Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15822 del 02/07/2010

Cassazione civile sez. I, 02/07/2010, (ud. 04/02/2010, dep. 02/07/2010), n.15822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1557/2009 proposto da:

A.A.L., P.R. sia in proprio che

quali eredi di A.V., elettivamente domiciliate in

ROMA, VIALE PARIOLI 50, presso lo studio dell’avvocato PICONE

GIUSEPPE, rappresentate e difese dall’avvocato CANDIANO Orlando

Mario, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto R.A.C.C. 664/07 della CORTE D’APPELLO di BARI del

4.3.08, depositato il 06/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p.1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: ” P.R. e A.A. L., in proprio e quali eredi di A.V. adivano la Corte d’appello di Bari, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi alla Corte dei conti dal loro dante causa, con ricorso dell’11.4.2001, avente ad oggetto la riliquidazione della pensione, non definito alla data della domanda.

La Corte d’appello, con decreto del 6.3.2008, fissato il termine di ragionevole durata del giudizio in anni tre, liquidava, a titolo di equa riparazione per il danno non patrimoniale, la somma di Euro 1.200,00 per anno di ritardo, per il periodo eccedente detto termine, collettivamente, sino al 14.10.2005, data del decesso del dante causa (quindi, complessivi Euro 1.800,00 per un periodo di anni 1 e mesi 6) e, per il periodo successivo, attribuendo a ciascuna la somma di Euro 2.400,00 (per un periodo di anni due) , tenuto conto della posta in gioco e del carattere collettivo del ricorso, con il favore delle spese del giudizio.

Per la cassazione di questo decreto hanno proposto ricorso P. R. e A.A.L., in proprio e quali eredi di A.V., affidato a tre motivi; non ha svolto attività difensiva il Ministero dell’economia e delle finanze.

Osserva:

1.- Le ricorrenti, con il primo motivo, denunciano violazione dell’art. 115 c.p.c., e difetto di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), ponendo le questioni così sintetizzate nei quesiti:

se il giudice debba considerare la mancata fissazione dell’udienza di discussione, al fine di escludere la complessità del giudizio; se il giudice debba tenere conto, ai fini della misura dell’indennizzo, che il giudizio pensionistico innanzi alla Corte dei conti non richiede l’istanza di fissazione dell’udienza.

Con il secondo motivo è denunciata violazione degli standard fissati dalla Corte EDU (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), ed è posta questione relativa all’obbligo di osservare nella quantificazione del danno i parametri della Corte EDU e non è formulato quesito di diritto.

Il terzo motivo deduce l’illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, in relazione agli artt. 41 CEDU e 117, comma primo Cost. ) ed è formulato il seguente quesito di diritto:

è non manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 2, comma 3, lett. A (incostituzionale della L. n. 89 del 2001 in rapporto all’art. 41 della CEDU, per violazione dell’art. 117 Cost. (in buona sostanza si deduce l’illegittimità costituzionale della norma nazionale nella parte in cui stabilisce che la liquidazione dell’equa riparazione va operata avendo riguardo soltanto agli anni eccedenti il termine di ragionevole durata del giudizio).

2.- Il secondo motivo è manifestamente inammissibile, poichè manca della formulazione del quesito di diritto, benchè denunci violazione di norme di diritto.

Analogamente è manifestamente inammissibile il terzo motivo, poichè la trascrizione del quesito di diritto dimostra con palese evidenza che lo stesso si traduce in un’enunciazione tautologica (Cass. S.U. n. 11210 del 2008).

Peraltro, la questione proposta è stata ripetutamente esaminata da questa Corte, che ha esposto le ragioni che dimostrano la manifesta infondatezza dell’eccezione, da ritenersi qui condivise e ribadite (da ultimo con la sentenza 6 maggio 2009, n. 190415, in precedenza Cass. n. 980, n. 981, n. 982, n. 983, n. 9909, n. 23844 e n. 24390 del 2008).

Il primo motivo è manifestamente inammissibile.

Le deduzioni concernenti la durata del giudizio sono del tutto inconferenti, posto che la Corte d’appello ha fissato il termine di ragionevole durata facendo applicazione del parametro della Corte EDU (anni tre per il giudizio di primo grado) e tanto basta a rendere sufficiente la motivazione ed insussistente la denunciata violazione di legge (in relazione al principio enunciato dal giudice europeo).

Pertanto, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge”.

p.2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali si fondano e che conducono alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, non apparendo le ragioni esposte nella memoria ex art. 378 c.p.c., idonee a confutare le argomentazioni predette che il Collegio fa proprie.

Nessuna statuizione sulle spese va emessa stante l’assenza di attività difensiva da parte dell’Amministrazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2010

 

 

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