Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15809 del 07/06/2021

Cassazione civile sez. I, 07/06/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 07/06/2021), n.15809

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 19063/2015 r.g. proposto da:

B.G., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale portata dall’atto recante “nomina di nuovo

difensore in sostituzione di quello precedente nominato” del 19

febbraio 2021, dall’Avvocato Diego Piselli, presso il cui studio

elettivamente domicilia in Bergamo, alla via G. Camozzi n. 106;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., IN LIQUIDAZIONE (cod. fisc. (OMISSIS)),

in persona del curatore Dott. C.C.A., rappresentato

e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso,

dall’Avvocato Gabriele Travaglia, con il quale elettivamente

domicilia in Roma, alla via Degli Scipioni n. 268/A, presso lo

studio dell’Avvocato Alessio Petretti.

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e

EQUITALIA NORD S.P.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), – incorporante la

Equitalia Esatri s.p.a. – con sede in (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta

procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avvocato

Giuseppe Fiertler, presso il cui studio elettivamente domicilia in

Roma, alla Via Andrea Millevoi n. 73/81.

– controricorrente –

e

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI

MILANO; PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BUSTO

ARSIZIO.

– intimate –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI MILANO depositata in

data 16/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/03/2021 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 18 dicembre 2014, il Tribunale di Busto Arsizio revocò l’ammissione della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (già B. Impianti s.r.l.) alla procedura di concordato preventivo e, con contestuale sentenza n. 255/2014, ne pronunciò il fallimento, ravvisandone i presupposti di legge.

1.1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 14 maggio/16 giugno 2015, n. 2547, rigettò il reclamo promosso da B.G., L. Fall., ex art. 18, contro le suddette statuizioni. In particolare, respinte alcune eccezioni pregiudiziali (sulla tempestività del reclamo e la legittimazione del B. a proporlo), quella corte ritenne, per quanto qui ancora di rilievo, che: i) in relazione al dovere dell’imprenditore di compiutamente informare ed al diritto del ceto creditorio di essere informato, il piano e la proposta presentavano marcate criticità, già evidenziate dal tribunale e compiutamente descritte; ii) il tribunale, diversamente da quanto opinato dal reclamante, “non si era spinto in una valutazione economica laddove aveva sottolineato che il raffronto tra l’attivo ed il fabbisogno concordatario faceva emergere una situazione sulla base della quale non solo non potevano essere soddisfatti i debiti tributari IVA e (…) delle classi quarta, quinta e sesta, ma addirittura, neppure il pagamento integrale della classe seconda, non potendosi computare nell’attivo un credito restitutorio delle banche. Tale indicazione discendeva, infatti, non da valutazione prettamente economica, ma dall’analisi di quanto prospettato nella proposta, dove i margini di incertezza nella realizzazione dei crediti indicati, nonchè l’aver considerato solo i crediti tributari certi e l’aver scomputato quelli non ancora definiti, lasciavano un’alea nella realizzazione dell’attivo che non avrebbe consentito ai creditori un voto consapevole, neppure potendosi dare, nei casi esaminati, con adeguata approssimazione, un possibile saldo finale dell’esito dei procedimenti in corso. Nel caso in esame, l’attivo risultava composto per una parte sostanziale, infatti, da crediti da accertarsi giudizialmente, in ordine ai quali non era stata tenuta in debito conto la tempistica di definizione del contenzioso che, da un lato, spostava inequivocabilmente l’eventuale realizzazione, e, dall’altra, essendone incerto l’esito, l’impossibilità di ritenere tali crediti come liquidi con inevitabili ricadute in termini, di affidabilità del piano”; iii) “la proposta concordataria, avente natura liquidatoria, prevedeva l’integrazione dell’attivo da parte di soggetti terzi, mentre, dal punto di vista del passivo, prevedeva la ristrutturazione dei debiti: proprio dal punto di vista dell’attivo la carenza di informazioni aveva determinato il Tribunale a ritenere inammissibile la proposta in quanto condizionata dall’andamento del mercato immobiliare in grado di influenzare la copertura del fabbisogno visto che gli incassi, in massima parte, derivavano proprio dalle cessioni immobiliari. Allo stesso modo, i tempi dilatati di adempimento degli obblighi concordatari, entro l’anno 2024, non potevano garantire, per le società terze impegnate nell’operazione, Seci s.r.l. e B. s.p.a., pur in presenza di piani industriali, che tali piani sarebbero stati rispettati al di là del loro specifico contenuto”; iv) non potevano non essere considerati alcuni fatti, “idonei ad influenzare il giudizio del tribunale e della corte”. In particolare, “nella cronistoria delle vicende sociali, (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione non specificava, in modo esaustivo, le ragioni delle scelte aziendali succedutesi prima della presentazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, ma a ridosso della stessa. Nel marzo 2011, (OMISSIS) s.r.l. aveva ceduto a B. Impianti s.r.l. (ora B. s.p.a.) un ramo d’azienda rappresentante l’intera attività produttiva dell’azienda a fronte dell’acquisizione di una partecipazione nella B. s.r.l., ma trattenendo i debiti ed i contenziosi tributari che si erano generati in precedenza. Nei mesi successivi, (OMISSIS) s.r.l. cedeva a Seci s.r.l. – società finanziaria di B.G., che, all’epoca, controllava anche (OMISSIS) s.r.l. l’intera partecipazione nella B. s.r.l., quella nella M. s.p.a. e quella in APE s.r.l.. Il prezzo di vendita delle partecipazioni era stato dilazionato a tal punto che, all’atto della proposta concordataria, Seci s.r.l. risultava debitrice di Euro 1.616.509,29: a ciò deve poi aggiungersi che sia l’ulteriore contributo di Seci s.r.l. al concordato per oltre due milioni di Euro sia l’apporto da parte di B.G. risultavano delineati in modo generico tale, comunque, da non soddisfare il diritto informativo del ceto creditorio, soprattutto in relazione alla considerevole entità delle somme in discussione. Tali passaggi venivano evidenziati solo nella relazione del commissario giudiziale il quale, non senza qualche fondamento, ipotizzava lo svuotamento di (OMISSIS) s.r.l. degli assets produttivi al fine di danneggiare i creditori e sottrarsi al pagamento dei debiti soprattutto nei confronti dell’Erario”; v) fosse infondato l’assunto del B. secondo cui lo stato d’insolvenza della società era venuto meno per effetto della sospensione temporanea dei ruoli a suo carico della società; vi) neppure convincevano “le critiche avanzate dal reclamante nei confronti dell’iniziativa del P.M. che, a suo giudizio, avrebbe dovuto venir meno a seguito dell’integrazione della proposta che prendeva l’integrale pagamento del debito IVA e delle ritenute”. Peraltro, (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione aveva proposto “il pagamento del debito tributario e previdenziale in argomento limitatamente a quegli importi che la stessa proponente definiva “certi” lasciando in una sorta di “obliò quegli importi non ancora giudizialmente accertati”; vii) la proposta concordataria non poteva “bypassare” la pretesa fiscale eventualmente accertata in futuro, sicchè vi era la necessità di prevedere, diversamente da quanto compiuto dalla società, un adeguato fondo rischi o il suo inserimento in una classe omogenea tale da prevedere la soddisfazione dell’imposta eventualmente accertata successivamente. Infatti, “il mancato pagamento dell’IVA o delle ritenute comporta un’indebita appropriazione, da parte dell’imprenditore, di risorse proprie dell’Erario nel momento in cui le stesse, verificatosi il presupposto impositivo, avrebbero dovuto essere tempestivamente versate: in caso di domanda di concordato preventivo, ciò giustifica un trattamento differenziato del fisco rispetto agli altri creditori, in modo da metterlo a riparo dal rischio di insolvenza, non ritenendo(si) meritevole di tutela l’imprenditore che, essendosi consapevolmente appropriato di somme che avrebbe dovuto versare come imposte erariali, intenda invece falcidiare detti crediti nella stessa misura in cui ciò sarebbe avvenuto secondo la disciplina di diritto comune. L’esclusione dei crediti oggetto di contestazione riguarda un profilo incidente sulla fattibilità giuridica e quindi di competenza dell’autorità giudiziaria”.

2. Avverso la riportata decisione, ricorre per cassazione B.G., affidandosi a quattro motivi. Resistono, con distinti controricorsi, Equitalia Nord s.p.a. (incorporante la Equitallia Esatri s.p.a.) ed il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, quest’ultimo proponendo anche ricorso incidentale condizionato con riferimento a quelle deduzioni, svolte in sede di reclamo, non esaminate dalla corte distrettuale perchè era ivi rimasto interamente vittorioso. Le altre destinatarie della notificazione del ricorso sono rimaste solo intimate. Risultano depositate memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c., dal B. e dal menzionato fallimento.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale del B., rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 6 e 7, come riformato – Erronea applicazione di norme di diritto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, lamenta che,, nell’istruttoria prefallimentare della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, la notitia decoctionis era “…stata erroneamente comunicata al P.M.. Infatti, la notitia decoctionis è stata comunicata al P.M. in relazione alla prima proposta di concordato preventivo, che prevedeva lo stralcio dell’IVA e sulla quale il commissario giudiziale ha espresso parere negativo. Aperta la procedura L. Fall., ex art. 173; presentata la nuova proposta di concordato che prevedeva l’integrale pagamento dell’IVA e delle ritenute definitivamente accertate; venuto meno lo stato di insolvenza della società a seguito della sospensione dei ruoli operata medio tempore dalle Direzioni Provinciali di Milano I e II e di Bergamo dell’Agenzia delle Entrate; venuto meno il potere di agire per la declaratoria di fallimento, il P.M. ha proceduto comunque con la richiesta di fallimento a lui non consentita in forza della L. Fall., artt. 6 e 7, specie in una fase endofallimentare ove ha appreso la notitia decoctionis all’atto dell’apertura della procedura L. Fall., ex art. 173; fase antecedente alla presentazione della nuova proposta di concordato del 23.10.2014 (con previsione di pagamento integrale dell’IVA e delle ritenute definitivamente accertate) modificativa in termini sostanziali di quella originariamente presentata dalla società e non compiutamente valutata in termini di fattibilità giuridica da parte dello stesso P.M.”. In altri termini, secondo il B., il Pubblico Ministero non aveva legittimazione a richiedere il fallimento della (OMISSIS) s.r.l., essenzialmente, per due ragioni: i) perchè la notitia decoctionis gli era pervenuta in relazione alla prima proposta concordataria, che includeva lo stralcio dell’IVA, impedendogli di valutare la successiva proposta integrativa che, invece, prevedeva il pagamento integrale di quell’imposta; li) perchè, dopo la nuova proposta, sarebbe venuto meno lo stato di insolvenza della società predetta a seguito della sospensione dei ruoli medio tempore operata dall’Agenzia delle Entrate.

1.1. Una siffatta doglianza è complessivamente insuscettibile di accoglimento alla stregua delle dirimenti considerazioni di cui appresso, tutte in linea di chiara continuità con quanto già riscontrato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. ex multis” di Cass. n. 27936 del 2020; Cass. n. 27200 del 2019; Cass. n. 12855 del 2019; Cass. n. 12010 del 2018; Cass. n. 6649 del 2018) sebbene in fattispecie di rinuncia alla domanda concordataria dopo l’apertura del procedimento L. Fall., ex art. 173.

1.2. Deve osservarsi, in proposito, che il potere d’iniziativa del P.M., di cui alla L. Fall., art. 173, comma 2, si pone come specificamente espressivo, per una fattispecie peculiare (data appunto dalla ravvisata esistenza di atti come quelli rientranti nel perimetro applicativo della citata norma), del potere di iniziativa che, in via generale, è configurato dalla L. Fall., art. 7. Tra le due disposizioni intercorre, dunque, una sicura linea di continuità, come manifestata dall’oggettiva identità di ratio che risulta sottesa alle diverse ipotesi di potere di iniziativa del Pubblico Ministero (cfr., sul punto, già la pronuncia di Cass. n. 9574 del 2017). Ne deriva, pertanto, che anche riguardo all’ipotesi di cui alla disposizione della L. Fall., art. 173, vale quanto sviluppato dalla giurisprudenza di questa Corte con diretto riferimento alla tema della L. Fall., art. 7: “una volta venuto meno il potere del tribunale di dichiarare officiosamente il fallimento”, la ratio dell’intervento normativo “è chiaramente nel senso di estendere la legittimazione del P.M. alla presentazione della richiesta in tutti i casi nei quali l’organo abbia istituzionalmente appreso la notitia decoctionis” (cfr. Cass. n. 20400 del 2017 e Cass. n. 19797 del 2015, entrambe richiamate, in motivazione, dalla più recente Cass. n. 27936 del 2020).

1.3. E’ opportuno aggiungere, inoltre, che non è di ostacolo alla compiuta rilevazione della continuità sistematica, che è sussistente tra la previsione generale del potere di iniziativa assegnato al Pubblico Ministero dalla L. Fall., art. 7 e quella contenuta nella L. Fall., art. 173, la constatazione che, in quest’ultimo caso, detto potere non risulta condizionato alla presenza in concreto di una qualche segnalazione da parte del tribunale, secondo quanto invece accade nella previsione di tratto generale.

1.3.1. Nel caso contemplato nella L. Fall., art. 173 (e non diversamente avviene in quello considerato nella L. Fall., art. 162, comma 2), la notizia decoctionis emerge nell’ambito di un procedimento in cui il Pubblico Ministero partecipa a pieno e proprio titolo: qui è, dunque, la concreta dinamica del procedimento a farsi, essa stessa, “segnalazione” di insolvenza, e l’esistenza, o meno, in concreto, del corrispondente stato (nella specie in ragione dell’asserita sospensione dei ruoli operata dalla Direzione Generale delle Entrate) investe il merito della richiesta di fallimento del Pubblico Ministero, non la legittimazione di quest’ultimo a proporla.

2. Analoga sorte negativa merita il secondo motivo del ricorso del B., rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 162 e della L. Fall., art. 15, comma 6 – Erronea applicazione di norme di diritto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Esso è volto a censurare l’assunto della corte territoriale secondo cui (cfr. pag. 9-10 della sentenza impugnata) i fatti concernenti la cronistoria delle vicende sociali della società risultavano, unitamente alla vendita delle partecipazioni, “delineati in modo generico tale, comunque, da non soddisfare il diritto informativo del ceto creditorio”, e che “tali passaggi venivano evidenziati solo nella relazione del Commissario Giudiziale il quale, non senza qualche fondamento, ipotizzava lo svuotamento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione degli assets produttivi al fine di danneggiare i creditori e sottrarsi al pagamento dei debiti soprattutto nei confronti dell’erario”. Il ricorrente sembra ascrivere alla corte predetta: i) di aver valorizzato documentazione non inerente (e dunque necessaria) “alla richiesta di concordato preventivo poichè oggetto del concordato è la regolazione della crisi che trova concretezza soltanto attraverso le indicazioni delle modalità di soddisfacimento dei crediti. Conseguentemente, la rimozione della crisi è un assioma che pertiene alla valutazione in via esclusiva dei creditori”; ii) di aver ricompreso l’Erario tra i creditori danneggiati, benchè “lo stesso commissario nella propria relazione riferisce di numerosi giudizi pendenti e che “…le sentenze finora emesse dalla Commissione Tributaria Provinciale e dalla Commissione Tributaria Regionale sono per lo più favorevoli alla Società” Vi è una palese contraddizione sul punto: un imprenditore non può dirsi danneggiare un creditore facendo valere le proprie ragioni in giudizio. Vieppiù se destinatario di sentenze a lui favorevoli”; iii) di aver violato il suo diritto di difesa, fondando la propria decisione su mere ipotesi formulate dal commissario giudiziale senza disporre l’integrazione della relazione di quest’ultimo: integrazione che si rendeva necessaria soprattutto a seguito della modifica apportata alla precedente proposta di concordato, la quale vedeva, tra l’altro, la rinunzia alla transazione fiscale, negando, così, all’imprenditore la possibilità di provare il contrario di quanto “ipotizzato” dal Commissario, mediante il deposito di tutta la documentazione inerente alle operazioni sociali svolte ai sensi di legge.

2.1. Trattasi di affermazioni tutte immeritevoli di condivisione, atteso che:

i) l’assunto secondo cui la ricostruzione delle vicende societarie precedenti la proposta non sarebbe rilevante, in quanto la proposta concordataria riguarderebbe solo le modalità di soluzione pro futuro della crisi, oltre ad essere generico, è palesemente infondato. Una proposta concordataria deve anche offrire ai creditori, tra l’altro, quegli elementi informativi che consentono di valutarne la cd. “convenienza economica”: quest’ultima è un concetto distinto dalla fattibilità economica e verte sul raffronto tra la soddisfazione dei creditori prevista nel concordato e quella che essi verosimilmente potrebbero ottenere tramite le procedure alternative (il fallimento). Nella specie, le vicende sociali omesse dalla narrativa della proposta, cui la sentenza si riferisce (già ampiamente descritte nel p. 1.1. dei “Fatti di causa”, al punto sub da intendersi, qui, per brevità, integralmente riprodotto), riguardano atti traslativi di beni societari – un conferimento d’azienda, con sospetta proporzione, seguito dalla cessione con pagamento ultra differito della partecipazione societaria riveniente dal conferimento stesso – avvenute in tempi e modi tali da consentire o far almeno prospettare come astrattamente fondato l’esperimento di azioni revocatorie e di azioni di responsabilità. Si trattava, quindi, di un elemento informativo di sicuro rilievo proprio ai fini di quella valutazione di convenienza economica della proposta di specifica competenza dei creditori, i quali, messi al corrente di tali vicende – e delle puntuali circostanze in cui esse avevano avuto luogo – avrebbero potuto preferire, rispetto alla proposta concordataria, la procedura maggiore e, con essa, la prospettiva che il curatore – proprio sulla base di tali eventi potesse valutare l’esperimento delle azioni (cfr. in senso sostanzialmente conforme, Cass. n. 16856 del 2018, in relazione alla concreta fattispecie ivi scrutinata). A tanto deve solo aggiungersi, da un lato, che nessuna giustificazione è stata offerta dal B. in sede di reclamo, nè ancora oggi, circa le sopra riportate operazioni sociali, in relazione alle quali i giudici di merito (con valutazioni fattuali qui evidentemente non sindacabili) hanno sostanzialmente condiviso quanto opinato dal commissario giudiziale circa il sostanziale intento delle stesse di tendere a “svuotare” le casse sociali della (OMISSIS) s.r.l.; dall’altro, che tutta la documentazione che il menzionato ricorrente principale indica come depositata contestualmente alla sua memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. (cfr. pag. 3-5 di quest’ultima) deve considerarsi inammissibile perchè palesemente fuori dal perimetro operativo dell’art. 372 c.p.c., a tenore del quale, nel giudizio di legittimità, possono essere prodotti, dopo la scadenza del termine di cui all’art. 369 c.p.c., ed ai sensi dell’art. 372 c.p.c., solo i documenti che attengono all’ammissibilità del ricorso e non anche quelli concernenti l’allegata fondatezza del medesimo (cfr. Cass. n. 9685 del 2020);

il) la contestazione riguardante l’esistenza stessa di un creditore erariale, dal momento che i contenziosi tributari instaurati sarebbero stati, per lo più, vinti dalla società, finisce con il devolvere, del tutto inammissibilmente, alla Suprema Corte un accertamento di natura evidentemente fattuale. L’assunto, peraltro, è formulato in modo assolutamente generico ed apodittico, semplicemente estrapolando una frase dalla più ampia relazione del commissario straordinario, della quale, nemmeno si riportano, sullo specifico punto, i contenuti essenziali;

iii) l’argomento secondo cui, dopo il deposito della proposta modificata, il tribunale avrebbe dovuto far predisporre un”integrazione della relazione L. Fall., ex art. 172, del commissario giudiziale, al fine di assicurare il diritto dei creditori a votare in modo informato sulla proposta concordataria, non può avere seguito. Infatti, nessuna norma prevede il “diritto” del debitore alla integrazione della relazione del commissario giudiziale a seguito delle modifiche apportate alla precedente proposta concordataria pendente il subprocedimento L. Fall., ex art. 173, posto che, esclusa l’ipotesi in cui tali modifiche siano talmente innovative da stravolgere le caratteristiche della proposta originaria, configurandosi come una nuova proposta, esse possono essere decise de plano, senza necessità di una nuova relazione del consulente tecnico e di un vaglio di ammissibilità da parte del giudice. Invero, il subprocedimento predetto investe l’accertamento dei fatti che potrebbero condurre alla revoca dell’ammissione al concordato, sicchè, se è vero che, pendendo lo stesso, la procedura di concordato non può proseguire (in particolare, non può farsi luogo all’adunanza dei creditori, che, pertanto, va all’occorrenza rinviata), perchè sarebbe inutile, ciò, però, non esclude la possibilità, ancor prima dell’inizio delle operazioni di voto, di iniziative, meramente rafforzative e migliorative delle prospettive di realizzo dei creditori in base alla proposta già depositata, volte a superare la situazione negativa rilevata dal commissario,, in conseguenza della quale si è aperto il subprocedimento che potrebbe condurre alla revoca dell’ammissione al concordato. La funzione del suddetto subprocedimento, infatti, è proprio quella di accertare non solo se le criticità sussistevano al momento in cui il commissario le ha rilevate, ma anche se continuano ad esistere, essendosi in presenza di condizioni dell’azione necessarie per l’accoglimento della domanda, – che, pertanto, come è noto, è sufficiente che sussistano al momento della decisione – e non di presupposti processuali che, invece, devono esistere al momento della proposizione della domanda (cfr., in motivazione, Cass. n. 29741 del 2018). Peraltro, la diffusione presso il ceto creditorio di una relazione integrativa del commissario giudiziale sarebbe dovuta essere funzionale ad assicurare quella pienezza di informazione che unicamente può garantire l’esercizio consapevole del diritto di voto. Nella specie, però, alle operazioni di voto non si è arrivati, essendo stata revocata l’ammissione al concordato ancor prima del loro svolgimento;

iv) nella specie, non risultano puntualmente censurate le argomentazioni con cui la corte distrettuale aveva dato atto che il tribunale, “dopo la presentazione del nuovo piano, non aveva disposto l’integrazione della relazione del commissario giudiziale”, specificando che quello stesso giudice aveva, tra l’altro, “negativamente valutato la circostanza che la maggior parte dell’attivo concordatario era costituito da somme provenienti da Seci s.r.l. per un importo di Euro 3.803.279,60, somme che la società proponente riteneva ritraibili dalla prosecuzione dell’attività aziendale della stessa Seci s.r.l. e dalla cessione a Buffetti s.p.a. di due capannoni industriali, ritenendo tali elementi connotati da incertezza anche sulla scorta della osservazioni rassegnate dal commissario giudiziale il quale, nel valutare l’operazione, ne aveva sottolineato i margini di deficit”. Resta solo da aggiungere, quanto all’asserito diniego alla (OMISSIS) s.r.l. di replicare agli assunti del commissario giudiziale circa l’avere quest’ultima svuotato le casse sociali, che le corrispondenti argomentazioni del B. si rivelano generiche e prive di autosufficienza, nemmeno indicando quando lo stesso avrebbe fatto richiesta di un termine per replica, nè quando gli sarebbe stato negato. L’odierno ricorrente, comunque, aveva avuto la possibilità di replicare posto che, come emerge dalla sentenza oggi impugnata (cfr. pag. 5), dopo il deposito della relazione del commissario giudiziale, era stato concesso alla menzionata società un termine per il deposito di una memoria.

2.2. Da ultimo, va rimarcato che l’ulteriore assunto del B., circa la nullità della decisione oggi impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., in ragione della sua motivazione “meramente apparente”, rinvenibile nella sua memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. (cfr. pag. 6-7), deve considerai inammissibile perchè nulla, in tale specifico senso, era stato denunciato nel suo ricorso: invero, come ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la memoria predetta non può contenere nuove censure, ma solo illustrare quelle già proposte (cfr., ex multis, Cass. n. 17893 del 2020; Cass. n. 24007 del 2017; Cass. n. 26332 del 2016; Cass., SU, n. 11097 del 2006).

3. Il terzo motivo del ricorso del B., rubricato “Omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – Ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, censura il passaggio della sentenza impugnata in cui, seppure ritenendosi possibile un concordato preventivo basato sull’imposta definitivamente accertata, si è opinato che tanto “non possa bypassare la pretesa fiscale che eventualmente sia accertata in futuro e quindi vi si la necessità di prevedere in adeguato fondo rischi o il suo inserimento in una classe omogenea tale da prevedere la soddisfazione dell’imposta che dovesse essere accertata successivamente”. Secondo il ricorrente, la corte distrettuale, così argomentando, sarebbe incorsa “in un grave errore di diritto oltre che in un difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia”, in quanto, come risultava dalle relazioni del commissario giudiziale e del legale incaricato dalla (OMISSIS) s.r.l., “la maggior parte dei ricorsi avverso le varie cartelle esattoriali sono stati vinti dalla società nei vari gradi di merito” (cfr. pag. 11 del ricorso). La stessa, inoltre, nemmeno avrebbe adeguatamente motivato in ordine a quali norme prevedessero la costituzione di un fondo rischi per i giudizi tributari in corso, nè circa i relativi parametri di una tale costituzione, mentre, in realtà, conclude il B., “non esiste alcuna norma che impone la costituzione del Fondo Rischi e che dia gli eventuali parametri per il calcolo stesso, rimettendo la stessa costituzione ad un giudizio di fattibilità economica dello stesso imprenditore che richiede l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Al Tribunale è, eventualmente, rimessa la facoltà di richiedere idonee garanzie, anche di natura reale, per il raggiungimento dello scopo concordatario, che, nel caso di specie, il Tribunale di Busto Arsizio non ha richiesto” (cfr. pag. 11-12 del ricorso)

3.1. Una siffatta doglianza risulta in parte inammissibile ed in parte infondata.

3.1.1. E’ inammissibile nella misura in cui: i) sotto il profilo del denunciato vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, intenderebbe censurare (laddove lamenta un asserito “grave errore di diritto” a suo dire ascrivibile alla corte di appello) l’interpretazione o l’applicazione di norme giuridiche, che, invece, ricade nella previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rispetto alla quale l’eventuale vizio od omissione della motivazione in diritto non ha alcuna rilevanza autonoma, potendo eventualmente, in presenza di una corretta decisione del giudice di merito della questione sottoposta al suo esame, dar luogo alla correzione della stessa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 (cfr., ex multis, Cass. n. 4863 del 2020; Cass. n. 15196 del 2018, in motivazione; Cass. n. 13435 del 2006; Cass. n. 16640 del 2005; Cass. n. 11883 del 2003); ii) oblitera completamente che, in ogni caso, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (formalmente invocato dal B. con la doglianza in esame), – nella formulazione disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, qui applicabile ratione temporis risultando impugnata una sentenza pubblicata il 16giugno 2015 – riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni (cfr. Cass. n. 395 del 2021, in motivazione; Cass., SU, n. 16303 del 2018, in motivazione; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015), sicchè sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis, Cass. n. 395 del 2021, in motivazione, Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017); iii) non tiene in alcun conto che Cass., SU, n. 8053 del 2014, ha chiarito, in relazione ai puntuali oneri di allegazione caratterizzanti la censura proposta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che “la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti” (in senso analogo, cfr. in motivazione, le più recenti Cass. n. 23983 del 2020 e Cass. n. 395 del 2021): oneri, nella specie, rimasti inadempiuti.

3.1.2. E’ infondata, invece, laddove non considera che la corte distrettuale ha ripetutamente sottolineato la incertezza che connotava la proposta concordataria in merito al pagamento dei debiti tributari in relazione alle cause fiscali pendenti, (prima evidenziando – cfr. pag. 9 della sentenza impugnata – che l’aver considerato solo i crediti tributari certi e l’aver scomputato quelli non ancora definiti lasciava un’alea nella realizzazione dell’attivo che non avrebbe consentito ai creditori un voto consapevole; poi rimarcando – cfr. la successiva pag. 10 – che la (OMISSIS) in liquidazione “proponeva il pagamento del debito tributario e previdenziale in argomento limitatamente a quegli importi che la stessa proponente definiva “certi” lasciando in una sorta di “oblio” quegli importi non ancora giudizialmente definiti”): proprio in relazione ai crediti tributari non ancora definiti, perchè oggetto di giudizi pendenti, e non presi in considerazione nella proposta concordataria, la corte territoriale ha parlato, del tutto condivisibilmente (cfr. Cass. n. 5689 del 2017), della “necessità di prevedere, diversamente da quanto compiuto dalla società, un adeguato fondo rischi o il suo inserimento in una classe omogenea tale da prevedere la soddisfazione dell’imposta che dovesse esser successivamente accertata” (cfr. pag. 11 della menzionata sentenza). Nè, peraltro, in relazione agli importi dei crediti tributari per i quali pendevano i giudizi, si rivela decisivo l’assunto del B. secondo cui la maggior parte dei ricorsi “erano stati vinti”: non solo, infatti, come si è già detto, tanto finisce con il devolvere, del tutto inammissibilmente, alla Suprema Corte un accertamento di natura evidentemente fattuale, ma nemmeno considera che, trattandosi di giudizi non definiti, non potrebbe affatto escludersi la possibilità di un esito finale diverso e sfavorevole alla società.

4. Il quarto motivo del ricorso principale, infine, rubricato “Erronea applicazione del principio di fattibilità economica relativamente al piano presentato dalla società in bonis”, ascrive alla corte distrettuale di avere compiuto, come già il tribunale valutazioni non consentite circa la fattibilità economica del piano, laddove aveva affermato (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata) che “il raffronto tra l’attivo e il fabbisogno concordatario faceva emergere una situazione sulla base della quale non solo non potevano essere soddisfatti i debiti tributari IVA e il soddisfacimento delle classi quarta, quinta e sesta, ma addirittura il pagamento integrale della classe seconda non potendosi computare nell’attivo un credito restitutorio delle banche”.

4.1. Tale doglianza, che investe la individuazione dell’ambito del potere di controllo del tribunale sulla proposta concordataria, si rivela infondata.

4.2. Invero, giova ricordare che, come sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., SU, n. 1521 del 2013), in tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità, peraltro, si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura concordataria.

4.2.1. In modo ancora più esplicito, poi, Cass. n. 18987 del 2011 ha evidenziato che il controllo della regolarità della procedura, proprio della tipica funzione dell’omologa, di imprimere giuridica efficacia al consenso espresso sulla proposta, comporta necessariamente la verifica della persistenza, fino a quel momento, delle medesime condizioni di ammissibilità della procedura stessa, seppure già scrutinate nella fase iniziale, dell’assenza di atti o fatti di frode che potrebbero dare impulso al procedimento di revoca L. Fall., ex art. 173 e, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, del rispetto delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole ed adeguata informazione (cfr. in senso analogo, le successive Cass. n. 10778 del 2014 e Cass. n. 2234 del 2017, entrambe richiamate in motivazione dalla più recente Cass. n. 25474 del 2019).

4.2.2. Va, peraltro, rimarcato che anche la fattibilità economica può ben essere sindacata dal giudice del fallimento laddove il piano si riveli irrealizzabile prima facie, al punto che la stessa distinzione astratta tra verifica di fattibilità giuridica e verifica di fattibilità economica può dirsi nella sostanza superata dalla più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 25474 del 2019; Cass. n. 645 del 2019; Cass. n. 5825 del 2018; Cass. n. 4790 del 2018; Cass. n. 9061 del 2017), in un’ottica da ultimo recepita anche dal D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della Legge Delega 19 ottobre 2017, n. 155) in tema di riforma delle procedure concorsuali (cfr. art. 47).

4.2.3. Infine, come questa Corte da tempo afferma – anche a Sezioni Unite – è compito precipuo del giudice garantire il rispetto della legalità nello svolgimento della procedura concorsuale, e, in tale prospettiva, compete a lui esercitare sulla relazione del professionista attestatore un controllo specifico, concernente la congruità e la logicità della motivazione ed il profilo del collegamento effettivo fra i dati riscontrati ed il conseguente giudizio (cfr. già Cass., SU, n. 1521 del 2013, e poi anche Cass. n. 13083 del 2013; Cass. n. 11423 del 2014; Cass. n, 5825 del 2018; Cass. n. 645 del 2019, in motivazione; Cass. n. 25474 del 2019, in motivazione). Il tribunale, dunque, ha il potere di compiere una penetrante verifica della adeguatezza dell’informazione che viene fornita ai creditori, proprio al fine di consentire a questi ultimi un’espressione libera e consapevole del voto (cfr. Cass. n. 7959 del 2017; Cass. n. 5825 del 2018). Naturalmente è poi rimessa ai creditori la valutazione in ordine alla convenienza economica della proposta; ma sempre che l’attestazione consenta di esprimere in modo completo la valutazione suddetta. Da questo punto di vista, spetta, quindi, al giudice il compito di controllare la corretta predisposizione dell’attestazione in termini di completezza dei dati e comprensibilità dei criteri di giudizio, ciò rientrando nella verifica di regolarità dell’andamento della procedura, che è presupposto indispensabile al fine della garanzia della corretta formazione del consenso (cfr. Cass. n. 5825 del 2018; Cass. n. 645 del 2019; Cass. n. 25474 del 2019, in motivazione).

4.3. Nessun dubbio, allora, può sorgere, giusta i principi suddetti, circa il fatto che, nell’odierna vicenda, la corte distrettuale, attraverso le complessive argomentazioni già compiutamente esposte al precedente p. 1.1. dei “Fatti di causa” (da intendersi, qui, per brevità, interamente richiamate) abbia chiaramente operato rimanendo nell’ambito del sindacato consentitole dalla riportata giurisprudenza di legittimità.

4.3.1. La corte milanese, infatti, dopo aver premesso, proprio sulla scorta dei riportati principi resi da Cass., SU, n. 1521 del 2013, l’importanza “di una puntuale, piena e completa informazione del ceto creditorio, quale presupposto imprescindibile di una consapevole valutazione sulla realizzabilità e convenienza della proposta e quale tassello fondamentale per una adeguata tutela dei creditori” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata), ha rimarcato che “proprio in relazione a tale aspetto – il dovere dell’imprenditore di compiutamente informare e il diritto del ceto creditorio di essere informato – il piano e la proposta di (OMISSIS) in liquidazione s.r.l., presenta marcate criticità evidenziate dal Tribunale”.

4.3.2. In particolare, è stato riscontrato un deficit informativo della proposta concordataria in relazione a quattro profili (i primi due dei quali significativi quanto al difetto di causa concreta della proposta concordataria): i) le azioni giudiziarie da instaurare contro le banche, in relazione alle quali la sentenza rileva che “i margini di incertezza nella realizzazione dei crediti indicati… lasciavano un’alea nella realizzazione dell’attivo che non avrebbe consentito ai creditori un voto consapevole non potendosi neppure, nei casi esaminati, dare con adeguata approssimazione un possibile saldo finale dell’esito dei procedimenti in corso” (cfr. pag. 9); il) gli apporti promessi da Seci s.r.l. e B. s.p.a., circa i quali la medesima sentenza rileva che gli stessi erano condizionati “all’andamento del mercato immobiliare… visto che gli incassi in massima parte, derivavano proprio dalle cessioni immobiliari” (cfr. pag. 9) e “risultavano delineati in modo generico, tale, comunque, da non soddisfare il diritto informativo del ceto creditorio, soprattutto in relazione alla considerevole entità delle somme in discussione” (cfr. pag. 10); iii) il debito tributario per IVA e ritenute in contenzioso, per i quali la corte lombarda rileva che sussistono “margini di incertezza” derivanti dall’aver “considerato solo i crediti tributari certi e l’aver scomputato quelli non ancora definiti” (cfr. pag. 9); iv) le vicende societarie che avevano svuotato il patrimonio sociale in prossimità della presentazione della domanda concordataria, riguardo alle quali la sentenza riferisce che la proposta “non specificava in modo esaustivo le ragioni di certe scelte aziendali succedutesi prima della presentazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo ma a ridosso della stessa” (cfr. pag. 9-10): tema, quest’ultimo, di intuitiva rilevanza per valutare sia l’eventuale sussistenza di atti fraudolenti in danno dei creditori L. Fall., ex art. 173, sia la convenienza economica della proposta, sia la stessa solvibilità e affidabilità di Seci S.r.l., beneficiaria degli atti traslativi considerati, in ragione degli impegni concordatari che avrebbe dovuto assumere.

4.3.3. La censura, peraltro, laddove assume (cfr. pag. 12 del ricorso) che “la società (OMISSIS) s.r.l., prima, e poi il reclamante, anche sulla scorta delle relazioni dell’attestatore, ha sufficientemente dimostrato come l’attivo fosse nettamente superiore al fabbisogno concordatario, con conseguente ripartizione dell’eccedenza inserita nel fondo rischi a favore dei creditori nell’ipotesi di esito positivo dei contenziosi in essere”, si rivela inammissibile – oltre che perchè carente di autosufficienza, non riportandone, specificamente, i corrispondenti tenori letterali – laddove volta a proporre una diversa lettura delle menzionate relazioni, anche al fine di giustificare la convenienza della proposta concordataria: invero, le relative argomentazioni investono il complessivo governo del materiale istruttorio, così finendo con il trasformare, del tutto surrettiziamente, oltre che inammissibilmente, il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonchè le più recenti Cass. n. 8758 del 2017, Cass. n. 26300 del 2018 e, in motivazione, Cass. n. 395 del 2021).

5. Venendo, infine, al ricorso incidentale del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, dichiaratamente (cfr. pag. 34 del controricorso) proposto – con riferimento a quelle deduzioni, svolte in sede di reclamo, non esaminate dalla corte distrettuale perchè la curatela era ivi rimasta interamente vittoriosa – in via condizionata così da dover “essere esaminato nel solo caso in cui l’avverso ricorso principale fosse stato ritenuto fondato”, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, posto che le questioni ritenute assorbite dal giudice di merito sono riproponibili nell’eventuale giudizio di rinvio, sicchè, rispetto ad esse non è ravvisabile soccombenza (cfr., ex multis, Cass. n. 3796 del 2008, secondo cui “nel giudizio di cassazione, è inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, avendo il giudice di merito attinto la ratio decidendi da altre questioni di carattere decisivo, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio”; Cass. n. 9907 del 2010; Cass., SU, n. 13195 del 2018; Cass. n. 19503 del 2018).

6. In definitiva, il ricorso principale del B. va respinto, mentre deve essere dichiarato inammissibile quello incidentale condizionato del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione.

6.1. Le spese di questo giudizio di legittimità riguardanti i rapporti tra le sole parti costituite restano a carico del menzionato ricorrente principale (la cui soccombenza è assolutamente prevalente rispetto alla ritenuta inammissibilità del ricorso incidentale condizionato del menzionato fallimento) e si liquidano, in favore di ciascuna parte controricorrente, come in dispositivo.

6.1.1 Deve darsi atto, altresì – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U. n. 24245 del 2015; Cass. S.U. n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass. S.U. n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del B. e del Fallimento predetto, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso e quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale di B.G. e dichiara inammissibile quello incidentale condizionato al Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione.

Condanna il B. al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del B. e del Fallimento predetto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, rispettivamente per il ricorso principale e quello incidentale condizionato, giusta dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 11 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2021

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