Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15826 del 05/07/2010

Cassazione civile sez. I, 05/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 05/07/2010), n.15826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

N.G. (C.F. (OMISSIS)), in proprio e nella

qualita’ di legale rappresentante della NICOGEST di Gianfranco

Nobilia & C. S.A.S. (p.i. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEL BANCO DI S. SPIRITO 3, presso l’avvocato CLEMENTI

GIORGIO, che lo rappresenta e difende, giusta procura autenticata dal

Funzionario Comune di Roma – Municipio 3^, del 3.11.09, depositata in

Cancelleria il 13.11.09;

– ricorrente –

contro

TIESSE 84 S.R.L., N.G., CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA

NICOGEST DI NOBILIA GIANGRANCO & C. S.A.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1613/2009 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 22/01/2009;

si da atto che il Cons. Ceccherini non fa parte del collegio e che

subentra il Cons. Dott. MACIOCE LUIGI;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/06/2010 dal Consigliere Dott. DIDONE Antonio;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato CLEMENTI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

lette le conclusioni scritte del Cons. Deleg. DIDONE:

il ricorso puo’ essere deciso in Camera di consiglio, ai sensi degli

artt. 391 bis e 380 bis c.p.c.;

Il P.G. Dott. CICCOLO PASQUALE si riporta alle conclusioni gia’

espresse.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore:

“1.- N.G., in proprio e nella qualita’ di legale rappresentante di NICOGEST di GIANFRANCO NOBILIA & C. S.a.s., impugna per revocazione per errore di fatto ex art. 391 bis c.p.c., con ricorso notificato alla CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA NICOGEST DI NOBILIA GIANFRANCO & C. S.A.S. E DI NOBILIA GIANFRANCO e alla TIESSE 84 S.R.L., la sentenza del 22 gennaio 2009 n. 1613 della Prima Sezione civile di questa Corte che ha rigettato il suo ricorso contro la sentenza del 2/4/2007 con la quale la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto l’opposizione alla dichiarazione di fallimento. Gli intimati non hanno svolto difese.

Osserva:

2.- La sentenza oggetto di revocazione ha affermato – ex art. 384 c.p.c., correggendo la motivazione della sentenza impugnata, il seguente principio di diritto:

i termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, che a norma della L. 23 febbraio 1999, n. 44, art. 20, comma 3, sono suscettibili ci sospensione per trecento giorni, sono soltanto quelli che sono scaduti o che scadono entro un anno dalla data dell’evento lesivo e in relazione a questo principio, ha ritenuto che correttamente fosse stata esclusa l’applicazione della sospensione L. n. 44 del 1999, ex art. 20, nel caso di specie e dichiarata l’inammissibilita’ dell’appello.

La norma della quale si denuncia la violazione (L. 23 febbraio 1999, n. 44, art. 20, comma 3) dispone che sono sospesi, per la medesima durata di cui al comma 1, (e cioe’ per trecento giorni), i termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, che sono scaduti o che scadono entro un anno dalla data dell’evento lesivo. Di conseguenza, il termine di decadenza di cui si tratta in tanto (ricorrendo gli altri presupposti di legge) sarebbe stato prorogato di trecento giorni a norma, della citata disposizione, in quanto fosse pendenze o fosse scaduto nell’anno dall’evento lesivo. Cio’ era escluso in radice, per il fatto che il termine in questione era quello annuale per la proposizione di appello, decorrente dalla data di deposito (8 luglio 2004) di una sentenza di rigetto ad opposizione a dichiarazione di fallimento dell’impresa, pronunciata il 12 febbraio 2003 per una condizione di illiquidita’ che seppure asseritamene temporanea – secondo lo stesso opponente era provocata dai reati commessi in suo danno in precedenza.

Sembra che la Corte abbia identificato l’evento lesivo (e, dunque, il momento iniziale di decorrenza dei termini di cui all’art. 20) nell’evento verificatosi per effetto della perpetrazione dei reati contemplati dalla L n. 44 del 1999, quanto meno, nella dichiarazione di fallimento conseguente alla commissione di quei reati, senza distinguere a seconda che l’evento lesivo sia emerso a seguito di denuncia o di indagini preliminari ovvero non lo sia stato.

Per contro, il ricorrente in revocazione, con l’unico motivo, deduce che l’evento lesivo deve essere individuato nella conoscenza che la vittima ha avuto del danno subito, coincidente con la comunicazione dell’avviso di garanzia ex art. 415 bis c..p. e, pertanto, da questa data debbono farsi decorrere i termini di cui alla L. 23 febbraio 1999, n. 44, art. 20 comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, che sono scaduti o che scadono entro un anno e formula il seguente quesito:

vero che l’evento lesivo che si produce con la sentenza dichiarativa di fallimento esplica i propri effetti negativi fino alla data di chiusura del fallimento ovvero, in caso di opposizione, fino al passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’opposizione stessa e, pertanto, la sospensione dei termini di cui alla L. n. 44 del 1999, art. 20 debbono intendersi quelli che sono scaduti o che scadono entro un anno dalla data in cui si esauriscono tutti gli effetti negativi dell’evento lesivo (chiusura del fallimento ovvero passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’eventuale opposizione”.

3.- Appare evidente che il ricorso per revocazione non denuncia alcun errore di fatto, bensi’ propone una diversa lettura della norma di cui alla L. n. 44 del 1999, art. 20 quanto all’individuazione dell’evento lesivo, rispetto a quella accolta dalla sentenza revocanda (peraltro, conformemente a quella suggerita dalla Terza Sezione civile di questa Corte, con sentenza del 24 gennaio 2007 n. 1496: “i commi 1, 2 e 3 riferiscono la sospensione dei termini da essi disposti, in relazione alle diverse tipologie contemplate, sempre a quei termini – siano essi scaduti o da scadere, rispetto al momento di formulazione della richiesta ricadenti entro l’anno dall’evento lesivo. Questo riferimento evidenzia la volonta’ del legislatore di consentire l’effetto favorevole ricollegabile alla richiesta soltanto su quei termini la cui scadenza si collocherebbe entro l’anno dall’evento lesivo, che…. e’ preso in considerazione dell’art. 13, comma 4 quando il fatto non sia emerso in sede giudiziale”).

Tutt’al piu’, quindi, la Corte sarebbe incorsa in errore di diritto (nella prospettazione del ricorrente) ma non in errore di fatto rilevante ai fini della revocazione.

Ove tali rilievi siano condivisi il ricorso puo’ essere deciso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 391 bis e 380 bis c.p.c.”.

Il ricorrente ha depositato due memorie.

2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano e che conducono alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, non essendo il contenuto delle memorie idoneo a confutare le argomentazioni stesse.

Invero, con la prima memoria sono ribadite argomentazioni dirette a convalidare la diversa lettura della norma prospettata dal ricorrente e posta a fondamento della revocazione, mentre la seconda memoria verte interamente sulla insussistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2010

 

 

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