Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15827 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/07/2020, (ud. 05/06/2020, dep. 23/07/2020), n.15827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2758-2019 proposto da:

I.Z., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO FAA’ DI

BRUNO 15, presso lo studio dell’avvocato MARTA DI TULLIO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80014130928 COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SIRACUSA, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositato il

10/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

I.Z., pakistano, ricorre per cassazione contro il decreto del tribunale di Caltanissetta che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo e col terzo mezzo, tra loro connessi, il ricorrente rispettivamente denunzia (a) la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in quanto il tribunale non avrebbe valutato tutti i fatti pertinenti al paese d’origine alla luce di informazioni aggiornate, e (b) la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), poichè avrebbe omesso di indagare adeguatamente la sussistenza della situazione di violenza diffusa e generalizzata esistente in Pakistan, quale base del rischio dedotto in caso di rimpatrio;

i motivi sono inammissibili;

il tribunale ha dato conto delle ragioni per le quali nella zona di provenienza del richiedente non fosse ravvisabile, in base alle fonti ufficiali appositamente mentovate, una situazione di violenza generalizzata da conflitto armato; l’assunto per cui le fonti suddette (in particolare il rapporto Easo dell’agosto 2017) non fossero aggiornate è del tutto generico, non essendo state indicate distinte risultanze a esso (rapporto) contrarie; ne segue che la critica consegnata ai citati motivi si sostanzia in un generico tentativo di sovvertimento della valutazione in fatto;

col secondo mezzo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, poichè la valutazione di non credibilità personale sarebbe stata fatta senza rispettare i criteri di legge, a fronte dell’onere di cooperazione gravante sul giudice;

il motivo è inammissibile perchè esso pure generico;

il tribunale ha dato puntualmente conto del perchè la versione dei fatti resa dal richiedente fosse da considerare non attendibile, all’uopo ponendo l’accento sulla scarsa logicità e sulla sostanziale inverosimiglianza delle circostanze riferite;

tale giudizio non implica errori di diritto e, in quanto motivato, non è sindacabile in questa sede di legittimità; le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 2.100,00 Euro oltre le spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

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