Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15807 del 12/06/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/06/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 12/06/2019), n.15807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12133-2018 proposto da:

FEMAR SERVIZI SPECIALI SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONE IV 99, presso

lo studio dell’avvocato GIOVANNI LAURO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BRUNO SPAGNA MUSSO;

– ricorrente –

contro

SDA EXPRESS COURIER SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 294,

presso lo studio dell’avvocato ANGELO VALLEFUOCO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato VALERIO VALLEFUOCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6458/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE

GIANNITTI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La società Femar Servizi Speciali s.r.l., in persona del L.R. pro tempore, ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 6458/2017 della Corte di Appello di Roma che, respingendo l’impugnazione da essa proposta nei confronti della società SDA Express Courier s.p.a., ha integralmente confermato la sentenza n. 11936/2016 del Tribunale di Roma (emessa in procedimento, pendente tra le parti ed avente ad oggetto la richiesta di declaratoria di illegittimità del recesso unilaterale del contratto di trasporto 1/8/2011, intervenuto tra le parti, ovvero, in subordine, l’imputabilità alla SDA della risoluzione di tale contratto, con condanna della stessa al pagamento della penale).

La società SDA Express Courier s.p.a. ha resistito con controricorso.

Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

In vista dell’odierna adunanza parte ricorrente ha depositato memoria a sostegno del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.La società SDA Express Courier s.p.a., in sede di controricorso, ha eccepito la violazione dell’art. 366, n. 3, riguardo all’esposizione del fatto.

L’eccezione è infondata.

Invero, le omissioni che, in tesi di parte resistente, sarebbero state compiute – quand’anche fossero esistenti – non sarebbero comunque tali da inficiare l’esposizione del fatto, contenuta in ricorso, che, nel suo articolarsi, riferisce in modo adeguato sia la fattispecie sostanziale che lo svolgimento processuale.

2. Il ricorso è affidato a quattro motivi.

La società ricorrente – dopo aver premesso che la vicenda in esame ha ad origine l’erronea interpretazione della clausola 3.2 del contratto stipulato tra le parti, in base al quale “Le parti – decorsi 18 mesi dalla sottoscrizione del contratto -potranno recedere dallo stesso contratto, dandone preavviso di almeno 6 mesi prima della data in cui il recesso avrà termine tramite raccomandata A/R. Resta fermo il diritto al risarcimento di tutti i danni eventualmente provocati dalla sessa in conseguenza di atti, fatti o comportamenti relativi all’espletamento del servizio soggetto del presente contratto”-denuncia:

a) con i primi due motivi, articolati entrambi in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 3, per omessa indicazione delle conclusioni delle parti, non risultando comprensibile dal contesto motivazionale che il giudice di merito le aveva esaminate (in particolare era stato prospettato che le modalità di recesso erano da ritenersi erronee), nonchè per violazione dell’art. 112 c.p.c. per totale omessa pronuncia sui primi due motivi dell’atto di appello (che riporta e che vertono rispettivamente in tema di difetto di motivazione e di contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza di primo grado);

b) con il terzo motivo: motivazione apparente in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4, e violazione dell’art. 1362 c.c. nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto nella specie configurabile un collegamento negoziale tra il contratto 1 agosto 2011 stipulato tra le parti ed il contratto stipulato tra Poste Italiane s.p.a. e SDA;

c) con il quarto motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, motivazione apparente in punto di ratio decidendi nella parte in cui i giudici di merito hanno ritenuto valida una presunta disdetta prima della decorrenza di detti 18 mesi.

3. I primi due motivi – che, in quanto strettamente connessi, sono qui trattati congiuntamente – sono fondati nei termini che seguono.

La lettura della sentenza evidenzia che sostanzialmente la corte territoriale ha direttamente proceduto (pp. 2 e 3) – senza tenere conto dell’effetto devolutivo dell’appello e, comunque, senza spiegare come, in presenza dei proposti motivi di appello e della sentenza di primo grado, potesse procedervi – ad una sorta di esame della domanda introduttiva del giudizio di primo grado al fine di sostenere che detta domanda non era adeguata allo svolgimento della vicenda in fatto.

Sulla base di tale constatazione la corte territoriale poi, anzichè dire che la domanda di primo grado andava respinta per tale ragione, ha affermato che l’appello andava respinto. Lo ha fatto: a) senza spiegare come e perchè i motivi di appello non erano idonei a giustificare la riforma della sentenza di primo grado (e, dunque, andavano disattesi); b) e, d’altro canto, senza, al contrario, dire che i motivi erano idonei a spiegare come e perchè, nonostante la suddetta idoneità, la domanda proposta in primo grado doveva essere rigettata (sulla base, quindi, di una motivazione diversa da quella enunciata dal giudice di primo grado).

Del tutto incomprensibile al fine di individuare una delle suddette due ipotesi è l’affermazione che (p.3) “…il presupposto di fatto della fattispecie è risultato diverso da quello allegato in giudizio da Femar a fondamento della domanda…”.

I motivi in esame sono dunque fondati perchè la Corte territoriale ha rigettato l’appello, da una parte, ignorando i motivi di impugnazione e non spiegando perchè essi non erano idonei a giustificare la riforma della sentenza; e, d’altra parte, non spiegando perchè al decisum della sentenza di primo grado ed alla relativa individuazione del tenore della domanda, poteva e doveva sovrapporsi quello prescelto e ciò avuto riguardo ai limiti devolutivi dell’appello.

La sentenza impugnata risulta così pronunciata ignorando le conclusioni dell’appellante e di riflesso la motivazione della sentenza impugnata: la corte d’appello non ha assolto l’onere di indicare le ragioni per le quali le conclusioni e, dunque, i motivi di appello non erano da esaminare, in quanto la domanda, per come individuata in iure, doveva ritenersi infondata ed all’uopo le questioni con essi sollevate non rilevavano. Parimenti doveva spiegare le ragioni per le quali la motivazione della prima sentenza fosse errata e dovesse sostituirsi con quella qui impugnata.

In definita, risultando del tutto apparente la motivazione della sentenza impugnata, quest’ultima, in accoglimento dei primi due motivi e dichiarato assorbito il terzo e il quarto, va cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, alla quale è demandata anche la regolamentazione delle spese relative al presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie, per quanto di ragione, i primi due motivi di ricorso, e, dichiarati assorbiti il terzo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata rinviando ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, alla quale demanda la regolamentazione delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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