Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15817 del 07/06/2021

Cassazione civile sez. I, 07/06/2021, (ud. 13/04/2021, dep. 07/06/2021), n.15817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16913/2017 proposto da:

P.A.V., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe

Viola e Sabrina Bonavitacola, ed elettivamente domiciliata presso il

loro studio in Roma, Piazza della Libertà, n. 13, come da procura

speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

S.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Stanislao Aureli e

Michele Aureli, ed elettivamente domiciliato presso il loro studio

in Roma, via Ortigara, n. 3, in virtù di procura speciale in calce

al controricorso;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Fondo Nazionale Previdenza Lavoratori dei Giornali e Quotidiani

“Fiorenzo Casella”, nella persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di ROMA, n. 2716/2017,

pubblicata il 26 aprile 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 aprile 2021 dal consigliere Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con sentenza del 26 aprile 2017, la Corte di appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da P.A.V., coniuge divorziato del defunto A.B., avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 9666 del 5 maggio 2015, per ottenere il riconoscimento, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, di una quota della pensione integrativa di reversibilità erogata dal Fondo Nazionale di Previdenza Lavoratori dei Giornali e Quotidiani “Fiorenzo Casella” a favore di S.A., vedova del deceduto.

2. La Corte di appello di Roma, a sostegno della decisione impugnata, ha ritenuto, concordemente al giudice di primo grado, preclusiva all’accoglimento della domanda proposta, la pronuncia dello stesso Tribunale (la n. 1711 del 2008), che aveva riconosciuto in favore della ricorrente il 70% della pensione di reversibilità erogata dall’INPS a seguito del decesso dell’ex coniuge, riservando il residuo 30% alla S., coniuge superstite del de cuius, dato che in quella sede era emerso che la vedova già percepiva la pensione integrativa in esame e che in quel giudizio dovesse essere trattata anche la questione relativa al trattamento previdenziale erogato dal fondo.

3. P.A.V. ricorre per la cassazione della sentenza impugnata con atto affidato ad un unico motivo.

4. S.A. ha depositato controricorso.

5. Il Fondo Nazionale Previdenza Lavoratori dei Giornali e Quotidiani “Fiorenzo Casella”, non ha svolto attività difensiva.

6. La resistente ha depositato memoria.

7. La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con il primo ed unico motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., e del principio del “dedotto e deducibile”, in relazione al giudicato sulla pretesa di ottenere una quota della pensione di reversibilità erogata dal “Fondo Casella”, asserendo che la domanda in contestazione non era stata mai proposta nel precedente giudizio e che l’unico elemento costitutivo comune alle due azioni proposte era la causa petendi, consistente nella condizione di coniuge divorziato rivestita dalla P., mentre erano diversi sia i soggetti coinvolti (INPS e il Fondo Casella) e il petitum sostanziale riguardante il diritto a partecipare ad una quota di due diversi trattamenti pensionistici di reversibilità; rilevava, inoltre, l’autonomia della posizione giuridica vantata ed il collegamento diretto con il soggetto che in concreto era tenuto alla erogazione e la circostanza che l’incidenza del cumulo delle due diverse pensioni di reversibilità era una questione che non era intaccata dalla precedente sentenza e che avrebbe dovuto essere liberamente valutata dalla Corte di merito;

inoltre, l’avere azionato la sola pretesa nei confronti dell’INPS, nonostante si fosse richiesto il diverso trattamento erogato dal Fondo, non implicava, alcuna rinuncia a fare valere il proprio diritto.

1.1 Il motivo è fondato.

1.2 Al riguardo, occorre muovere dalla premessa che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, “l’autorità del giudicato copre non solo il dedotto ma anche il deducibile in relazione al medesimo oggetto, cioè non soltanto le ragioni giuridiche fatte valere in giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre – proponibili sia in via di azione che di eccezione – le quali, sebbene non dedotte specificamente, si caratterizzano per la loro comune inerenza ai fatti costitutivi delle pretese anteriormente svolte (giudicato implicito)” (Cass., Sez. Lav., 13 maggio 2000, n. 6160; Cass. Sez. Lav., sent. 30 giugno 2009, n. 15343).

Ne consegue che, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituenti indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo (Cass., 26 febbraio 2019, n. 5486).

Deve, infatti, ribadirsi, che l’autorità del giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti rappresentati dagli elementi costitutivi dell’azione, e presuppone quindi che la causa precedente e quella in atto abbiano in comune, oltre ai soggetti, anche il petitum e la causa petendi, restando irrilevante, a tal fine, l’eventuale identità delle questioni giuridiche o di fatto da esaminare per pervenire alla decisione (Cass., 24 marzo 2014, n. 6830).

1.3 Orbene, la Corte territoriale non ha fatto una corretta applicazione dei principi sopra richiamati in tema di giudicato.

Va, infatti condiviso, l’assunto della ricorrente che la domanda in contestazione non era stata mai proposta nel precedente giudizio e che l’unico elemento costitutivo comune alle due azioni proposte era la causa petendi, consistente nella condizione di coniuge divorziato rivestita dalla P., mentre erano diversi sia i soggetti coinvolti (INPS e il Fondo Casella), sia il petitum sostanziale riguardante il diritto a partecipare ad una quota dei due diversi trattamenti pensionistici di reversibilità.

1.3.1 Con riguardo ai soggetti coinvolti rileva la constatazione che nel precedente giudizio l’Ente erogatore fosse l’INPS, mentre nel caso in esame sia il Fondo Casella, in ragione del principio correttamente affermato che il giudicato richiede l’identità dei soggetti coinvolti e che lo stesso spiega efficacia nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo soltanto quando sussiste un nesso di pregiudizialità e di dipendenza fra le situazioni giuridiche dedotte (Cass., 23 aprile 2020, n. 8101; Cass., 4 luglio 2019, n. 17931), che nel caso in esame non sussiste, stante l’autonomia dei due trattamenti pensionistici in esame. Va nella stessa direzione l’orientamento di questa Corte secondo cui “la controversia tra l’ex coniuge e il coniuge superstite per l’accertamento della ripartizione – ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3, come sostituito dalla L. n. 74 del 1987, art. 13, – del trattamento di reversibilità deve necessariamente svolgersi in contraddittorio con l’ente erogatore atteso che, essendo il coniuge divorziato, al pari di quello superstite, titolare di un autonomo diritto di natura previdenziale, l’accertamento concerne i presupposti affinchè l’ente assuma un’obbligazione autonoma, anche se nell’ambito di una erogazione già dovuta, nei confronti di un ulteriore soggetto” (Cass., 22 maggio 2020, n. 9493).

Nello specifico, l’esigenza è quella che essendo il coniuge divorziato titolare, al pari di quello superstite, di un proprio autonomo diritto di natura previdenziale, anche la controversia instaurata al limitato fine di ottenere l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di tale diritto deve svolgersi in contraddittorio con l’ente erogatore, giacchè pure se si controverte solo in ordine alla spettanza pro quota di un trattamento di reversibilità (già riconosciuto e del quale non viene in discussione l’ammontare complessivo), la lite non può mai configurarsi solo come una questione tra ex coniuge e coniuge superstite, non essendo indifferente per l’ente erogatore che si accerti la sussistenza dei presupposti di un diritto previdenziale azionatale nei suoi confronti, e, quindi, la sussistenza dei presupposti perchè esso ente assuma, nei confronti di un ulteriore soggetto, un’obbligazione previdenziale autonoma, ancorchè nell’ambito di una erogazione già dovuta (ma ad un unico soggetto), non foss’altro perchè le vicende e caratteristiche soggettive dei diversi titolari di autonomi diritti previdenziali, sia pure riferiti ad un unico trattamento di reversibilità, potrebbero diversamente incidere sull’estinzione delle relative obbligazioni (Cass., 18 luglio 2005, n. 15111).

1.3.2 Con riguardo al petitum, va osservato che la domanda di determinazione della quota della pensione di reversibilità proposta nei confronti della S., quale ex coniuge divorziato dal defunto A., ha ad oggetto due diverse prestazioni pensionistiche, l’una di vecchiaia, l’altra integrativa, fondate, all’evidenza, su posizioni contributive distinte.

La prima, pensione di vecchiaia, da ricollegare ai trattamenti aventi natura obbligatoria; la seconda, pensione integrativa, riferibile ai contributi versati dal lavoratore defunto al Fondo nazionale di previdenza per i lavoratori dei giornali quotidiani Fiorenzo Casella, caratterizzati dalla mancanza di un nesso di corrispettività diretta tra contribuzione e prestazione lavorativa.

Più specificamente, la pensione integrativa è una forma di pensione, che pure avente natura di retribuzione differita, è contraddistinta dalla mancanza di un nesso di corrispettività diretta tra la contribuzione e la prestazione lavorativa, ciò che riscontra la sostanziale autonomia tra il rapporto di lavoro e questa tipologia di previdenza complementare (Cass., 9 marzo 2015, n. 4684; Cass., 29 maggio 2013, n. 13399; Cass., Sez. U., 1 febbraio 1997, n. 974).

1.4 La Corte di appello ha, quindi, errato nell’affermare che la P. avrebbe dovuto dedurre la propria pretesa sul trattamento pensionistico riguardante il “Fondo Casella” nello stesso giudizio in cui aveva proposto la controversia relativa alla posizione pensionistica dell’ex coniuge e che, nel primo giudizio, avrebbe dovuto citare il Fondo Casella, perchè oggetto della richiesta era l’intera posizione pensionistica a lei pienamente nota.

1.5 Nessun rilievo assume, peraltro, che P.A.V. avesse indicato, nel giudizio definito con la sentenza irrevocabile n. 1711 del 2008, il trattamento erogato dal Fondo Casella in via esclusiva alla S. tra le disponibilità economiche sui cui la predetta poteva contare (come emergeva da pag. 9 dell’atto di citazione del 12 gennaio 2005), trattandosi di argomentazione difensiva diretta a portare a conoscenza del Tribunale le complessive condizioni economiche della controparte, affinchè ne potesse tenere conto ai fini della determinazione delle rispettive quote.

In ogni caso, proprio lo status di coniuge divorziato non rende sicura la conoscenza in capo allo stesso dell’esistenza dei diversi trattamenti pensionistici facenti capo al coniuge defunto e ciò in ragione della centralità che assume l’ultimo domicilio, ossia del luogo in cui il “de cuius” ha, al momento della morte, la generalità dei suoi interessi sia materiali, che economici, oltre che morali, sociali e familiari (Cass., 2 agosto 2013, n. 18560).

1.6 Rileva, piuttosto, come già detto, la diversità delle prestazioni previdenziali in questione – che derivano da posizioni contributive distinte ed ognuna con uno specifico provvedimento amministrativo di ammissione alla fruizione della prestazione previdenziale, che non implica necessariamente un unico accertamento della quota spettante all’avente diritto, che, piuttosto, deve essere determinata avuto riguardo a tutti i trattamenti pensionistici erogati al coniuge defunto. Non può, dunque, ritenersi preclusa, per effetto del giudicato, la domanda di riconoscimento formulata da P.A.V. di una quota della pensione di reversibilità erogata dal Fondo Nazionale Previdenza Lavoratori dei Giornali e Quotidiani, a titolo di trattamento pensionistico integrativo in favore del defunto A.; nè riverbera effetti nel presente giudizio la determinazione del trattamento pensionistico a Lei spettante, disposta con la sentenza n. 1711/2008, passata in autorità di cosa giudicata.

2. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere accolto; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2021

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