Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15806 del 19/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 19/07/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 19/07/2011), n.15806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.G. (OMISSIS), in proprio elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA D. A. AZUNFI 9, presso lo studio

dell’avvocato DE CAMELIS RAPFAELLA, rappresentato e difeso da se

stesso;

– ricorrente –

contro

REGIONE PUGLIA (OMISSIS), in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 36 presso la

Delegazione Romana della Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli

avvocati SIVO GIOVANNI, MICHELANGELO ROMANO, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SPA CONCESSIONARIO DEL SERVIZIO NAZIONALE DI RISCOSSIONE

PER LA PROVINCIA DI BARI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 78/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di BARI del 12/06/08, depositata il 03/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito l’Avvocato Sivo Giovanni, difensore della controricorrente che

si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha

concluso per la trattazione del ricorso in P.U..

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

che è stata depositata, dal consigliere appositamente nominato, la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:

il contribuente ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, n. 78/1/2008, che, confermando la decisione di primo grado, ha rigettato un ricorso, sorretto dalla eccepita mancata ricezione dell’avviso di accertamento presupposto, contro una cartella di pagamento relativa a iscrizione a ruolo di tassa automobilistica per l’anno 1999, maggiorata di interessi e sanzioni.

L’intimata Regione Puglia ha resistito con controricorso. La sentenza ha motivatamente ritenuto essere la notifica avvenuta regolarmente, con atto ricevuto presso la residenza del contribuente risultante dal p.r.a., a mani di persona qualificatasi come “moglie” e “familiare convivente”. Il ricorrente deduce quattro motivi.

I primi tre – denunzianti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, (1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2699 e 2714 c.c.; (2) violazione e/o erronea e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., commi 1 e 2, dell’art. 160 c.p.c., dell’art. 43 c.c. e della L. 24 gennaio 1978, n. 27, art. 2; (3) violazione e/o erronea e falsa applicazione del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 94 – sono inammissibili, stante la mancata formulazione, a conclusione di ciascuno, del quesito di diritto richiesto dall’art. 366-bis c.p.c. Il quarto – denunziante contraddittoria motivazione relativamente al fatto controverso decisivo relativo alla identificazione del luogo di residenza – appare a sua volta inammissibile in ragione della mancata redazione, a conclusione della esposizione del motivo, del richiesto momento di sintesi, omologo del quesito di diritto, finalizzato a chiaramente indicare in qual senso la circostanza della residenza (anagrafica) andrebbe ritenuta decisiva e in qual senso la motivazione sarebbe contraddittoria in rapporto alla valutazione del fatto. A ogni modo, ove anche si seguisse l’argomentare del ricorrente secondo l’esposta (nel motivo) sequenza, nessuna contraddizione appare rinvenibile nella motivazione della sentenza, la quale ha attribuito rilevanza al fatto che, presso la residenza risultante dal p.r.a., l’atto venne comunque ricevuto da persona che, nella relata redatta dall’ufficiale notificatore (atto fidefacente fino a querela di falso), risulta qualificatasi come familiare convivente (moglie) del destinatario.

Sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e definito con pronunzia di manifesta infondatezza.”;

– che il collegio condivide le considerazioni di cui alla ripetuta relazione, ulteriormente osservando che il rilievo del ricorrente, di cui alla memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., circa l’essere stati i quesiti riassunti nelle conclusioni del ricorso con riferimento a ciascun motivo di doglianza, è contraddetto dal diretto esame del libello contenente;

– che pertanto va dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente alle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 550,00, di cui Euro 100,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

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