Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15854 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/06/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 08/06/2021), n.15854

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3382/2015 R.G. proposto da:

SPI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, piazza delle Cinque Giornate n.

2, presso lo studio dell’avv. Massimo Merlini, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 769/02/14, depositata il 12 giugno 2014.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 9 febbraio

2021 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 769/02/14 del 12/06/2014 la Commissione tributaria regionale della Liguria (di seguito CTR) rigettava gli appelli proposti dall’Agenzia delle entrate e da SPI s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Savona (di seguito CTP) n. 127/06/11, la quale aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla società contribuente avverso una cartella di pagamento emessa a fini IRES e IRAP relativamente all’anno d’imposta 2007;

1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR, la cartella di pagamento era stata emessa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, in ragione del maggior reddito accertato, non rientrando la società tra quelle non operative;

1.2. la CTR respingeva sia l’appello principale dell’Agenzia delle entrate sia quello incidentale della società contribuente evidenziando che: a) per gli immobili siti in (OMISSIS), detti beni andavano ricompresi nel test di operatività, non essendo state specificatamente contestate le conclusioni cui era giunta la CTP; b) per gli immobili siti in (OMISSIS), invece, la società si era “attivata per utilizzare le unità immobiliari con la conseguenza che vanno ritenute immobilizzazioni in corso, non idonei a generare proventi”;

2. avverso la sentenza della CTR, SPI s.r.l. proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso SPI s.r.l. deduce: a) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; b) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis.

1.1. in buona sostanza, la società contribuente si duole, sia con vizio di motivazione che con vizio di violazione di legge della indebita utilizzazione, da parte dell’Ufficio, della procedura prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis: sebbene la circostanza sia stata oggetto di uno specifico motivo di appello avverso la sentenza della CTP, la sentenza impugnata non avrebbe preso posizione sull’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di procedere, in questa ipotesi, con avviso di accertamento;

2. il motivo è inammissibile;

2.1. come puntualmente eccepito dalla difesa erariale, il motivo è stato proposto per la prima volta in appello e non anche in primo grado, come si evince dalla stessa narrativa del ricorso per cassazione (cfr. pag. 3 e ss.);

2.2. in ogni caso, la società contribuente non ha comprovato la circostanza, nè risulta che la CTP si sia specificamente occupata della questione, sicchè trattasi di censura nuova e, come tale, inammissibile;

3. con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di contestazione tra le parti, non avendo la CTR preso in considerazione la documentazione prodotta e risolvendosi la sentenza in una generica affermazione di non contestazione delle motivazioni della CTP;

4. il motivo è inammissibile;

4.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018);

4.2. nel caso di specie, non può dirsi che la CTR non abbia esaminato le questioni relative ai fabbricati differenti da quello di (OMISSIS), ma ha motivato per relationem alla sentenza della CTP;

4.3. la società ricorrente, peraltro, non ha contestato l’eventuale apparenza di tale motivazione, ma si è limitata a chiedere un riesame nel merito della decisione della CTR, riesame precluso in questa sede anche in ragione della impossibilità di contestare, alla luce della novella, la motivazione insufficiente;

5. con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30, comma 4 bis, evidenziando che la CTR non avrebbe considerato come causa esimente l’applicazione della disciplina delle società di comodo la presenza di circostanze oggettive che avrebbero reso impossibile il conseguimento dei ricavi;

6. il motivo è inammissibile;

6.1. in primo luogo, la censura fa riferimento a non meglio precisati documenti acquisiti agli atti di causa idonei a comprovare l’esistenza di quelle condizioni oggettive che giustificherebbero l’inapplicabilità della disciplina delle società di comodo ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis: all’evidenza, il motivo difetta di specificità, non essendo stati i predetti documenti trascritti nelle parti essenziali e allegati al ricorso;

6.2. secondariamente, sotto la veste della violazione di legge la ricorrente contesta il merito dell’accertamento compiuto dalla CTR con riferimento alla oggettiva utilizzazione dei fabbricati;

7. in conclusione, il ricorso va rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite compreso nello scaglione tra Euro 52.000,01 ed Euro 260.000,00.

7.1. poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.600,00, oltre alle spese di prenotazione a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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