Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15849 del 19/07/2011

Cassazione civile sez. II, 19/07/2011, (ud. 23/06/2011, dep. 19/07/2011), n.15849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Sanzioni

amministrative Ministro pro tempore, e CONSOB – COMMISSIONE NAZIONALE

PER LE SOCIETA’ E LA BORSA, in persona del Presidente pro tempore,

rappresentati e difesi, per legge, dall’Avvocatura generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliati in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrenti –

contro

B.S.U., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Valentino Pierluigi,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Panama,

n. 74;

– controricorrente –

e contro

FINECO GROUP s.p.a. (già BIPOP CARIRE s.p.a.), in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Milano in data 2 dicembre

2004.

Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 23

giugno 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito l’Avv. Pier Luigi Valentino;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso dinanzi alla Corte d’appello di Milano, B.S. U. ha proposto opposizione avverso il decreto ministeriale 2 marzo 2004, n. 20977, con il quale era stato ad esso ingiunto – nella qualità di componente del consiglio di amministrazione della società Bipop Carire – il pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria per talune irregolarità riscontrate all’esito di accertamenti ispettivi disposti dalla Consob. L’opponente ha dedotto diversi motivi di impugnativa, il primo dei quali relativo alla violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2.

Il Ministero dell’economia e delle finanze e la CONSOB, costituitisi, hanno chiesto il rigetto della proposta opposizione.

La Corte di appello ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti della s.p.a. Fineco Group (già s.p.a. Bipop Carire), la quale, ricevuta la notifica dell’atto di opposizione, non si è costituita.

Con decreto in data 2 dicembre 2004, la Corte di appello di Milano ha accolto la proposta opposizione e dichiarato l’illegittimità del decreto ministeriale opposto limitatamente alle sanzioni irrogate all’opponente S.B..

La Corte di appello ha ritenuto fondato il primo motivo di opposizione – con assorbimento degli altri -con il quale il B. S. aveva dedotto la violazione delle norme dettate in tema di termini di conclusione del procedimento amministrativo di irrogazione della sanzione, di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2 e al D.M. 23 marzo 1992, n. 304, emanato in attuazione della citata L. n. 241 del 1990.

Avverso l’anzidetto decreto hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’economia e delle finanze e la CONSOB, sulla base di due motivi.

Il S.B. ha resistito con controricorso, mentre la Fineco Group non ha svolto attività difensiva in questa sede.

In prossimità dell’udienza il controricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo motivo di ricorso il Ministero e la CONSOB denunciano violazione del D.M. 23 marzo 1992, n. 304, artt. 2 e 6 (Regolamento di attuazione della L. n. 241 del 1990), della L. n. 241 del 1990, art. 2, commi 2 e 3, e delle norme di legge e regolamentari in materia di termini di durata del procedimento amministrativo di natura non sanzionatoria.

Sostengono i ricorrenti che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il mancato rispetto del termine previsto per l’inizio o la definizione del procedimento non comporta – al contrario di quanto affermato dalla Corte di appello – l’illegittimità del provvedimento tardivo in assenza di esplicita previsione della natura perentoria del termine o dell’effetto invalidante del mancato rispetto. La L. n. 241 del 1990, art. 2. pone un termine acceleratorio per la definizione dei procedimenti amministrativi al solo fine di garantire il buon andamento dell’azione amministrativa, senza contenere alcuna prescrizione in ordine alla perentorietà di detto termine.

1.1. – Il motivo è fondato, dovendosi applicare il principio, di recente affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza 30 settembre 2009, n. 20929, secondo cui “in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, per effetto dell’entrata in vigore della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 octies, comma 2, gli eventuali vizi del procedimento amministrativo previsto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195, che si svolge innanzi alla Commissione nazionale per le società e la borsa, non sono rilevanti, in ragione tanto della natura vincolata del provvedimento sanzionatorio, quanto della immodificabilità del suo contenuto. Tale disposizione, introdotta dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, art. 14, ha carattere processuale, ed è pertanto applicabile con effetto retroattivo anche ai giudizi di opposizione in corso, ancorchè promossi in epoca successiva alla sua emanazione”.

In particolare le Sezioni unite hanno affermato che la delicata questione del mancato rispetto dei termini di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2 e al D.M. n. 304 del 1992, oggetto di contrasto nella giurisprudenza di legittimità, deve essere risolta – al di là ed a prescindere dalla questione della natura perentoria, ordinatoria, acceleratoria ovvero sollecitatoria del termine in parola – sulla base di quanto disposto dall’art. 21 octies, inserito nel corpus normativo della L. n. 241 del 1990, così come introdotto dalla L. n. 15 del 2005.

Per effetto di tale innovativa disposizione, gli eventuali vizi del procedimento non sono, nella specie, rilevanti, in quanto risulta palese tanto la natura vincolata del provvedimento impugnato quanto la immodificabilità del relativo contenuto (cfr. Cass., Sez. 2^, 7 dicembre 2010, n. 24784, anche sulla portata retroattiva dello ius superveniens).

2. – Il primo motivo di ricorso va pertanto accolto, con assorbimento del secondo, logicamente subordinato al mancato accoglimento del primo.

Ne discende la cassazione dell’impugnato decreto.

La causa va rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, la quale procederà ad un nuovo esame uniformandosi ai principi sopra enunciati e, superata e ritenuta infondata l’eccezione preliminare sollevata dall’opponente relativa alla asserita violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2 e del citato D.M. n. 304 del 1992, provvederà ad esaminare gli altri motivi di opposizione non affrontati nel decreto impugnato perchè ritenuti assorbiti.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

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