Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15845 del 05/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 05/07/2010, (ud. 28/04/2010, dep. 05/07/2010), n.15845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 598/2008 della CORTE D’APPELLO di MESSINA

dell’8.5.08, depositata il 04/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2010 dal Presidente Relatore Dott. BATTIMIELLO Bruno;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. FINOCCHI GHERSI Renato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Letta la sentenza con cui la Corte d’appello di Messina, confermando la statuizione di primo grado, dichiarava il diritto di B.S. alla trasformazione – dal momento della relativa domanda – della pensione di invalidita’ di cui alla L. del 1939 in pensione di vecchiaia, affermando che i periodi di godimento di quella prestazione erano utili ai fini del diritto alla maturazione della pensione di vecchiaia; soggiungeva la Corte che l’interesse alla trasformazione consisteva nel vantaggio di ottenere una prestazione definitiva, essendo invece revocabile la pensione di invalidita’, e nel fatto che vi era comunque salvezza del trattamento previdenziale piu’ favorevole;

Letto il ricorso dell’Inps;

Letta la relazione resa ex art. 380 bis c.p.c., di manifesta fondatezza dei ricorso;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili;

E’ stato infatti gia’ affermato (Cass. n. 18580 del 07/07/2008, n. 21292 del 06/10/2009) che “La trasformazione della pensione di invalidita’ in pensione di vecchiaia al compimento dell’eta’ pensionabile e’ possibile ove di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l’anzianita’ contributiva, il periodo di godimento della pensione di invalidita’. Infatti, deve escludersi la possibilita’ di applicare alla pensione di invalidita’ la diversa regola prevista dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10 in riferimento all’assegno di invalidita’ – secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attivita’ lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia – giacche’ ostano a siffatta operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione di invalidita’, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento dell’anzianita’ contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di attivita’ lavorativa e di versamento di contributi, nonche’ le differenze esistenti tra la disciplina sulla pensione di invalidita’ e quella sull’assegno di invalidita’, la’ dove quest’ultimo, segnatamente, e’ sottoposto a condizioni piu’ rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti.

Ritenuto che va ulteriormente precisato che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, non esiste la regola del mantenimento del trattamento previdenziale piu’ favorevole – per cui la pensione di vecchiaia, avente origine dalla trasformazione non puo’ essere di importo inferiore rispetto a quello di cui alla pensione di invalidita’ gia’ in godimento – perche’ detta regola e’ stata dettata dalla L. n. 222 del 1984 (art. 1, comma 10) solo per il caso di trasformazione dell’assegno di invalidita’ in pensione di vecchiaia, mentre nulla e’ previsto per la pensione di invalidita’ di cui alla L. del 1939.

Invero, e’ gia’ stato chiarito (Cass. 18580/2008) che la applicazione alla pensione di invalidita’ delle stesse regole previste per l’assegno dalla L. n. 222 del 1984, appare da escludere considerando le profonde differenze che corrono tra le due prestazioni e che ne giustificano la diversa disciplina, essendo la prima molto piu’ favorevole rispetto alla seconda: in primo luogo cambiano le condizioni relative alla misura dello stato invalidante, giacche’ la riduzione della capacita’ di “guadagno” prevista per la pensione investiva un ambito di operativita’ piu’ ampio rispetto alla riduzione della capacita’ di “lavoro” prevista per l’assegno; inoltre la pensione di invalidita’ era prestazione a carattere definitivo, soggetta solo a revoca per riacquisto della capacita’ di guadagno (R.D.L. n. 636 del 1939, art. 10), mentre l’assegno ha durata triennale, confermabile su domanda dell’interessato; inoltre la pensione e’ integrabile al minimo, mentre l’assegno non lo e’ nella stessa misura; piu’ oneroso e’ il requisito contributivo, poiche’, se per entrambi e’ previsto il quinquennio di contribuzione, per l’assegno sono necessari tre anni di contribuzione nell’ultimo quinquennio (L. n. 222 del 1984, art 4), mentre per la pensione era sufficiente un solo anno.(L. n. 1272 del 1939, art. 9, n. 2, lett. b); inoltre, vi e’ una ulteriore peculiarita’ che giustifica la diversita’ di disciplina, e cioe’ che la pensione di invalidita’ era reversibile ai superstiti, mentre l’assegno non lo e’. Inoltre la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 18 del 1998 ha affermato che “…nessun principio costituzionale – ne’, del resto, la disciplina previdenziale nel suo complesso – accordano tutela alla pretesa dell’assicurato al trattamento pensionistico complessivo piu’ favorevole”.

Ritenuto che, pertanto, il titolare della pensione di invalidita’ che chieda la trasformazione di questa in pensione di vecchiaia, ne avra’ diritto, dalla data della domanda, se in possesso dei requisiti previsti per la pensione di vecchiaia medesima, senza il computo dei periodi di godimento della prestazione precedente e nella misura spettante, che potra’ essere quindi anche inferiore rispetto a quella della pensione di invalidita’ di cui godeva;

Ritenuto che pertanto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla medesima C.A. di Messina in diversa composizione, a cui e’ rimesso di accertare il possesso dei requisiti per il diritto a pensione di vecchiaia, nei termini sopra stabiliti, rimettendo al Giudice del rinvio anche la statuizione delle spese del presente processo.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.

Cosi’ deciso in Roma, il 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2010

 

 

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