Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15845 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 29/07/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 29/07/2016), n.15845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2654-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CANNETO DI M.M. E C. SAS in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

ANGELICO 97, presso lo studio dell’avvocato GENNARO LEONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GUERRINO MAESTRI con procura

notarile del Not. Dr. PATRIZIA BELLI in LATINA rep. n. 140.445

dell’08/02/2011;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 608/2007 della COMM.TRIB.REG DEL LAZIO –

SEZ.DIST. di LATINA, depositata il 13/12/2007:

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERROSI;

udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato IBELLO che deposita proc. notarile

per la discussione orale Dott. CLAUDIO MACIARIELLO Not. in LATINA

rep. n. 69.354 del 09/06/2016 nel merito chiede il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio, sez. dist. di Latina, che, accogliendo il gravame proposto dalla Canneto di M.M. & c. s.a.s., ha ritenuto illegittimo un avviso di irrogazione di sanzioni per impiego di manodopera irregolare.

La commissione tributaria ha affermato che, in sede di accertamento ispettivo dell’Inps, era stata reperita documentazione contabile e amministrativa comprovante l’esistenza di otto rapporti di lavoro autonomo e occasionale, ai quali la società aveva fatto legittimo ricorso in base al D.Lgs. n. 276 del 2003 (cd. legge Biagi); inoltre che in base alla sentenza n. 144-05 della corte costituzionale era venuta meno, all’esito del conseguente L. n. 248 del 2006, art. 36 bis, comma 7, della, la presunzione assoluta discendente dal D.L. n. 12 del 2002, art. 3 quanto alla data di inizio del rapporto di lavoro irregolare.

La società ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Col primo mezzo l’amministrazione denunzia l’insufficiente motivazione della sentenza, non avendo la commissione tributaria considerato le effettive modalità di svolgimento dell’attività di lavoro, a prescindere dalle lettere di incarico rinvenute in sede ispettiva, e in particolare l’osservanza di un orario di lavoro, lo svolgimento della prestazione nei locali dell’impresa e con utilizzo della struttura organizzativa, la continuità della prestazione; e di avere quindi deciso la controversia in senso favorevole alla contribuente nonostante la mancanza di elementi di prova tesi a dimostrare la natura autonoma dell’attività in concreto svolta dagli otto lavoratori.

Col secondo mezzo l’amministrazione deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, conv. con modificazioni in L. n. 73 del 2012, per avere la commissione tributaria ritenuto provata la data di inizio del rapporto in base a dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva.

2. – Il ricorso, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati perchè connessi, è fondato nel senso che segue.

3. – Giova premettere che l’ispettorato dell’Inps – per quanto dal ricorso è possibile comprendere, attesa la trascrizione di alcune parti del relativo verbale – aveva esplicitamente riferito che, sul piano previdenziale, il lavoro svolto dai soggetti rinvenuti nei locali dell’impresa era da inquadrare come lavoro dipendente in orario notturno, essendosi trattato di personale adibito a barista, cameriere, cassiera e altro, normalmente caratterizzato da subordinazione.

Consequenziale era l’addebito di irregolarità della prestazione ivi svolta, mancando la regolare assunzione dei predetti lavoratori.

La sentenza della commissione tributaria regionale ha invece affermato che si era trattato di lavoratori “autonomi e occasionali”.

Ma il generico accenno al riscontro di “documentazione contabile e amministrativa comprovante l’esistenza di (..) rapporti di lavoro autonomo ed occasionale” non soddisfa l’onere di motivazione, vuoi perchè niente è stato specificato in ordine al tipo di documentazione richiamata e al relativo contenuto, vuoi perchè la sentenza ha rinunciato a verificate quale fossero, rispetto a ciò che dal verbale ispettivo era emerso, le modalità effettive di svolgimento dell’attività di lavoro.

4. – Secondo la giurisprudenza di questa corte la qualificazione del rapporto di lavoro, operata dalle parti, come contratto di collaborazione coordinata e continuativa non assume rilievo dirimente in presenza di elementi fattuali – quali la previsione di un compenso fisso e di un orario di lavoro stabile e continuativo, il carattere delle mansioni, nonchè il collegamento tecnico organizzativo e produttivo tra la prestazione svolta e le esigenze aziendali – che costituiscono indici rivelatori della natura subordinata del rapporto stesso, anche se svolto per un arco temporale esiguo (v. Sez. lav. n. 7024-15).

Ragion per cui era tenuta, la commissione tributaria, a verificare la natura del rapporto sulla scorta dei riferiti elementi, sebbene l’obbligo di lavoro fosse stato assunto per un breve periodo di tempo e ancorchè il nomen luris del contratto sottoscritto tra le parti fosse riferito a una collaborazione autonoma.

5. – Del tutto errata, nella sua genericità, è poi l’altra affermazione sulla quale la sentenza ha fatto leva per accogliere l’appello della società.

La commissione tributaria ha ritenuto che, in base alla sentenza n. 144-05 della corte costituzionale, e dalle norme a essa conseguite, fosse venuta meno la “presunzione assoluta” di inizio del rapporto di lavoro al primo gennaio dell’anno in cui la violazione era stata constatata.

Nella specie la sanzione era stata irrogata “per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione”.

E’ da puntualizzare che la sentenza della corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3, comma 3, (conv. nella L. 23 aprile 2002, n. 73) nella parte in cui non consente al datore di lavoro di provare che il rapporto di lavoro irregolare abbia avuto inizio successivamente al 1 gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.

La sentenza ha inciso sulla presunzione legale semplicemente imponendone un’applicazione nel senso di presunzione relativa, stante che contro la medesima è ammessa la prova contraria a carico del datore di lavoro. Consegue che nessun obbligo compete, invece, a carico dell’ente irrogante la sanzione di provare l’effettiva prestazione per il detto periodo.

6. – L’impugnata sentenza va dunque cassata con rinvio alla medesima commissione tributaria regionale, diversa sezione, la quale, uniformandosi ai principi di diritto esposti, provvederà ai conferenti accertamenti di fatto così da definire, in base a essi, il merito della controversia.

La commissione provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale del Lazio.

Deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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