Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15845 del 26/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 26/06/2017, (ud. 26/04/2017, dep.26/06/2017),  n. 15845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6237-2013 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI 29, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO ALIBERTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO SALARI;

– ricorrente –

contro

COAP GENERALI (COSTRUZIONI E APPALTI GENER.) SRL (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TARO 35, presso lo studio

dell’avvocato CLAUDIO MAZZONI, rappresentata e difesa dall’avvocato

DIEGO MANZO;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso 6237-2013 proposto da:

COAP GENERALI (COSTRUZIONI E APPALTI GENER.) SRL (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TARO 35, presso lo studio

dell’avvocato CLAUDIO MAZZONI, rappresentata e difesa dall’avvocato

DIEGO MANZO;

– ricorrente incidentale –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI 29, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO ALIBERTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO SALARI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 348/2012 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata l’11/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1.IL CONDOMINIO (OMISSIS) propone ricorso, articolato in quattro motivi, avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 348/2012, depositata l’11/09/2012. La CO.AP. Generali s.r.l. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, dal quale il (OMISSIS), si difende a sua volta con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1.

2. La Corte di Perugia ha accolto l’appello formulato dalla CO.AP. GENERALI S.R.L. contro la decisione di primo grado del Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Foligno, ed ha così rigettato l’opposizione spiegata dal Condominio (OMISSIS), contro il decreto ingiuntivo n. 158/2003 inerente il pagamento di Euro 20.315,24, oltre interessi, a titolo di residuo prezzo dell’appalto dei lavori di riparazione e miglioramento sismico del fabbricato, conseguenti al terremoto del 1997. Il Tribunale di Perugia, sezione di Foligno, sull’eccezione dell’opponente, aveva rilevato il difetto di legittimazione dell’opposta CO.AP. s.r.l., ricorrente in sede monitoria, in quanto non mandataria dell’A.T.I. costituita per l’esecuzione dei lavori. La Corte d’Appello ha invece ritenuto priva di fondamento tale questione di legittimazione, avendo la CO.AP. s.r.l. prodotto la Delib. assemblea A.T.I. 4 giugno 2002, contenente la cessione del credito dedotto in lite, cessione poi notificata al Condominio in data 15-19/06/2002. La Corte di Perugia ha, inoltre, dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dall’opposta CO.AP. per l’ulteriore somma di Euro 1.821,20. La sentenza impugnata, infine, ha rigettato nel merito l’opposizione, negando il diritto del Condominio committente ad avere lo sconto del 10% recepito nel preventivo dell’impresa individuale M.G. (altra componente dell’A.T.I. appaltatrice), non avendo le parti inserito tale sconto nel contratto, il quale, anzi, all’art. 1 richiamava il preventivo insieme al progetto ed al capitolato, ma solo al fine di delimitare l’oggetto del contratto.

3. In via pregiudiziale, va ritenuto che il controricorso della CO.AP. s.r.l. valga altresì come ricorso incidentale. Il paragrafo 5 del controricorso, invero, evidenzia la “erroneità ed illegittimità” della declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale, sostenendo l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale che ammette la proponibilità di domande riconvenzionali dell’opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in contrasto con quanto affermato dalla Corte d’Appello. Nelle conclusioni del controricorso, la CO.AP. chiede, poi, al numero 1, “in via principale, rigettare integralmente il ricorso ex art. 360 c.p.c. notificato dal Condominio (OMISSIS) in data 27.02/2013”; al numero 2, il controricorrente chiede di “confermare la legittimità del decreto ingiuntivo… e della domanda riconvenzionale spiegata nel primo grado di giudizio”. Emerge, pertanto, in tali conclusioni la richiesta, ancorchè implicita, di cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Perugia quanto alla statuizione sulla domanda riconvenzionale.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, infatti, un controricorso ben può valere come ricorso incidentale, purchè, a tal fine, per il principio della strumentalità delle forme secondo cui ciascun atto deve avere quel contenuto minimo sufficiente al raggiungimento dello scopo – esso contenga i requisiti prescritti dall’art. 371 c.p.c. in relazione ai precedenti artt. 365, 366 e 369, e, in particolare, la richiesta, anche implicita, di cassazione della sentenza, specificamente prevista dall’art. 366 c.p.c., n. 4 (Cass. Sez. U. 07/12/2016, n. 25045; Cass. Sez. 1, 21/10/2005, n. 20454).

Tale ricorso incidentale è tuttavia inammissibile, secondo quanto eccepito dalla difesa del Condominio via Friuli 1 nell’apposito controricorso. Lo stesso Condominio aveva, infatti, già notificato un primo ricorso alla CO.AP. in data 31 gennaio 2013, ricorso che tuttavia non veniva depositato nel termine di cui all’art. 369 c.p.c.. Il Condominio (OMISSIS) notificava quindi alla CO.AP. il 27 febbraio 2013 un secondo ricorso, quello attualmente in esame, e soltanto in data 8 aprile 2013 la CO.AP. notificava il controricorso contenente altresì il ravvisato ricorso incidentale.

Secondo allora l’orientamento di questa Corte, che viene qui ribadito, in tema di giudizio di cassazione, non si verifica consumazione del diritto di impugnazione, ai sensi dell’art. 387 c.p.c., qualora, dopo un primo ricorso non depositato nel termine di cui all’art. 369 c.p.c., venga proposto un secondo ricorso prima che sia stata pronunciata l’improcedibilità del precedente e detta riproposizione avvenga, ex art. 325, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione del primo ricorso – equivalendo questa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante – e, ex art. 327 (formulazione nella specie applicabile, ratione temporis), nel termine annuale dalla pubblicazione della sentenza impugnata. Nel caso di tempestiva riproposizione, poi, il termine di venti giorni prescritto dagli artt. 370 e 371 c.p.c. per la notificazione del controricorso e del ricorso incidentale deve ritenersi decorrente dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del primo ricorso e non del secondo, atteso il suddetto rilievo da attribuire alla data di notificazione di tale primo ricorso non depositato – ai fini del computo del termine breve per la sua valida riproposizione (Cass. Sez. 1, 30/08/2004, n. 17411).

In ogni caso, il ricorso incidentale non indica motivi formulati secondo i necessari caratteri di tassatività e specificità prescritti dall’art. 360 c.p.c. e dall’art. 366c.p.c., comma 1, n. 4.

4. Il primo motivo del ricorso del Condominio (OMISSIS) denuncia omesso esame di fatto decisivo, avendo la Corte d’Appello definito incontestata la documentazione comprovante la legittimazione della CO.AP., mentre la difesa del medesimo opponente aveva sempre replicato, a dire del ricorrente, che la CO.AP. non fosse la mandataria dell’A.T.I.. Il medesimo ricorrente evidenzia di non aver mai contestato che al Condominio venne comunicata la delibera assembleare dell’A.T.I. cui fa cenno la Corte di Perugia, ma che si trattava di questioni relative ai rapporti interni tra imprese associate e capogruppo.

Questo primo motivo di ricorso è infondato, e prima ancora carente dei necessari requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata. La censura si incentra sul difetto di legittimazione della CO.AP. s.r.l. ad agire in sede monitoria per la riscossione del corrispettivo d’appalto secondo le regole dell’associazione temporanea di imprese. Il Condominio ricorrente si dilunga sulla natura del rapporto di mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, conferito da una o più imprese, collettivamente, ad altra impresa “capogruppo”, normativamente tipico dell’associazione temporanea di due o più imprese relativa all’aggiudicazione ed all’esecuzione dei contratti di appalto di opere pubbliche, per inferirne che è la sola “capogruppo” (e dunque, nella specie, l’impresa M.) il soggetto legittimato a compiere, nei rapporti con la committenza, ogni attività giuridica connessa o dipendente dall’appalto e produttiva di effetti giuridici direttamente nei confronti delle imprese mandanti sino all’estinzione del rapporto. Il motivo non tiene così conto che la Corte d’Appello di Perugia ha invece fondato la legittimazione della CO.AP. s.r.l. a riscuotere il corrispettivo d’appalto non sulla sua qualifica di rappresentante dell’associazione temporanea di imprese, ma su quella di cessionaria del relativo credito verso il committente, qualificando, appunto, come cessione del credito il contenuto della Delib. associativa di scioglimento e di regolamentazione dei rapporti pendenti avvenuta il 4 giugno 2002 e notificata al Condominio, debitore ceduto, il 15/19 giugno 2002. Tale delibera di scioglimento del rapporto interno non è stata valutata dalla Corte di merito quale convenzione idonea a produrre effetti giuridici sull’assetto del rapporto contrattuale esterno col Condominio di (OMISSIS), ovvero sull’esecuzione dell’appalto, ma come cessione (parziale) in favore della CO.AP. s.r.l. dei crediti maturati dall’A.T.I. per i lavori da essa eseguiti e contabilizzati. In sostanza, la legittimazione della CO.AP. è stata rinvenuta dalla Corte di Perugia nel disposto dell’art. 1264 c.c., secondo cui la cessione del credito ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’abbia accettata, o quando gli sia stata notificata (come avvenuto nel caso in esame), norma dettata con riguardo all’interesse del debitore stesso, al fine di ammettere od escludere la portata liberatoria del pagamento fatto al cedente, anzichè al cessionario, nonchè per determinare la prevalenza fra più cessioni, fermo restando che la cessione medesima, perfezionatasi con l’accordo fra cedente e cessionario, opera il trasferimento della titolarità del diritto ceduto, e, conseguentemente, attribuisce di per sè al solo cessionario la legittimazione ad agire contro il debitore per conseguire la prestazione dovuta (arg. da Cass. Sez. 3, 05/11/2009, n. 23463).

5. Anche il secondo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo e si riferisce alla pattuizione dello sconto del 10%. Vi si assume che l’art. 1 del contratto d’appalto, menzionato dalla stessa Corte d’Appello, e intitolato “oggetto dell’appalto”, facesse espresso rinvio “alle condizioni tutte contenute nel presente contratto e nei seguenti atti e documenti allo stesso allegati quali parti integranti e sostanziali”, tra cui, al numero 6, indicava “preventivo dell’Impresa M.”. Tale documento richiamato stabiliva il totale del corrispettivo d’appalto in Lire 929.895.000 con sconto del 10% pari a 92.989.500.

Il terzo motivo di ricorso denuncia ancora l’omesso esame del verbale di assemblea condominiale del 29 aprile 1999 e del contratto del 3 giugno 1999, che ancora facevano rinvio al preventivo M..

Il quarto motivo di ricorso denuncia l’omesso esame della memoria di costituzione della A.B.IM.- Costruzioni Generali s.r.l. di Napoli-, una delle tre imprese riunite nell’A.T.I., la quale riconosceva formalmente l’esistenza dello sconto del 10%.

I tre motivi possono essere trattati unitariamente, imponendo una comune delimitazione dell’ambito del controllo devoluto a questa Corte sulla sentenza impugnata per il tramite dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

E’ applicabile in questo giudizio, infatti, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata l’11 settembre 2011, data esattamente coincidente col trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134. Per effetto della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio specifico denunciabile per cassazione è quello relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). Il sindacato di legittimità sulla motivazione è quindi tuttora consentito intorno ai “fatti”, ai dati materiali, agli episodi fenomenici rilevanti ed alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente l’esito del giudizio. La risultante riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione comporta che sia attualmente denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

Ciò induce a reputare infondati il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso.

La Corte d’Appello di Perugia ha negato il diritto del Condominio committente a vedersi praticato lo sconto del 10%, espressamente contemplato nel preventivo redatto il 30 dicembre 1998 dall’impresa M.G. (una delle componenti dell’A.T.I. appaltatrice), in quanto le parti non avevano poi inserito tale sconto nel contratto. La stessa Corte di merito ha dato atto che l’art. 1 del contratto d’appalto richiamasse, tra i vari documenti, proprio il preventivo M., “ma solo al fine di delimitare l’oggetto del contratto”. La motivazione così espressa nella sentenza impugnata è frutto di un accertamento di fatto della volontà negoziale, che costituisce prerogativa del giudice di merito, avendo la Corte d’Appello scelto quali elementi emergenti dalle risultanze documentali dovessero apprezzarsi a tal fine. Nè l’omesso esame di dati negoziali, che si assumano probatoriamente rilevanti a fini interpretativi, può essere ricondotto al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (arg. da Cass. Sez. 3, 08/03/2017, n. 5795).

E’, del resto, costante l’interpretazione di questa Corte secondo cui, quando le parti richiamino, ai fini dell’integrazione del contenuto dell’accordo contrattuale, uno schema o un documento precedentemente predisposto e noto ai contraenti, quello schema o documento richiamato assume, secondo il meccanismo della “relatio perfecta”, il valore di ulteriore oggetto concordato, sempre che non emerga che il rinvio non investa tutte le clausole del documento richiamato. Ancora una volta, va perciò ribadito che, qualora, con riguardo alla stipula di un contratto d’appalto, le parti abbiano fatto espresso riferimento, per determinarne la portata ed il limiti, ad una specifica convenzione ovvero alla disciplina compiutamente fissata in un distinto documento, sulla premessa della conoscenza di tale documento ed al fine dell’integrazione del rapporto negoziale nella parte in cui difetti di una diversa regolamentazione, spetta al giudice del merito verificare se detto richiamo assegni alle previsioni di quella disciplina, per il tramite di “relatio perfecta”, il valore di clausole aventi natura e portata negoziale (Cass. Sez. 6 – 1, 30/03/2011, n. 7197; arg. anche da Cass. Sez. 1, 06/09/2006, n. 19130; Cass. Sez. 3, 14/04/2005, n. 7763).

6. Consegue il rigetto del ricorso principale.

Stante la reciproca soccombenza, in ragione del rigetto del ricorso principale e dell’inammissibilità del ricorso incidentale, possono compensarsi tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per le impugnazioni integralmente rigettate.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese processuali sostenute nel giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2017

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