all’art. 3, comma 183, nè la riduzione prevista dall’art. 3, comma 188;

17. pertanto, da questo punto di vista il motivo è anche infondato;

18. sotto il secondo profilo, parte ricorrente sembra ricondurre alla violazione delle medesime norme appena citate (L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 179 ss.) il fatto che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto delle risultanze del procedimento penale nel quale è stata disposta l’archiviazione della posizione di P.F., legale rappresentante della I.B.I.;

19. anche in questo caso, tuttavia, il motivo è inammissibile, poichè parte ricorrente si limita a inserire nel corpo del ricorso i provvedimenti del procedimento penale (richiesta di archiviazione del P.M. e pedissequo provvedimento del G.I.P.), senza indicare quali passaggi di essi la CTR avrebbe trascurato, sì da incorrere nella violazione di legge denunciata;

20. del resto, da un esame anche sommario di tali provvedimenti si ricava che anche le indagini penali si sono basate sulle operazioni bancarie non giustificate e non certo sui parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, sicchè anche da questo punto di vista emerge l’incongruenza della critica mossa;

21. il ricorso va in definitiva rigettato;

22. le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

 

 

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