Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15844 del 08/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/06/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 08/06/2021), n.15844

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1209/2018 proposto da:

PINIROMA s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore con

sede in Castel Volturno, rappresentata e difesa dall’avv. Fausto

Porcù, (pec: fausto.porcu.pec.it) elettivamente domiciliata in

Caserta via Galileo Galilei 2/A (studio Forensia Legali Associati);

domicilio in Roma, p.zza Cavour, presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO GENERALE DI BONIFICA BACINO INFERIORE DEL VOLTURNO, con

sede legale in Caserta, in persona del Commissario e legale

rappresentante pro tempore domiciliata in Roma, Lungotevere dei

Mellini 17 presso lo studio dell’avv. Oreste Cantillo che la

rappresenta e difende unitamente all’avv. Guglielmo Cantillo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4666/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA depositata in data 22/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 20/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RUSSO

RITA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1.- La società ha impugnato l’avviso ad essa notificato per il pagamento di oneri consortili, relativi all’anno 2014, lamentando, tra l’altro, la nullità dell’avviso e che essa non trae beneficio dalle opere del Consorzio. Il ricorso è stato accolto in primo grado. Ha proposto appello la società e la CTR della Campania, con sentenza depositata in data 22 aprile 2017 ha riformato la sentenza impugnata, rigettando l’originario ricorso della contribuente, rilevando che nella specie non è contestata la vigenza di un valido piano di classifica il che implica una presunzione di vantaggio rispetto alla quale il contribuente è tenuto a dare prova contraria; di conseguenza il giudice d’appello ha ritenuto che non può ritenersi necessaria la indicazione nell’avviso di pagamento dei benefici diretti e specifici che ne trae il contribuente e che l’avviso fosse pertanto da ritenersi sufficientemente motivato. La CTR ha altresì osservato che in grado di appello la società contribuente è rimasta contumace, così non riproponendo ex art. 346 c.p.c. le questioni rimaste assorbite, che di conseguenza non sono state esaminate.

2.- Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società affidandosi un motivo. Ha resistito con controricorso il Consorzio. La causa è stata trattata alla udienza camerale del 20 gennaio 2021.

Diritto

RITENUTO

che:

3.- Con il primo e unico motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio. La parte deduce che la CTR non ha tenuto conto che nel giudizio di primo grado essa aveva provato a mezzo di consulenza che il suo fondo non trae vantaggio dalle opere di bonifica eseguite dal Consorzio. Il contribuente deduce che la sentenza di secondo grado ignora completamente la parte della sentenza di primo grado in cui il giudice spiegava che il contribuente aveva anche dimostrato con allegazione peritale l’assenza di ogni beneficio.

Il motivo è inammissibile.

Parte ricorrente non trascrive quella parte della sentenza di primo grado in cui si sarebbe detto che la società avrebbe dimostrato “con allegazione peritale” l’assenza di ogni beneficio.

Si desume invece dalla sentenza d’appello, nonchè da quella parte della sentenza di primo grado che la ricorrente effettivamente trascrive in ricorso, che l’opposizione della società, fondata su più motivi, è stata accolta in primo grado perchè la CTP ha ritenuto che “nell’atto impugnato deve essere indicato e quindi provato dal consorzio impositore, l’esistenza di un beneficio diretto e specifico arrecato l’immobile del contribuente” e quindi il ricorso è stato accolto per la ragione assorbente che nell’atto impugnato “l’amministrazione consortile non ha indicato alcuna prova di tale beneficio diretto e specifico con violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, che prevede l’obbligo di motivare le ragioni dell’imposizione”.

La ricorrente invero trascrive anche quella parte della sentenza di primo grado dove si dà atto che essa contribuente ha depositato una relazione tecnica, ma non risulta che l’esame di detta relazione abbia avuto un ruolo nella decisione della CTP, che, come si è detto, per quanto qui risulta, ha esaminato solo la questione del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, ragione di per sè sufficiente a fondare la decisione di accoglimento.

La decisione di primo grado in ordine alla ritenuta insufficienza della motivazione dell’avviso di accertamento non è stata condivisa dal giudice d’appello che ha richiamato – correttamente – il principio consolidato secondo il quale ove i fondi siano compresi nel perimetro consortile, in difetto di specifica contestazione del piano di classifica e ripartizione da parte del contribuente, grava sullo stesso l’onere di superare, mediante prova contraria, la presunzione del beneficio diretto e specifico derivante dalle opere realizzate dal consorzio (Cass. 9511/2018). Rese queste premesse, ha quindi ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento, non essendovi onere per il Consorzio – come erroneamente ritenuto dal giudice di primo grado – di indicare nell’atto i benefici diretti e specifici che il privato trae dalle opere consortili, ove abbia già enunciato la sussistenza del piano di classifica e ripartizione.

Sugli altri motivi di opposizione e sulla congruità della pretesa, la CTR, preso atto della contumacia della contribuente, richiama, altrettanto correttamente, la regola posta dall’art. 346 c.p.c. secondo la quale le questioni assorbite devono essere riproposte dalla parte in grado d’appello, diversamente si intendono rinunciate.

Rimanendo contumace in grado di appello la società contribuente ha rinunciato alle domande ed eccezioni non esaminate perchè assorbite in primo grado, che di conseguenza non possono essere riproposte in questa sede.

Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della parte ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100,00 oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, Camera di Consiglio da remoto, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021

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