Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15815 del 19/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 19/07/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 19/07/2011), n.15815

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

V.A., elettivamente domiciliato in Roma, via Circ.ne

Clodia n. 36 (presso lo studio dell’avv. Raffaele Mario Vavalà),

rappresentato e difeso dall’avv. Lisanti Alfonso del Foro di Vallo

della Lucania;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sez. staccata di Salerno, n. 183,

depositata il 28 maggio 2008;

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Stefano Olivieri;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– con sentenza della CTR di Napoli sez. staccata Salerno in data 28.5.2008 n. 183 è stato accolto l’appello proposto dall’Ufficio di Agropoli della Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso di V.A. e disconosciuto il diritto al recupero del credito di imposta di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8 ed oggetto di provvedimento emesso dalla Amministrazione nei confronti del contribuente che non aveva adempiuto, nel termine di decadenza, agli oneri di comunicazione prescritti dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a);

– i Giudici di merito motivavano la decisione, richiamando il precedente di questa Corte n. 17576/2002, affermando che il termine di decadenza non era incompatibile con le disposizioni della L. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente);

rilevato:

– che il contribuente ricorre per cassazione deducendo deducendo quale unico motivo la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e richiamando i precedenti di questa Corte n. 7080/2004 e n. 1683/2007;

– che la Agenzia delle Entrate non si è costituita;

ritenuto:

– che la relazione depositata ai sensi del’art. 380 bis c.p.c. ha concluso per la inammissibilità, ed in subordine per il rigetto, del ricorso rilevando che:

“…Il ricorso se riesce a superare il rilievo della nullità – in quanto diretto nei confronti di un ufficio locale anzichè dell’ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico nella organizzazione del quale è inserito detto ufficio periferico – in quanto a seguito del D.Lgs. n. 300/1999 “La nuova realtà ordinamentale, caratterizzata dal conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici della Agenzia, in via concorrente ed alternativa rispetto al Direttore, consente di ritenere che la notifica…del ricorso possa essere effettata alternativamente presso la sede centrale dell’Agenzia o presso i suoi uffici periferici” (cfr. Corte cass. SU 14.2.2006 n. 3116; id. 5^ sez. 29.1.2008 n. 1925), non riesce a superare invece il rilievo di inammissibilità per omessa formulazione dello specifico quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile “ratione temporis” essendo stata pubblicata la sentenza impugnata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 6 febbraio 2006, n. 40 (che ha introdotto l’art. 366 bis c.p.c.) ed anteriormente alla abrogazione della norma processuale indicata disposta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d).

Nel caso in cui il quesito dovesse comunque estrapolarsi dalla esposizione del motivo di ricorso ed essere individuato nelle affermazioni in diritto della sentenza CTR di Napoli n. 163/47/2007 trascritte a pag. 6 ricorso, il motivo dovrebbe comunque ritenersi infondato alla stregua dei principi costantemente affermati da questa Corte secondo cui le disposizioni della L. n. 212 del 2000 costituenti principi generali dell’ordinamento (art. 1, comma 1) vengono in questione quale “orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto, cosicchè qualsiasi dubbio interpretativo o applicativo deve essere risolto dall’interprete nel senso più conforme a questi principi (cfr Corte cass. 5^ sez. 10.12.2002 n. 17576; Corte cass. 5^ sez. 14.4.2004 n. 7080 – resa in considerazione della “possibilità di fornire due interpretazioni alternative della disposizione” relativa al sistema degli abbuoni sulla produzione di acquavite-; id. 5^ sez. 6.10.2006 n. 21513; id. 5^ sez. 21.2.2008 n. 4388), ma sono insuscettibili – in quanto aventi la stessa forza e valore delle altre leggi ordinarie – a costituire un parametro di verifica della legittimità costituzionale o della validità delle altre norme di legge tributaria, rimanendo esclusa la possibilità di una disapplicazione (cfr. Corte cost n. 180/2007; Corte cass. 5^ sez. 6.4.2009 n. 8254 – con specifico riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 3).

Se, da un lato, nella fattispecie non è richiesta attività esegetica della norma (che stabilisce senza alcun equivoco da colmare in via interpretativa un termine di decadenza per la trasmissione di dati concernenti l’investimento effettuato), dall’altro non sussiste neppure violazione della L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2 in quanto come è stato esattamente rilevato il termine previsto per l’adempimento in questione – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e), che ha fatto salvi gli effetti del decreto legge non convertito – non è inferiore a quello previsto dallo Statuto del contribuente “in quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica aggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. n. 253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa” (Corte cass. 5^ sez. 11.9.2009 n. 19627).

Analogamente infondata la pretesa violazione della L. n 212 del 2000, art. 3, comma 1 (irretroattività della legge tributaria) in quanto la L. n. 289 del 2002, art. 62 con l’assegnazione del termine di decadenza non interviene ad introdurre una nuova e diversa “regula iuris” (Corte cass. sez. lav. ord. 53.2007 n. 5048) del rapporto disciplinato dalla L. n. 388 del 2000 (che trova fonte nella concessione “automatica” del contributo: art. 1 ter), ma introduce una sanzione (di tipo revocatorio del provvedimento concessorio) correlata alla inosservanza di una successiva prescrizione di condotta (comunicazione dei dati) che si inserisce nella fase esecutiva del rapporto concessorio (che prevede una attuazione progressiva, dovendo essere determinato il credito di imposta – da evidenziare nella dichiarazione annuale – in relazione alle effettive spese sostenute per gli investimenti in ciascuno degli anni 2002- 2008)…”;

ritenuto:

– che debbono essere condivise dal Collegio le argomentazioni esposte e le conclusioni della relazione, risultando assorbente il rilievo di inammissibilità ex art. 366 bis c.p.c.;

– che, pertanto, il ricorso del contribuente deve essere dichiarato inammissibile nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c., non dovendo provvedersi in ordine alle spese di lite in mancanza di costituzione della intimata.

P.Q.M.

la Corte: dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

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