Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15858 del 06/07/2010

Cassazione civile sez. III, 06/07/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 06/07/2010), n.15858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3295/2006 proposto da:

E.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA COLA DI RIENZO 217, presso lo studio dell’avvocato

SCOZZAFAVA FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE CARLO

Florinda giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TIRRENA COMPAGNIA ASSICURAZIONI SPA IN LIQUIDAZIONE COATTA

AMMINISTRATIVA, (OMISSIS), in persona del Commissario Liquidatore

Avv. I.G. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI Guido, che o

rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.C.D., (OMISSIS), M.A.,

NUOVA TIRRENA SPA, RAS ASSIC, LLOYD ITALICO SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 398/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

Sezione Prima Civile, emessa il 12.05.2005, depositata il 08/06/2005;

R.G.N. 671/2004.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/05/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato Guido ROMANELLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per la manifesta infondatezza

del ricorso con condanna alle spese.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’8 giugno 2005 la Corte di appello di Lecce, per quel che interessa in questa sede, rigettava il gravarne proposto da E.P. avverso la sentenza del Tribunale di quella città, che aveva respinto la domanda da lui dispiegata nei confronti di M.C.D. e M.A., nonchè della Tirrena Assicurazioni, tesa ad ottenere la condanna dei convenuti al pagamento ai L. 174.081.818, oltre interessi e rivalutazione a titolo di risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale verificatosi in (OMISSIS): il (OMISSIS).

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione l’ E., affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso la Compagnia Tirrena Assicurazioni s.p.a.

in l.c.a., che ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Con il primo motivo (violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con particolare riferimento alle risultanze della perizia di parte e della susseguente richiesta di CTU ed alle risultanze della prova testimoniale) il ricorrente lamenta che non vi sarebbe motivazione alcuna “in ordine ad un punto decisivo della controversia, emerso nella relazione di parte a firma del geom. P.D. nè ancora in ordine alla richiesta di CTU, immotivatamente non ammessa nè in primo grado nè in secondo grado” (p. 4 ricorso).

In estrema sintesi, il ricorrente si duole che la decisione impugnata si fonderebbe esclusivamente sul rapporto redatto dalla Polstrada e abbia disatteso la testimonianza del terzo trasportato nella autovettura.

2.-Il motivo va disatteso.

Di vero, la censura, così come formulata, si risolve in una critica volta a ricostruire la vicenda secondo la prospettiva del ricorrente, che il giudice dell’appello ha ritenuto essersi verificata “con assoluta certezza”, in virtù di. tutti gli elementi tratti dalla Polstrada, per esclusiva colpa dell’ E..

E’ emerso che l’ E. andava ad una velocità particolarmente non moderata, anche in relazione all’asfalto reso viscido dalla spruzzi di acqua marina che si erano riversati sulla carreggiata per violenta mareggiata; il punto d’urto contro l’autotreno che procedeva regolarmente alla sua destra fu localizzato all’interno della corsia di marcia di pertinenza del camion; le tracce di frenata dell’autotreno si rinvennero all’interno della carreggiata da esso automezzo percorsa; l’autovettura dell’ E. fu rinvenuta incastrata sotto il camion, ovvero nella corsia di marcia dei veicoli provenienti da direzione contraria (p. 7-8 sentenza impugnata).

A fronte di questo, come afferma la sentenza, “chiarissimo quadro probatorio” l’attuale ricorrente insiste sulla deposizione del teste C., che il giudice dell’appello ha ritenuto evasivo e non apporta alcun elemento idoneo in senso contrario, per scalfire la corretta ed ineccepibile motivazione.

Ne consegue che l’aver omesso l’esame della relazione del consulente di parte e aver negato ingresso alla richiesta di CTU è del tutto corretto, in quanto implicitamente ritenute, entrambe le richieste, ininfluenti in merito.

Infatti, la violazione denunciata si verifica solo se il fatto o le circostanze dedotte siano stati totalmente trascurati, ma non anche quando essi, per la loro diretta inerenza ad uno degli, elementi costitutivi, modificativi ed estintivi della fattispecie in contestazione siano stati ritenuti non dotati, con valutazione discrezionale, ma congruamente argomentata, di una intrinseca valenza tale da non poter escludere una decisione diversa da quella adottata.

Nel caso in esame il rapporto della Polstrada, dotato di fede privilegiata, nella parte in cui ha descritto la situazione in cui si trovavano i mezzi al momento dell’arrivo degli agenti, era ed è talmente chiaro, che la constatazione da essi trascritta nel rapporto non lasciava e non lascia ombra di dubbio sull’effettiva dinamica del sinistro, correttamente attribuito alla responsabilità esclusiva dell’ E..

In altri, termini, la censura richiede una valutazione del quadro probatorio, diversa rispetto a quella operata con puntualità del giudice del merito, il cui accertamento esula da ogni censura, se, come nella specie, correttamente motivato in riferimento alla ricostruzione della vicenda.

3.-Il secondo motivo (violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 2054 c.c., comma 2, resta assorbito dal rigetto del primo, escluso, come detto, che il giudice dell’appello abbia errato nell’attribuire la esclusiva responsabilità del sinistro all’ E..

Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2010

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