Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15828 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 29/07/2016, (ud. 22/02/2016, dep. 29/07/2016), n.15828

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.V., elettivamente domiciliata in Roma, viale di

Villa Grazioli n. 20, presso gli avvocati Antonio Vincenzi e

Gianluca Brancadoro, che la rappresentano e difendono giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 64/1/09, depositata il 19 maggio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

febbraio 2016 dal Relatore Cons. VIRGILIO Biagio;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, il quale ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. S.V. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna indicata in epigrafe, con la quale, in sede di giudizio di rinvio conseguente alla sentenza di questa Corte n. 2861 del 2007, è stato parzialmente accolto l’appello dell’Ufficio e confermato (salvo una lieve riduzione dell’imponibile operata a seguito di rinuncia dell’Ufficio stesso) l’avviso di accertamento emesso nei confronti della contribuente a titolo di IRPEF dell’anno 1991 sugli utili extracontabili derivanti dalla partecipazione nella Marche Legno s.r.l., della quale era socia per un terzo.

Il giudice di rinvio ha in sintesi ritenuto che le contestazioni della contribuente relative all’avviso di accertamento emesso a carico della società non potessero essere prese in considerazione in quanto tale atto era divenuto definitivo per omessa impugnazione da parte della società stessa e costituiva il presupposto dell’accertamento notificato alla S., trattandosi di società a ristretta base partecipativa.

2. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

3. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38, 40 e 42, art. 5 del TUIR, artt. 24 e 53 Cost., e pone il quesito “se la definitività dell’accertamento fiscale ai fini IRPEG a carico di una società di capitali a ristretta base sociale (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) preclude ed inibisce, sul piano processuale, al socio non destinatario del provvedimento impositivo (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42) e comunque non formalmente informato dello stesso di contestare, allorquando gli sia notificato l’accertamento del suo reddito personale, anche nel merito, la maggiore determinazione del suo reddito di partecipazione, per essere vincolati, in via automatica ed indissolubile, alle risultanze dell’accertamento societario ai fini IRPEG”.

Il motivo è infondato.

E’ assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale, in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è legittima la presunzione di distribuzione pro quota ai soci di utili extracontabili accertati nei confronti della società: ciò non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza dei maggiori redditi della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, la quale implica, normalmente, un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, nonchè un elevato grado, da parte loro, di compartecipazione e di conoscenza degli affari sociali; resta salva la facoltà del socio di fornire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società o da essa reinvestiti (tra molte, Cass. nn. 6780 del 2003, 18640 del 2008, 5076 del 2011, 18032 del 2013, 24572 del 2014).

Va, in particolare, ricordato che le società di capitali hanno una soggettività giuridica distinta e separata da quella dei singoli soci, con la conseguenza che società e soci sono titolari di posizioni fiscali anch’esse autonome e indipendenti (Cass. nn. 20851 del 2005, 386 del 2016).

Ciò posto, la ristrettezza della base sociale non elimina detta distinzione soggettiva, con la conseguenza che il socio, a fronte di un avviso di accertamento emesso a carico della società e divenuto definitivo per omessa impugnazione, non ha titolo per contestare nel merito, in sede di giudizio sull’avviso di accertamento a lui notificato – ai fini IRPEF – in virtù della presunzione sopra indicata, l’accertamento operato nei confronti della società, potendo soltanto vincere tale presunzione, attraverso la prova che i maggiori utili extracontabili non sono stati da lui percepiti, in quanto non oggetto di distribuzione, ma accantonati o reinvestiti dalla società. La presunzione in esame, del resto, si fonda, come detto sopra, sulla regola di comune esperienza secondo cui nei casi di esiguità del numero dei soci si riscontra un alto grado di compartecipazione degli stessi alla gestione societaria, il che comporta anche, a loro carico, un onere di controllo reciproco nelle vicende societarie.

2. Il secondo motivo, col quale è denunciata l’omessa e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, è inammissibile perchè non rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., (applicabile ratione temporis) e comunque infondato, poichè l’esclusione della ripresa di Lire 14.347.000 a titolo di costi indeducibili è derivata, come detto in sentenza, dalla espressa rinuncia effettuata dall’Ufficio.

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

4. La peculiarità della fattispecie induce a dispone la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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