Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15826 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 29/07/2016, (ud. 19/02/2016, dep. 29/07/2016), n.15826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15939-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 67/2009 della COMM. TRIB. REG. del Lazio

depositata il 23/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/02/2016 dal Consigliere Dott. LA TORRE MARIA ENZA;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate ricorre con unico motivo per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 67/06/2009 dep. 23/4/2009, che, a seguito di giudizio con rinvio (Cass. n. 16921/2007), ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle entrate, rilevando che non risultava prodotto appello avverso la sentenza della CTP di Roma n. 50/48/98, che pertanto confermava.

Il contenzioso ha origine dalla impugnazione, da parte di P.L., dell’avviso di accertamento per IRPEF anno 1985, notificato a seguito di verifica fiscale che imputava, quale reddito di capitale, la presunta distribuzione di utili da parte della Edilmostra srl, società a ristretta base azionaria, al P., in quanto socio nella quota del 20%. Il ricorso veniva accolto dalla CTP di Roma, con sentenza n. 50/48/98 dep. 19/3/1998. Il contribuente aveva altresì impugnato altro avviso di accertamento, per IRPEF e ILOR anno 1986, anch’esso derivante dalla presunta distribuzione di utili nella sua qualità di socio della Edilmostra srl, che veniva accolto dalla CTP di Roma con sentenza n. 35/48/98.

Con atto del 10/6/1999 l’Ufficio proponeva appello avverso la sentenza n. 50/48/98, ma, nei motivi di ricorso, faceva riferimento all’altra sentenza (CTP Roma, n. 35/48/98), sopra richiamata, emessa nei confronti dello stesso contribuente per altra annualità (IRPEF e ILOR 1986). Resosi conto dell’errore l’Ufficio chiedeva la rettifica del numero della sentenza impugnata.

La CTR del Lazio, con sentenza n. 167/09/99 pubblicata il 27/3/2000, dichiarava inammissibile l’appello.

La Cassazione, su ricorso dell’Ufficio, cassava con rinvio ad altra sezione della CTR, al fine di verificare se vi fosse incertezza nell’oggetto del giudizio, appurando la congruenza tra il contenuto della sentenza in atti e i motivi di appello. La CTR, con la sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione, ha rilevato la mancata corrispondenza fra gli estremi della sentenza impugnata e l’atto di appello, riferito a sentenza recante un diverso numero (n. 35/48/98 per IRPEF e ILOR 1986), considerata pertanto non riconducibile alla sentenza impugnata. Confermava pertanto la decisione di primo grado (n. 50/48/98).

L’intimato non si è costituito.

Con ordinanza del 28 aprile 2015 è stato acquisito il fascicolo dei giudizi di merito.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., commi 1 e 2, per non essersi la CTR attenuta al principio di diritto statuito dalla Corte nella sentenza di rinvio.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

La Cassazione con la sentenza n. 16921/2007, aveva accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate “costituendo principio di diritto di questa Suprema Corte quello secondo il quale la discordanza tra gli estremi della sentenza appellata come precisati nell’atto di impugnazione e i corrispondenti dati identificativi della sentenza prodotta in copia autentica dell’appellante non è di per sè significativa, potendo essere conseguenza di un mero errore materiale, e non comporto incertezza nell’oggetto del giudizio, qualora la corrispondenza tra la sentenza depositata e quella nei cui confronti è rivolta l’impugnazione sia confermata da una verifica della congruenza tra contenuto della sentenza in atti e motivi dell’appello. Infatti non costituisce requisito di validità dell’atto di impugnazione l’indicazione della sentenza impugnata nei suoi estremi numerici e di data (surrogabili da specificazioni relative al contenuto della sentenza, in collegamento con i motivi di gravame), e considerato che ai fini dell’individuazione dell’oggetto del gravame riveste un ruolo determinante la produzione del documento che incorpora le statuizioni contestate, tanto che il mancato deposito dello stesso da parte dell’appellante – quando non sia rinvenibile in atti altra copia della sentenza – determina l’improcedibilità dell’appello (Cass. 4570/95)”.

La CTR, pertanto, in relazione alla “struttura chiusa” del giudizio di rinvio, e in esecuzione delle indicazioni ivi contenute, avrebbe dovuto applicare il principio di diritto enunciato, verificando, al di là della mancata corrispondenza del numero della sentenza impugnata, se vi fosse incertezza nell’oggetto del giudizio, controllando la congruenza tra contenuto della sentenza in atti e motivi di appello. Essa si è invece limitata a rilevare la errata indicazione degli estremi numerici della sentenza, della quale la Cassazione aveva già sancito l’irrilevanza quale mero errore materiale, senza esaminare i motivi di appello e la loro riconducibilità alla sentenza impugnata. Ciò in contrasto con lo stabile insegnamento di questa Corte, secondo il quale il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, attenendosi agli accertamenti compresi nell’ambito di tale enunciazione (Cass. n. 20981 del 2015; n. 17353 del 23 2010; n. 26241 del 2009; n. 8889 del 2003).

Il ricorso va conseguentemente accolto, e la sentenza cassata con rinvio alla CTR del Lazio, che provvederà anche alle spese del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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