Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15847 del 19/07/2011

Cassazione civile sez. II, 19/07/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 19/07/2011), n.15847

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonio – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI GRACCHI 6, presso lo studio dell’avvocato LUCARELLI

FEDERICO, rappresentato e difeso dall’avvocato FERRI ANTONIO;

– ricorrente –

contro

R.A.C., D.G.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 267/2005 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 05/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2011 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.G. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in data 8-2-1995 dal Presidente del Tribunale di Campobasso in favore di R.A.C. e D.G. A., con il quale gli veniva intimato il pagamento della somma di L. 36.285.100, oltre interessi legali dal 15-12-1994.

Con sentenza dell’8-1-2001 il Tribunale di Campobasso revocava il decreto opposto, condannando il L. alla restituzione in favore dei coniugi R. e D.G. della somma di L. 29.497.000, oltre interessi legali dal 12-5-1998 al saldo.

Tale sentenza veniva impugnata con appello principale dal L. e con appello incidentale dal R. e della D.G..

Con sentenza depositata il 5-10-2005 la Corte di Appello di Campobasso, in accoglimento dell’appello principale, dichiarava la nullità della sentenza di primo grado; revocava il decreto opposto;

nel dare atto che i committenti R. e D.G. avevano esercitato il diritto di recesso, quantificava l’indennizzo spettante all’appaltatore L. ex art. 1671 c.c. in lire 64.040.500, al medesimo già versati dagli opposti all’atto della stipula del contratto di appalto; condannava l’opponente al pagamento in favore degli opposti della somma di L. 35.959.500, pari ad Euro 18.573,00, oltre interessi legali dalla data della messa in mora (21- 2-1995) al soddisfo; compensava interamente tra le parti le spese di doppio grado.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il L., sulla base di un unico motivo.

Gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 1671 c.c. e art. 112 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Sostiene che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che l’indennizzo spettante all’opponente ex art. 1671 c.c. per il recesso esercitato dai committenti andava limitato, in ragione di un suo asserito inadempimento, al rimborso dei lavori eseguiti. Deduce che, non avendo il R. e la D.G. chiesto il risarcimento dei danni, all’appaltatore andavano riconosciute anche le spese sostenute e il mancato guadagno; e che, in considerazione della notevole difficoltà della prova dell’ammontare di tali voci, le stesse avrebbero dovuto essere liquidate in via equitativa ex art. 1226 c.c. Aggiunge che la Corte di Appello ha omesso dì motivare riguardo alle ragioni per le quali erano state disattese le specifiche censure – mosse dal L. all’operato del consulente tecnico d’ufficio.

Il ricorso è inammissibile.

Ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 2, il ricorso deve recare, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa.

Per soddisfare il requisito in parola, è necessario che dal contenuto del ricorso sia possibile desumere tutti gli elementi idonei a porre il giudice di legittimità in grado di avere una chiara e completa cognizione dell’oggetto della controversia, delle vicende del processo e delle posizioni ivi assunte dalle parti, così da cogliere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice di merito, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (tra le tante v. Cass. S.U. 18-5-2006 n. 11653; Cass. 12-6-2008, n. 15808;

Cass. 9-3-2010 n. 5660).

Nella specie, il ricorso contiene una brevissima e insufficiente premessa in fatto, nella quale si fa un generico riferimento al decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale e al dispositivo delle sentenze di primo e secondo grado, senza alcun cenno all’oggetto della pretesa azionata dal R. e dalla D. G., al contenuto dell’opposizione proposta dal L. ed alle ragioni in fatto e in diritto poste a base delle decisioni di merito; nè dal contesto del ricorso medesimo è possibile ricavare una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia, delle posizioni assunte dalle parti, delle tesi in fatto e in diritto dalle stesse sviluppate nei rispettivi scritti difensivi, delle vicende del processo e delle argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata.

Questa Corte, pertanto, non è posta in condizione, sulla base della sola lettura del ricorso, di avere una sufficiente conoscenza del fatto sostanziale e processuale, tale da far intendere il significato e la portata delle doglianze mosse alla pronuncia impugnata.

Poichè gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva, non va adottata alcuna pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

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