Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15816 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. un., 29/07/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 29/07/2016), n.15816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente di sez. –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Presidente di sez. –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente di sez. –

Dott. GIANGOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30481-2011 proposto da:

FINLEONARDO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANGELO SECCHI 9, presso lo

studio dell’avvocato FABIO MASSIMO VENTURA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ROBERTO COLAGRANDE, per delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, (già COMUNE DI ROMA), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE

21, presso l’Avvocatura Comunale, rappresentato e difeso dagli

avvocati GUGLIELMO FRIGENTI e ANTONIO CIAVARELLA, per delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.D.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4314/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2016 dal Presidente Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

uditi gli avvocati Roberto COLAGRANDE, Guglielmo FRIGENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso,

affermazione della giurisdizione ordinaria.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 22 luglio 2005 il Tribunale di Roma dichiarò che B.A. non era titolare di alcun diritto di prelazione sull’immobile sito in (OMISSIS), per l’effetto accertando che il Comune, nell’ambito della procedura di dismissione del proprio patrimonio immobiliare, era obbligato a stipulare il contratto di compravendita del medesimo cespite con Finleonardo s.p.a., alle condizioni stabilite nella Delib. Giunta 5 febbraio 2002.

La causa era stata originata dalla domanda proposta da Europea Finanziaria Hotels s.r.l. (di seguito anche EFH, successivamente incorporata da Finleonardo s.p.a.) nei confronti di B.A. e del Comune di Roma al fine di sentir dichiarare l’inesistenza del diritto di prelazione dal primo esercitato e il conseguente obbligo dell’Ente di stipulare con l’esponente il contratto di vendita del locale di via (OMISSIS). Segnatamente la società attrice, aggiudicataria del predetto immobile, aveva lamentato di essersene visto negare dall’Ente il trasferimento, a seguito del riconoscimento, in favore del B., di un diritto di prelazione, in realtà inesistente: e invero il B., immesso nel godimento del locale direttamente dalla precedente conduttrice, non era titolare di alcun contratto di locazione, nè al momento dell’espletamento dell’asta pubblica, nè al momento dell’accettazione dell’offerta di acquisto avanzata dall’esponente.

Proposto gravame dai soccombenti, la Corte d’appello, con la sentenza ora impugnata, depositata il 25 ottobre 2010, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

Il ricorso di Finleonardo s.p.a. è affidato a un solo, articolato motivo.

Si è difesa con controricorso Roma Capitale, mentre nessuna attività difensiva ha svolto l’altro intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel motivare il suo convincimento la Corte territoriale, ricordato che, ai fini dell’individuazione della giurisdizione, per ciascuna delle fasi in cui si articola il procedimento di dismissione di beni immobili appartenenti al patrimonio disponibile di un ente pubblico, è necessario avere riguardo alla posizione assunta dal privato nell’ambito delle stesse, ha rilevato che l’aggiudicazione definitiva del cespite in contestazione non aveva attribuito all’aggiudicataria un diritto soggettivo alla stipulazione del contratto, essendosi il Comune riservata la facoltà, del tutto discrezionale, di recedere dalle operazioni di vendita in qualunque momento. Ha aggiunto che tale riserva, espressamente accettata dalla società nella presentazione dell’offerta, era stata indirettamente confermata nella Delib. Giunta n. 91 del 2002 che aveva condizionato il perfezionamento del contratto al mancato esercizio del, diritto di prelazione da parte del conduttore. Ne derivava che, benchè questo fosse insussistente, come correttamente ritenuto dal giudice di prime cure, nondimeno Europea Finanziaria Hotels s.r.l. – id est, Finleonardo s.p.a., ad essa succeduta – non era titolare di alcun diritto soggettivo e non aveva pertanto titolo per ottenere dal giudice ordinario il riconoscimento della pretesa azionata.

2. A fronte di siffatto impianto motivazionale, l’esponente, nell’unico motivo di ricorso, denuncia violazione e falsa applicazione dei principi e della normativa di riferimento sulla giurisdizione, ex art. 360 c.p.c., n. 1, nonchè vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Evidenzia segnatamente che la sua iniziativa giudiziaria era volta all’accertamento della sussistenza o meno, in capo al B., del diritto di prelazione sull’immobile di proprietà del Comune di Roma, e cioè di un rapporto contrattuale di diritto privato impermeabile all’esercizio di poteri d’imperio, da parte dell’Ente, e in relazione al quale non potevano essere adottati – nè erano stati adottati – provvedimenti amministrativi lesivi, suscettibili di impugnativa innanzi al giudice amministrativo. Ricorda che la verifica in ordine all’esistenza o meno di diritti ed obblighi nascenti da un rapporto di locazione è riservata al giudice ordinario per espressa disposizione di legge. Aggiunge anche che la condizione apposta dalla Giunta al perfezionamento del contratto non implicava l’esercizio di alcun potere discrezionale, ma solo lo scrutinio di un fatto, e cioè del mancato esercizio del diritto di prelazione da parte di un privato.

3. Il ricorso è fondato.

Mette conto evidenziare, per una compiuta ricostruzione del contesto fattuale e normativo di riferimento, che nel regolamento avente ad oggetto la procedura di dismissione del patrimonio immobiliare del Comune di Roma, dallo stesso adottato con Delib. Consiglio 19 aprile 1.999, n. 50 in relazione ai beni destinati a uso non abitativo, erano previste, in vista dell’individuazione dell’acquirente, due fasi, l’una da espletarsi con le modalità dell’asta pubblica e l’altra, in caso di esito infruttuoso della gara, con quelle della trattativa privata; che in tale seconda fase, l’invito all’acquisto andava rivolto con priorità all’intestatario del contratto e successivamente ai terzi interessati; che l’offerta, da presentarsi nelle forme della proposta irrevocabile di acquisto, doveva, tra l’altro, contenere l’accettazione della facoltà dell’amministrazione di recedere dalle operazioni di vendita in qualunque momento; che il procedimento era destinato a concludersi con l’adozione di una determinazione dirigenziale “comportante l’aggiudicazione definitiva, l’autorizzazione al trasferimento della proprietà e alla consequenziale stipula del contratto”; che, nella fattispecie, l’Ente, con Delib. Giunta n. 91 del 2002, aveva accettato l’offerta di EFH, subordinando il perfezionamento del contratto al mancato esercizio del diritto di prelazione, benchè in realtà l’interpello del conduttore avrebbe dovuto precedere la formulazione ai terzi interessati dell’invito ad aderire alla trattativa privata; che il ricorrente ha agito in giudizio al fine di contestare la titolarità, in capo ad B.A., del diritto di prelazione e di sentire conseguentemente affermare il suo speculare diritto a vedersi trasferire dal Comune di Roma la proprietà dell’immobile oggetto dell’aggiudicazione.

4. Tanto premesso e precisato, occorre muovere dalla considerazione che, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, la L. 13 dicembre 1971, n. 1034, art. 23 bis, lett. e) introdotto dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 4 non rimette affatto alla cognizione del giudice amministrativo tutti “i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici”, perchè la norma non intende regolare la giurisdizione, nel senso che non modifica i normali criteri di riparto, limitandosi piuttosto a dettare particolari regole di procedura per giudizi che già competono a quel giudice (cfr. Cass. civ. sez. un. 12 marzo 2007, nn. 5593 e 5594).

La disposizione ha semmai un valore semantico, in quanto postula che la “materia” della dismissione rientra fra quelle in cui possono venire in rilievo sia diritti soggettivi che interessi legittimi, di talchè, ai fini dell’individuazione della giurisdizione, per ciascuno dei segmenti in cui si articolano le relative procedure, occorre verificare se quella parte dell’iter sia sottoposta a norme di diritto amministrativo oppure di diritto privato.

5. Nella fattispecie, la linea difensiva del Comune, condivisa dal giudice di merito, è stata incentrata, nell’accertato discostamento del modulo dismissivo adottato, rispetto a quello delineato nel regolamento, sulla perdurante titolarità, in capo all’Ente, di poteri pubblicistici verso l’aspirante acquirente, di cui sarebbe espressione paradigmatica la riconosciuta facoltà dell’Amministrazione “di recedere dalle operazioni di vendita in qualunque momento, restituendo l’anticipo versato dall’offerente e con rinuncia a ogni altro eventuale indennizzo”.

Sennonchè, a ben vedere, il richiamo a pretesi poteri discrezionali ancora spendibili dal Comune, sul presupposto che non sia esaurita la fase procedimentale di stampo pubblicistico, finalizzata all’individuazione del contraente, è affatto speciosa, perchè ciò di cui veramente si discute è la sussistenza o meno di un diritto di prelazione in capo al soggetto che attualmente detiene l’immobile.

In tale contesto, la stessa facoltà di recedere non appare predicabile in termini di determinazione autoritativa, a fronte della quale l’aggiudicatario è titolare di un mero interesse legittimo, perchè in realtà trattasi di facoltà inserita in un tessuto pattizio in cui l’offerta di EFH è stata accettata dall’Ente, ancorchè il perfezionamento del contratto sia stato condizionato al mancato esercizio del diritto di prelazione del preteso conduttore. Ciò significa che l’ius poenitendi è stato volontariamente circoscritto in un ambito afferente già alla fase dell’esecuzione del rapporto, nella quale si è entrati a seguito della conclusione di quella pubblicistica: fase in cui i comportamenti delle parti appaiono declinabili in una chiave che implica la competenza a conoscerne del giudice ordinario (cfr. Cass. civ. sez. un. 11 gennaio 2011, n. 391.; Cass. civ. sez. un. 28 dicembre 2007, n. 27169).

Ne consegue che, in accoglimento del ricorso, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

PQM

La Corte a sezioni unite accoglie il ricorso; dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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