Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15855 del 19/07/2011
Cassazione civile sez. trib., 19/07/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 19/07/2011), n.15855
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonio – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in
persona del legale rapp.te pro tempore, domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo
rappresenta e difende per legge;
– ricorrenti –
contro
Ma.Ci.Pa. s.n.c., in persona de legale rapp.te pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Campania n. 202/2008/04 depositata il 16/6/2008;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
giorno 22/6/2011 dal Consigliere Relatore Dott, Marcello Iacobellis;
viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso aderendo alla
relazione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia promossa da Ma.Ci.Pa. s.n.c. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto l’accoglimento dell’appello proposto dalla contribuente contro la sentenza della CTP di Salerno n. 435/18/2005 che aveva respinto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di recupero credito n. (OMISSIS).
Il ricorso proposto si articola in due motivi. Nessuna attività difensiva ha svolto l’intimata. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 22/6/2011 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con primo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La censura è inammissibile in quanto priva di indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità. Ulteriore elemento di inammissibilità è costituito dall’assenza, nel quesito di diritto, dell’indicazione della “regula iuris” adottata nel provvedimento impugnato. Va infine rilevato che l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa- quale quella prospettata dalla ricorrente- è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito.
Con secondo motivo la ricorrente assume il difetto di motivazione della decisione con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La censura è inammissibile in quanto priva di una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Sez. 3, Ordinanza n. 8897 del 07/04/2008).
Ulteriore profilo di inammissibilità va riscontrato nella circostanza che la censura attiene alla esatta interpretazione dell’art. 7 cit..
Nulla per le spese in assenza di attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011