Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15851 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 29/07/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 29/07/2016), n.15851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2311-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.C., quale socio della CEAC di I.C. & C.

s.a.s.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia n. 29/29/2010, depositata il 22/2/2010;

nonchè sul ricorso iscritto al n. 2331/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato In ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.M.R., quale socia della CEAC di I.C.

& C. s.a.s.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia n. 28/29/2010, depositata il 22/2/2010;

nonchè sul ricorso iscritto al n. 2338/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CEAC DI I.C. & C. S.A.S.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia n. 23/29/2010, depositata il 17/2/2010;

Udita la relazione delle cause svolta nella pubblica udienza del 16

giugno 2016 dal Relatore Cons. Dr. Emilio Iannello;

udito l’Avvocato dello Stato Mario Capolupo per l’Agenzia delle

entrate, ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa

Sanlorenzo Rita, la quale ha concluso per raccoglimento dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La CEAC di I.C. & C. s.a.s., esercente attività di commercio al dettaglio di elettrodomestici, apparecchi radiotelevisivi ed altri apparecchi per la registrazione sonora e visiva, impugnava avanti la C.T.P. di Agrigento l’avviso di accertamento nei suoi confronti emesso con il quale l’ufficio – all’esito di verifica fiscale – aveva recuperato a tassazione, a fini Iva e Irap, per l’anno d’imposta 1999, maggiori ricavi per Lire 72.358.000 e costi indeducibili per Lire 28.010.000: I primi determinati sulla base delle risultanze di verbale redatto in contraddittorio con il legale rappresentante della società, applicando sul venduto una percentuale di ricarico pari al 18,75%, calcolata con riferimento a un campione del 10,14% della merce conto acquisti; i secondi, invece, riferibili: per Lire 585.333 ad acquisto di copertoni per autoveicolo; per Lire 10.000.000 a spese di manutenzione ordinaria e tinteggiatura; per Lire 10.964.577 a prestazioni di servizi resi dai socio I.C.; per Lire 1.260.000 a spese di rappresentanza.

Con separati ricorsi i soci I.C. e S.M.R. Impugnavano avanti la stessa C TP. gli avvisi nei loro confronti emessi con i quali l’ufficio rideterminava, in conseguenza del superiore accertamento, a fini Irpef per lo stesso anno d’imposta, maggiori redditi di partecipazione.

I ricorsi, chiamati alla stessa udienza ma trattati separatamente, erano contestualmente decisi e parzialmente accolti. La C.T.P., infatti, reputava eccessiva la percentuale di ricarico applicata dai verificatori, dal momento che la società operava in regime di franchising, circostanza che induceva i primi giudici a ritenere congrua la percentuale di ricarico praticata dalla contribuente nella misura del 15%. Riteneva inoltre ingiustificato il recupero dei costi Imputati dalla società a spese di manutenzione ordinaria e tinteggiatura ed a prestazioni di servizi resi dal socio I.C., non avendo l’ufficio provato “la non inerenza o la fittizia esecuzione dei lavori”.

2. Gli appelli proposti dall’Agenzia delle entrate, anch’essi contestualmente trattati e decisi alla medesima udienza, erano rigettati dalla C.T.R. Sicilia. Secondo i giudici d’appello, invero, la più elevata percentuale applicata dall’ufficio non trovava adeguata giustificazione essendo stata calcolata sulla base di un campione ridotto (pari al 10,14% della merce conto acquisti) come tale non adeguatamente rappresentativo, tanto più essendosi in presenza di una quantità dl beni diversificata. Condivideva, inoltre, la valutazione di carenza di prova a fondamento della ripresa a tassazione dei costi imputati a spese di manutenzione e a prestazioni rese dal socio I..

3. Avverso le sentenze d’appello l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto separati ricorsi per cassazione sulla base di tre motivi comuni a tutti e tre i ricorsi e di un quarto dedotto, in via preliminare, in quelli proposti nei confronti dei soci.

La società e i soci, sebbene ritualmente evocati in giudizio, non hanno svolto difese nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il motivo comune ai ricorsi proposti nei confronti dei soci l’Agenzia delle entrate deduce “insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”, per avere la C.T.R. motivato per relationem il rigetto degli appelli proposti avverso le sentenze relative alle controversie promosse dai soci, limitandosi a richiamare la sentenza separatamente emessa nei confronti della società, senza evidenziare le ragioni per le quali ha ritenuto dl poterne recepire le motivazioni.

5. Con il primo dei restanti motivi (comuni a tutti e tre i ricorsi) l’Agenzia deduce violazione di legge (artt. 2730, 2733 e 2735 c.c.), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla ritenuta non rappresentatività del campione di prodotti posti a base del calcolo di una maggiore percentuale di ricarico. Sostiene che, trattandosi di operazione svolta dai verificatori in contraddittorio con la parte e avendo, pertanto, quest’ultima partecipato alla composizione del campione preso a riferimento, sottoscrivendo il verbale delle relative operazioni e non sollevando contestazione alcuna, avrebbe dovuto in ciò vedersi una dichiarazione avente valore confessorio circa la rappresentatività del campione così formato.

6. Con li secondo dei tre motivi comuni a tutti i ricorsi, l’Agenzia delle entrate denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo 1, n. 5.

Rileva che la valutazione dl Insufficienza del campione considerato, pari a poco più del 10% della merce trattata dalla società, non è condivisibile sul piano logico-giuridico, atteso che la rappresentatività di un campione non può essere stabilita su basi meramente quantitative, bensì tenendo conto della composizione del campione stesso. Rimarca al riguardo che, nel caso di specie, come risultava dal p.v.c. del 5/4/2002, i verbalizzanti avevano individuato, in contraddittorio con la parte, un gruppo di prodotti aventi il requisito della rappresentatività per importi e frequenza di rotazione.

6. Con il terzo dei motivi comuni a tutti e tre i ricorsi l’Agenzia delle entrate denuncia infine violazione delle norme di cui all’art. 2697 c.c.; D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 56; D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, art. 21, e art. 110 T.U.I.R., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. confermato la deduclbilità dei costi per complessive Lire 20.964.577, Imputati dalla società a prestazioni rese dal socio I.C. e a lavori di manutenzione del bagno e tinteggiatura dei locali, In mancanza di prova da parte dell’ufficio della loro non inerenza o fittizia esecuzione, con ciò erroneamente postulando che Incombesse sull’amministrazione finanziarla l’onere di provare l’inerenza e l’effettività dei costi medesimi.

7. Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi tutti sopra Indicati a quello recante il più antico numero di ruolo, sussistendone i presupposti attesa l’unicità sostanziale della controversia e della decisione impugnata e versando, peraltro, i ricorrenti tutti In situazione di litisconsorzio necessario, sul piano sostanziale, in relazione all’oggetto del contendere.

Occorre Infatti rammentare che, secondo orientamento consolidato, a partire dall’arresto di Cass. Civ., Sez. U, n. 14815 del 04/06/2008, Rv. 603330, “in materia tributaria l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comportano che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso In cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario”.

7.1. Siffatto principio è applicabile anche nel caso di specie ove l’accertamento – che, come detto, riguarda i redditi della società CEAC di I.C. & C. s.a.s. e, di riflesso, quelli di partecipazione del singoli soci – è posto a fondamento, per lo stesso anno 1999, di maggiori pretese impositive per Irap e Iva.

Mette conto al riguardo evidenziare Infatti che, come già precisato da questa Corte, “l’Irap è imposta assimilabile all’llor, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44.

Ne consegue che, essendo l’Irap imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’Irap dovuta dalla società” (Cass. Sez. U, n. 10145 del 2012). E’ vero, inoltre, che, come statuito da questa Corte, “l’accertamento di maggior imponibile Iva a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso di impugnazione, la necessità del simultaneus processus nei confronti dei soci e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a quello previsto dal combinato disposto di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40, comma 2, e D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, di unicità di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della società ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della società e dei soci” (Cass. 12236/2010); tuttavia, qualora l’Agenzia abbia contestualmente proceduto, con unico atto, come nel caso in questione, ad accertamenti Irap ed Iva a carico di una società di persone, fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile Iva, ove non suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici (come nella specie), non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus, attesa l’inscindibilità delle due situazioni (in senso conforme, v. Sez. 5, n. 16607 del 2015 e, sia pur con riferimento ad avviso di accertamento per Iva ed Ilor, Cass. 12236/2010).

7.2. L’esigenza sostanziale del simultaneus processus deve ritenersi già soddisfatta nel caso in esame in entrambi i gradi di merito, nella prospettiva affermata da Cass. Civ., Sez. 5, n. 3830 del 18/02/2010, Rv. 611765, secondo cui “nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente Il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 1, e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perchè non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio” (Conf. Cass Sez. 6 – 5, Ord. n. 2014 del 29/01/2014, Rv. 629182; Sez. 5, n. 22122 del 29/10/2010, Rv. 615662; Sez. 5, n. 16223 del 09/07/2010, Rv. 614045; v. anche, Sez. 5, n. 2907 del 10/02/2010, Rv. 611850).

Nei caso di specie si è, infatti, in presenza di ricorsi che, come detto, pur proposti separatamente dai soci e dalla s.a.s. avverso l’avviso di accertamento che riguardava quest’ultima e, rispettivamente, quelli ad esso conseguenti riguardanti i soci, e pur mai formalmente riuniti nel giudizi di merito, sono stati di fatto trattati contestualmente e decisi, sia in primo che In secondo grado, nelle medesime udienze.

7.3. Destituita di fondamento deve pertanto ritenersi, in tale contesto, la censura preliminarmente dedotta nei ricorsi proposti nei confronti dei singoli soci, con la quale l’Agenzia delle entrate si duole della operata motivazione per relationem, sulla Implicita premessa che si tratti di distinte decisioni emesse nei confronti dei vari ricorrenti: premessa In realtà non condivisibile alla stregua delle considerazioni svolte.

7. Venendo quindi all’esame dei restanti motivi di ricorso, deve rilevarsi la fondatezza del primo dl essi.

Come specificamente evidenziato dalla ricorrente – le cui affermazioni sul punto rispettano certamente i requisiti di autosufficienza, anche attraverso la testuale trascrizione dei passi rilevanti del p.v.c. richiamato, oltre che con la sua allegazione al ricorso – l’individuazione dei prodotti maggiormente rappresentativi, tra quelli commercializzati nell’anno 1999, per importi o per frequenza di rotazione, al fine di determinare la percentuale media ponderata di ricarico praticata in detto anno d’imposta, è stata effettuata In contraddittorio con la parte.

Secondo indirizzo incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte, pertinentemente richiamato dalla ricorrente, la partecipazione alle operazioni di verifica senza contestazioni equivale sostanzialmente ad accettazione delle stesse e dei loro risultati. Non occorre per questo un’accettazione espressa, ma soltanto la mancanza di contestazioni. Se avesse avuto qualcosa da contestare sulle operazioni di verifica (che concernevano – vale sottolinearlo – la materialità del fatti e non considerazioni tecniche o giuridiche) il contribuente avrebbe dovuto, e potuto, formulare immediatamente, seduta stante, il proprio dissenso e pretendere che le proprie contestazioni fossero riportate sul verbale. Oppure, in caso di rifiuto da parte dei verbalizzanti di porle a verbale, comunicare immediatamente per iscritto la propria protesta, segnalando il rifiuto e ribadendo le contestazioni (v. Cass., Sez. 5, n. 1286 del 26/01/2004, Rv. 569657).

Non risulta (e, per la verità, neppure viene allegato) che, nella specie, tanto sia avvenuto.

Ne discende che il convincimento espresso da entrambi i giudici di merito circa l’Insufficienza della motivazione posta a fondamento dell’accertamento, con riferimento alla determinazione di maggiori ricavi, per carente rappresentatività del campione di prodotti presi a riferimento per la determinazione della percentuale di ricarico media ponderata applicata nell’anno di riferimento, si rivela ingiustificato, in quanto omette dl considerare il rilievo attribuibile all’adesione della parte alle operazioni a tal fine condotte dagli operatori.

Rimane conseguentemente assorbito anche l’esame del secondo motivo di ricorso.

8. E’ altresì fondato il terzo dei motivi comuni a tutti e tre i ricorsi.

Secondo pacifico indirizzo della giurisprudenza di legittimità, invero, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’onere della prova dei presupposti dei costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d’Impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, tanto nella disciplina del D.P.R. n. 597 del 1973 e del D.P.R. n. 598 del 1973, che del D.P.R. n. 917 del 1986, Incombe al contribuente. Inoltre, poichè nel poteri dell’amministrazione finanziaria in sede di accertamento rientra la valutazione della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte dl un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, l’onere della prova dell’inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei medesimi (v. Cass., Sez. 5, n. 4554 del 25/02/2010, Rv. 611839; Sez. 5, n. 11240 del 30/07/2002, Rv. 556397).

Nel caso di specie la C.T.R., confermando l’annullamento dell’accertamento Impugnato nella parte in cui recupera a tassazione i costi sopra descritti, per non essere stata provata dall’amministrazione la loro inerenza ed effettività, muove evidentemente da un principio opposto, con ciò incorrendo in violazione del criterio di riparto dell’onere probatorio in materia.

9. I ricorsi vanno pertanto accolti, e le sentenze impugnate cassate, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame sui punti sopra indicati, oltre che per il regolamento delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte riunisce al ricorso n. 2311/11 quelli iscritti al nn. 2331/11 e 2338/11; rigetta il primo motivo del ricorsi iscritti ai numeri 2311/11 e 2331/11; con riferimento ai restanti motivi, comuni a tutti i ricorsi: accoglie il primo e il terzo; dichiara assorbito il secondo; cassa le sentenze impugnate e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. Sicilia, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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