Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15842 del 26/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 26/06/2017, (ud. 22/02/2017, dep.26/06/2017),  n. 15842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20571-2012 proposto da:

B.S., F.F.G., B.M.,

B.R., QUALI EREDI DI B.L., B.G.,

B.E., gli ultimi due per proc. spec. del 15/2/2017 rep. n. 175542,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 20, presso

lo studio dell’avvocato GIAN LUIGI LOY, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PIERO VITACCHIO;

– ricorrenti –

contro

D.A., R.A., D.F., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA APPIA NUOVA N.612, presso lo studio

dell’avvocato SILVIA DENORA, rappresentati e difesi dagli avvocati

CATERINA AZZARITI, CLAUDIA DOMIZIA PERUCCA ORFEI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 635/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 16/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado che ha concluso per il rigetto del ricorso e la

parziale inammissibilità;

udito l’Avvocato Andrea Reggio D’Aci con delega depositata in udienza

dell’avv. Azzarita Caterina difensore dei controricorrenti che si

riporta agli scritti depositati, insistendo sull’inammissibilità,

o, comunque, sul rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con citazione notificata il 29 luglio 1999 D.A., D.F. e R.A. si sono opposti a decreto ingiuntivo emesso dal tribunale di Vicenza – sezione distaccata di Schio – a favore di B.E., B.G. e B.L. di pagamento di Lire 28 milioni a titolo di indennità per la concessione di servitù di passaggio sul terreno degli opposti per accedere al fondo degli opponenti, importo determinato da un terzo designato con compromesso sottoscritto il 24 marzo 1999 nell’ambito della definizione di più ampie vicende; hanno chiesto in via riconvenzionale l’annullamento per errore del compromesso e della determinazione (qualificata perizia contrattuale) dell’indennità, nonchè la risoluzione per inadempimento.

2. – Il tribunale con sentenza depositata il 19 settembre 2005 ha dichiarato inammissibili le domande riconvenzionali degli opponenti e ha revocato il decreto ingiuntivo, rilevando la tardività delle prime e, quanto al secondo, anche sulla base di disposta consulenza tecnica d’ufficio, la non debenza dell’indennità per il mancato avveramento della condizione cui le parti avevano subordinato la costituzione della servitù. Il punto 2 della scrittura anzidetta infatti recita: “i signori B. si presteranno a spese dei signori D. alla costituzione di una servitù reale di transito per atto notarile, sempre che ciò sia reso possibile dall’amministrazione comunale, la quale sostiene che la strada dei B. insiste in parte su terreno demaniale”; e non era emerso il rilascio da parte del Comune di Torrebelvicino di concessione per il transito sulla porzione poi effettivamente risultata demaniale.

3. – La corte d’appello di Venezia, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 16 marzo 2012, ha respinto il gravame proposto dai signori B..

3.1. – Esaminando le doglianze svolte dagli appellanti, la corte d’appello ha ritenuto non sussistente alcuna ultrapetizione nella decisione appellata, nella parte in cui ha riscontrato il mancato avveramento di una condizione. In particolare, richiamando che il giudice non è tenuto a uniformarsi al solo tenore letterale delle istanze delle parti, la corte d’appello ha sottolineato che la corrispondente eccezione dovesse ritenersi proposta implicitamente, posto che nella citazione in opposizione al decreto ingiuntivo i D. avevano evidenziato come il sedime stradale ricadesse in parte su area demaniale e solo in parte su terreno dei signori B., sicchè questi ultimi non erano in grado di costituire il transito, e avevano anche specificato come, in assenza di un provvedimento amministrativo, non vi fosse la possibilità di un legittimo transito; nella memoria ex art. 180 c.p.c. avevano poi messo in luce chiaramente che l’accordo era sottoposto alla condizione che la costituzione di servitù fosse resa possibile dall’amministrazione comunale. L’eccezione di mancato avveramento, dunque, secondo la corte che sul punto ha espresso condivisione della decisione del tribunale, “era insita nelle allegazioni complessivamente svolte”.

3.2. – La corte d’appello ha poi ritenuto, condividendo la sentenza di prime cure, fondata l’eccezione, essendo emersa dagli accertamenti tecnici la natura demaniale della valle (OMISSIS), essendo quindi non dovuta l’indennità.

4. – Per la cassazione della sentenza della corte d’appello hanno proposto ricorso affidato a cinque motivi, poi illustrati da memoria, E. e B.G., nonchè – quali eredi di B.L. – R., M. e B.S. nonchè F.G.F..

D.A., D.F. e R.A. hanno resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con un primo mezzo (“violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 con riguardo all’art. 167 c.p.c. e all’art. 111 della carta costituzionale”) i ricorrenti lamentano che, avendo i signori D. mai eccepito la mancata dimostrazione dell’esistenza della concessione a esercitare il transito se non nella comparsa conclusionale di primo grado, e quindi non avendo preso posizione sul punto nella citazione in opposizione equivalente a comparsa di risposta ex art. 167 c.p.c., sarebbe stato leso il loro diritto alla controprova.

1.1. – Il motivo è da più punti di vista inammissibile: – per difetto di autosufficienza, non avendo i ricorrenti trascritto o altrimenti riferito la deduzione a mezzo della quale la doglianza in questa sede sollevata sia stata fatta valere avverso la sentenza di primo grado, nè precisando in quali termini il relativo esame sia stato effettuato (od omesso) da parte della corte d’appello; – per difetto di pertinenza, in quanto la decisione della corte d’appello, come sopra riepilogata, tratta della questione nell’ambito delle sue valutazioni in ordine alla condizione non verificatasi (peraltro considerata come formulata già nell’atto di opposizione e nella memoria ex art. 180 c.p.c. “ratione temporis” applicabile). Resta assorbito l’esame di ogni altro profilo di ammissibilità, anche in relazione al parametro invocato tra quelli offerti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, in relazione alle deduzioni di inammissibilità svolte da parte controricorrente.

2. – Con il secondo motivo (violazione dell’art. 1359 c.c.) i ricorrenti deducono essere onere dei D. dimostrare il mancato avveramento della condizione; deducono anche non avere essi tenuto un contegno in buona fede e richiamano che l’art. 1359 c.c. prevede che la condizione si consideri avvenuta se mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento.

2.1. – Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza e pertinenza, come già dinanzi evidenziato: nè del tema del riparto dell’onere della prova nè di quello della finzione di avveramento della condizione risulta, in base al ricorso, la previa trattazione nel giudizio di appello, nè è indicata la statuizione (o mancata statuizione) della corte di merito oggetto di critica sul punto.

3. – Con il terzo, il quarto e il quinto motivo i ricorrenti lamentano vizi della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 “con riguardo all’art. 1353 c.c.” sotto due profili (terzo e quarto motivo) e “con riguardo all’art. 1058 c.c.” (quinto motivo). In sintesi, i ricorrenti rilevano:

– che la clausola n. 2 dell’accordo tra le parti non sottoponeva a una condizione la costituzione di servitù – diversamente da quanto ritenuto dalla corte d’appello – bensì imponeva ai signori B. di consentire il transito per quanto a loro possibile, nella consapevolezza della possibilità che la p.a. negasse l’assenso, con l’obbligo incondizionato di versare l’indennità (terzo motivo);

– che le clausole nn. 4 e 5 relative alla determinazione dell’indennità a mezzo di ingegnere confermavano l’essere incondizionata l’obbligazione di sua corresponsione (quarto motivo);

– che era onere dei signori B. ottenere autorizzazione al transito sui loro fondi, costituiti da strada, errando dunque la corte d’appello nel ritenere l’impossibilità sulla scorta della consulenza tecnica d’ufficio; non potendo peraltro il transito avvenire se non a titolo di servitù (quinto motivo).

3.1. – I motivi, costruiti come critiche alla motivazione della sentenza impugnata, sono inammissibili in quanto del tutto non autosufficienti, non indicando le parti della sentenza impugnate, nè i fatti controversi oggetto dei vizi; essi, peraltro, si limitano a suggerire una valutazione fattuale delle circostanze di causa diversa da quella cui è giunta la corte di merito, preclusa in linea generale innanzi a questa corte di legittimità.

4. – Le spese seguono la soccombenza a favore della controricorrente/ricorrente incidentale e sono liquidate in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500 per compensi ed Euro 200 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2017

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