Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15805 del 19/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 19/07/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 19/07/2011), n.15805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20797/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. MICHELINI

TOCCI 50, presso lo studio dell’avvocato VISCONTI CARLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ARMATI STEFANO giusta delega in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 111/2 009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 3 0/04/09, depositata il 21/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che è stata depositata, dal consigliere appositamente nominato, la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“1. – Con l’impugnata sentenza la commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto, per inesistenza del presupposto impositivo, l’appello di P.L. finalizzato a ottenere il rimborso – negato dalla commissione tributaria provinciale di Roma – dell’Irap corrisposta negli anni dal 1998 al 2003 compresi.

Ha così motivato la decisione: (a) pur avendo il contribuente svolto attività professionale utilizzando saltuariamente uno studio associato, era risultato che esso con l’associazione professionale aveva soltanto un rapporto di collaborazione per il quale risultano emesse il 90 % delle sue fatture; (b) dall’evidente differenza di somme incassate nel periodo de quo, rispetto al quinquennio successivo (2004-2008), era da ritenere legittimata la richiesta di rimborso dell’Irap versata e non dovuta.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre l’agenzia delle entrate, articolando un motivo.

L’intimato resiste con controricorso, contenente altresì ricorso incidentale per il riconoscimento degli interessi sulle somme oggetto di rimborso.

2. – Il mezzo principale, con idonea sintesi conclusiva, denunzia illogicità della motivazione, stante che la commissione, dopo aver rilevato che il contribuente si è avvalso di una struttura messagli a disposizione da uno studio professionale prima ancora di essere a questo associato, ha ritenuto insussistente il presupposto impositivo non considerando che i mezzi messi a disposizione dallo studio hanno comunque ragionevolmente accresciuto la di lui produttività.

Il motivo appare all’evidenza infondato.

Invero la sentenza assume, con apprezzamento di fatto non direttamente censurato, che il contribuente, prima di divenire associato di studio, ebbe in essere con l’associazione professionale un semplice rapporto di collaborazione esterna, tanto da fatturare per il detto studio il 90% dei corrispettivi annui.

Non rileva, pertanto, l’affermazione che i mezzi messi a disposizione dallo studio associato hanno ragionevolmente accresciuto la produttività del contribuente, una volta appurato che non è censurata la specifica ratio decidendi in ordine al fatto che si trattò comunque di mera collaborazione nei confronti dello studio, e dunque di attività organizzata con uso di mezzi altrui, al limitato fine di attuare il rapporto collaborativo. La mancanza del requisito organizzativo nell’attività svolta prima del gennaio 2004 è, d’altronde, dalla sentenza ulteriormente affermata in considerazione del nesso con la differenza di incassi rispetto al quinquennio successivo; e la validità dell’inferenza non appare, in questo caso, per nulla censurata.

3. – Il ricorso incidentale è inammissibile, stante che il quesito di diritto non è modellato sul vizio di omessa pronuncia, viceversa dedotto nella parte espositiva dell’unico motivo, sebbene sull’astratta ricognizione dell’obbligazione di pagamento di interessi con riguardo all’indebito oggettivo. Nè il motivo si palesa autosufficiente, non essendo trascritto il tenore specifico della proposta domanda introduttiva, nè il tenore della formulazione contenente l’asserita riproposizione della domanda in appello.

4. – Sulla base delle esposte considerazioni, è possibile procedere con trattazione in camera di consiglio e definire i ricorsi – principale e incidentale – con pronunzia di manifesta infondatezza del primo e di inammissibilità del secondo”;

– che il collegio integralmente condivide le considerazioni di cui alla ripetuta relazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio su relazione del Cons. Dott. Terrusi, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

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