Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15848 del 10/07/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 15848 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 8780-2008 proposto da:
IVECO S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell’avvocato DE
LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati DIRUTIGLIANO DIEGO, BONAMICO
2p14

FRANCO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1392

contro

– CIRILLO ANTONIO, DI LORENZO LUIGI, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11,

Data pubblicazione: 10/07/2014

presso lo studio dell’avvocato MELILLO MARIO, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MANZOLI
STEFANO, giusta delega in atti;
– DI MIERI ROSARIO, CERRATO REMO, già elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA PANAMA 48, presso lo studio

difende unitamente agli avvocati DI MARCO TIBERIO,
PELLACANI GIUSEPPE, giusta delega in atti e da ultimo
domiciliati presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE;
– controri correnti nonchè contro

CLEANTECNO S.R.L., LO IACONO DIONISIO,

ROTUNDO

IGINIO, ORLANDO LUCIANO ANTONIO;
– intimati –

sul ricorso 8998-2008 proposto da:
ROTUNDO

IGINO

C.F.

RTNGNII54A19E031Z,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 48,
presso lo studio dell’avvocato LEMME GIULIANO, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati DI
MARCO TIBERIO, PELLACANI GIUSEPPE, giusta delega in
atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente contro

IVECO S.P.A., CLEANTECNO S.R.L.;

dell’avvocato LEMME GIULIANO, che li rappresenta e

- intimate –

Nonché da:
sul ricorso 12967-2008 proposto da:
IVECO S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati DIRUTIGLIANO DIEGO, BONAMICO
FRANCO, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

ROTUNDO

IGINO

RTNGNII54A19E031Z,

C.F.

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 48,
presso lo studio dell’avvocato LEMME GIULIANO, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati DI
MARCO TIBERIO, PELLACANI GIUSEPPE, giusta delega in
atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrente al ricorso incidentale nonchè contro

CLEANTECNO S.R.L.;
– intimata –

sul ricorso 12970-2008 proposto da:
CLEANTECNO

S.R.L.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA,

PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio

PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell’avvocato DE

dell’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
DIRUTIGLIANO DIEGO, BONAMICO FRANCO, giusta delega in
atti;
– controri corrente e ricorrente incidentale –

ROTUNDO IGINIO, IVECO S.P.A.;
– intimati –

avverso la sentenza n. 217/2007 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 22/03/2007 r.g.n. 1592/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2014 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato PATERNO’ FEDERICA per delega DE LUCA
TAMAJO;
udito l’Avvocato MELILLO MARIO, LEMME GIULIANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso IVECO, inammissibilità in
subordine rigetto ricorso ROTUNDO,
ricorsi incidentali.

assorbimento

contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Torino in data 3 giugno 2004 Cerrato Remo,
Cirillo Antonio, Di Lorenzo Luigi, Di Mieri Rosario, Lo Iacono Dionisio,
Orlando Luciano Antonio e Rotundo Iginio convenivano in giudizio la
1VECO s.p.a. e la CLEANTECNO s.r.1., esponendo di avere lavorato alle

inferiore a quello per il quale erano stati assunti e consistenti nello
svolgimento di lavori di pulizia, con contestuale trasferimento dai reparti
produttivi dell’Azienda all’Ente Servizi Generali; quindi esponevano di
avere ricevuto dall’IVECO lettera del 30 novembre 2001 con la quale era
stato loro comunicato il trasferimento, con efficacia dal 1° dicembre 2001,
dalla IVECO s.p.a. alla CLEANTECNO s.r.l. del ramo d’azienda rientrante
nell’Ente Servizi Generali ed afferente le pulizie civili, e che da tale data i
loro rapporti di lavoro sarebbero continuati con la cessionaria ai sensi e per
gli effetti dell’art. 2112 cod. civ. Rispetto a tali vicende, i ricorrenti
lamentavano di avere subito un’illegittima dequalificazione professionale
da parte della IVECO s.p.a. in epoca antecedente al trasferimento del ramo
aziendale, mediante la tbro assegnazione alle mansioni di pulizia oggetto
del ramo d’azienda ceduto, e formulavano domanda di risarcimento del
conseguente danno. Pertanto i ricorrenti impugnavano la cessione dei
contratti di lavoro prodottasi quale effetto ex art. 2112 cod. civ. del
trasferimento del ramo d’azienda cui i medesimi erano adibiti, sia per
l’inesistenza del ramo d’azienda ceduto, sia perché la cessione dei rispettivi
contratti di lavoro sarebbe avvenuta a seguito dell’illegittima assegnazione
di essi ricorrenti ai Servìzi Generali, sia per nullità del negozio traslativo
per violazione degli artt. 1418, 1343 e 1344 cod. civ. Il Cenato ed il Cirillo
lamentavano, altresì, di avere svolto in via continuativa mansioni proprie
della categoria superiore a quella di appartenenza, mentre il Lo Iacono
lamentava di avere subito un danno alla salute a seguito delle condotte

dipendenze della IVECO s.p.a. e di essere stati adibiti a mansioni di livello

avversative poste in essere nei suoi confronti dall’Azienda.
Con sentenza del 7 aprile 2006 l’adito Tribunale di Torino, in parziale
accoglimento delle domande, accertava e dichiarava il diritto del Cirillo ad
essere inquadrato nel superiore 4° livello CCNL Industria Metalmeccanica
Privata dal 1° aprile 1998; accertava e dichiarava l’illegittimità del

pulizia i ricorrenti Cerrato, Cirillo Di Lorenzo, Di Mieri e Rotundo; per
l’effetto condannava la CLEANTECNO s.r.1., attuale datrice di lavoro, ad
adibire i predetti a mansioni equivalenti a quelle svolte in precedenza e
condannava quindi entrambe le convenute, in solido tra loro, al
risarcimento del danno nella misura, per ciascun lavoratore, del 10% della
retribuzione netta percepita dalla data del demansionamento a quella di
deposito del ricorso, oltre a interessi e rivalutazione dalla maturazione del
credito al saldo; respingeva le ulteriori domande.
Con sentenza del 22 marzo 2007 la Corte d’appello di Torino, in parziale
riforma della suddetta sentenza di primo grado, dichiarava la nullità della
cessione dei contratti di lavoro di Cirillo, Cenato, Di Lorenzo e Di Mieri
alla Cleantecno, e condannava la IVECO s.p.a. a ripristinare il rapporto di
lavoro con i medesimi; dichiarava l’illegittimità del demansionamento
operato nei confronti di detti lavoratori e condannava la IVECO s.p.a. ad
assegnarli alle mansioni precedentemente svolte o ad altre equivalenti, ed a
risarcire il danno da loro patito liquidato, per Cenato e Cirillo, in E
25.000,00 ciascuno, e per Di Mieri e Di Lorenzo m E 17.500,00 ciascuno;
assolveva la Cleantecno s.r.l. da ogni domanda formulata nei suoi
confronti; rigettava le domande proposte da Loiacono, Rotundo ed Orlando
con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado; confermava, nel
resto, la sentenza di primo grado. La Corte territoriale ha motivato tale
pronuncia considerando, quanto al demansionamento dei dipendenti
Cenato e Cirillo, che la IVECO non ha provato l’inidoneità fisica allo

demansionamento operato dalla IVECO s.p.a. nell’assegnare a mansioni di

svolgimento

delle

mansioni precedentemente svolte ed addotta a

giustificazione del demansionamento stesso. Quanto ai dipendenti Di Mieri
e Di Lorenzo non è stato provato che la loro inidoneità fisica consenta lo
svolgimento delle mansioni inferiori di pulizia alle quali sono stati adibiti.
Riguardo alle posizioni dei dipendenti Orlando, Lo Iacono e Rotundo, la

costretti già da molti anni addietro allo svolgimento di mansioni inferiori,
per cui non potevano lamentare un demansionamento in questa sede. In
ordine alla cessione del ramo d’azienda alla Cleantecno la Corte territoriale
ne ha ritenuto l’astratta legittimità e validità individuando l’effettiva
esistenza di un autonomo ramo d’azienda oggetto del contratto di cessione
in questione; tuttavia il medesimo giudice dell’appello ha ritenuto inefficace
tale pur valida cessione, nei confronti dei lavoratori demansionati,
ritenendo, oltre all’illegittimità, anche la strumentalità della loro
assegnazione al reparto oggetto, poco tempo dopo, della cessione alla
Cleantecno. In ordine al risarcimento del danno la stessa Corte territoriale
ha considerato che il danno da demansionamento investe la persona del
lavoratore indipendentemente dalla retribuzione spettantegli in concreto, ed
ha quindi provveduto, in tal senso, ad una liquidazione equitativa. Infine è
stata ritenuta giustificato ed ampiamente motivato sulla base delle
deposizioni testimoniali raccolte, il riconoscimento del diritto
all’inquadramento superiore rivendicato dal dipendente Cirillo.
La Iveco propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su
tre motivi.
Il Rotundo propone pure ricorso avverso la stessa sentenza affidato a due
motivi.
Resistono con controricorsi Cirillo, Di Lorenzo, Di MIeri e Cerrato.
La IVECO e la Cleantecno resistono con controricorso al ricorso del
Rotundo, e svolgono distinti ricorsi incidentali affidati ad un unico motivo.

Corte torinese ha considerato che le loro condizioni fisiche li avevano

Il Rotundo resiste con controricorso ai ricorsi incidentali della Iveco e della
Cleantecno.
Orlando e Lo Iacono sono rimasti intimati.
IVECO, Cleantecno, Rotundo, Di MIERI E Cerrato hanno presentato

MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi vanno riuniti essendo proposti avverso la medesima sentenza.
Con il primo motivo del ricorso principale della IVECO si lamenta, ex art.
360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt.
2103 e 2697 cod. civ.; omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio. Il fatto controverso riguarda la
natura, i contenuti professionali e le modalità di espletamento, in concreto,
delle mansioni svolte dai lavoratori immediatamente a valle e a monte del
lamentato demansionamento.
Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.
112 cod. proc. civ. e dell’art. 2112 cod. civ. ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
In particolare si assume che la Corte d’appello ha ritenuto insussistente il
profilo di nullità del contratto di cessione di ramo d’azienda dedotto nel
ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, accogliendo poi un profilo
di inefficacia di tale cessione nei confronti dei lavoratori illegittimamente
demansionati, profilo contenuto solo in tardive difese della difesa dei
lavoratori stessi e non dedotte nella domanda introduttiva.
Con il terzo motivo, ex art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., si deduce
violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 2043 e 2729,1 comma cod.
civ. nonché 115, secondo comma cod. proc. civ.; isufficiente motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il fatto controverso
riguarderebbe la prova dell’esistenza del danno da demansionamento in
relazione all’utilizzo del ragionamento presuntivo.

LI

memeria.

Con il primo motivo del ricorso principale del Rotundo si lamenta
violazione e falsa applicazione degli arti 2103 e 2697 cod. civ. ex art. 360,
n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che sarebbe stata affermata la
legittimità del demansionamento in virtù di un’acquiescenza non prevista
come causa di validità del demansionamento e in assenza della necessaria

Con il secondo motivo si assume difetto di motivazione ex art. 360, n. 5
cod. proc. civ. con riferimento all’affermazione secondo cui la
sopravvenuta inidoneità fisica e l’implicita acquiescenza legittimerebbero il
demansionamento del lavoratore.
Con i ricorsi incidentali la IVECO e la Cleantecno ripropongono, nei
confronti del Rotundo, il medesimo primo motivo di censura di cui al
ricorso proposto dalla IVECO nei confronti dei dipendenti Cerrato, Cirillo,
Di Lorenzo e Di Mieri, lamentando, in via incidentale ex art. 360, nn. 3 e 5
cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 e 2697 cod.
civ.; omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio. Il fatto controverso riguarda la natura, i contenuti
professionali e le modalità di espletamento, in concreto, delle mansioni
svolte dai lavoratori immediatamente a valle e a monte del lamentato
demansionamento.
Il primo motivo del ricorso principale della IVECO è infondato. Va infatti
considerato che, in tema di demansionamento e relativo onere probatorio, il
lavoratore può reagire al potere direttivo che assume esercitato
illegittimamente prospettando circostanze di fatto volte a dare fondamento
alla denuncia e, quindi, con un onere di allegazione di elementi di fatto
significativi dell’illegittimo esercizio, mentre il datore di lavoro, convenuto
in giudizio, è tenuto a prendere posizione, in maniera precisa e non limitata
ad una generica contestazione, circa i fatti posti dal lavoratore a
fondamento della domanda (art. 416 c.p.c.) e può allegarne altri, indicativi,

espressa pattuizione espressa.

per converso, del legittimo esercizio del potere direttivo (Cass. Sez. Un. 6
marzo 2009, n. 5454). Nel caso in esame i lavoratori hanno evidentemente
contestato le mansioni successivamente loro affidate, per cui era onere del
datore di lavoro convenuto IVECO controdedurre puntualmente a quanto
dedotto dai lavoratori con controdeduzioni riferite, come nel caso in esame,

pretendere dagli stessi lavorativi la prova di circostanze ulteriori a quelle
dell’effetti vo svolgimento di mansioni inferiori.
Parimente infondato è il secondo motivo del medesimo ricorso. Il quesito
di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. è, infatti in
conferente con la lamentata violazione di norma processuale relativa alla
corrispondenza fra chiesto e pronunciato. Il ricorrente lamenta infatti, che
la Corte territoriale avrebbe considerato l’inefficacia del contratto di
cessione d’azienda nei confronti dei lavoratori interessati alla controversia,
profilo che non sarebbe stato dedotto dagli originari ricorrenti che avevano
invece dedotto l’illegittimità dalla cessione di azienda stesso, profilo
rigettato dalla Corte territoriale; il quesito di diritto è, invece riferito alla
diversa questione della legittimità della cessione di azienda, questione già
risolta dalla Corte territoriale, e non contestata.
Anche il terzo motivo del ricorso principale è infondato. Il diritto del
lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale non può prescindere
da una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del danno
medesimo, ma la sua dimostrazione in giudizio può essere fornita con tutti i
mezzi offerti dall’ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la
prova per presunzioni, alla luce della complessiva valutazione di precisi
elementi in tal senso significativi – quali le ragioni dell’illegittimità del
provvedimento di revoca, le caratteristiche, durata, gravità e conoscibilità
nell’ambiente di lavoro dell’attuato demansionamento, la frustrazione di
ragionevoli aspettative di progressione, le eventuali reazioni poste in essere

alle mansioni a valle o a monte, provando tali circostanze, senza poter

nei confronti del datore di lavoro comprovanti l’avvenuta lesione
dell’interesse relazionale – la cui isolata considerazione si risolverebbe in
una lacuna del procedimento logico e valutativo seguito dal giudice di
merito (Cass. 21 marzo 2012, n. 4479). Nel caso in esame la Corte
territoriale ha fatto corretta applicazione di tale proncipio di diritto,

danno liquidato, applicando un criterio di liquidazione certamente logico,
quale quello che si riferisce alla sfera personale del lavoratore al di là della
differenza di retribuzione, criterio che sfugge ad ogni censura di legittimità.
I due motivi del ricorso 15~ del Rotundo possono esaminarsi
congiuntamente riferendosi entrambi all’acquiescenza, ritenuta dal giudice
dell’appello, e che preclude al lavoratore la contestazione delle mansioni
inferiori assegnategli. In particolare il ricorrente in questione ra stato
pacificamente ritenuto inidoneo, in passato, alle mansioni a cui era
originariamente adibito, e, per il suo stato invalidante aveva accettato di
essere adibito a mansioni inferiori. Pertanto il medesimo lavoratore, in caso
di successiva adibizioni ad altre mansioni inferiori, non può dolersi di tale
demansionamento che trae comunque origine dalla medesima inidoneità
che aveva procurato il demansionamento originariamente accettato.
Il ricros incidentale della IVECO e della Cleantecno sono assorbiti.
La complessità delle varie situazioni dedotte in giudizio e il diverso
orientamente manifestato dai giudice dei due gradi del giudizio di merito,
giustificano la compensazione fra le parti delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione riunisce i ricorsi e li rigetta;
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2014.

considerando tutte le circostanze che legittimamente rendono presunto il

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